..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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domenica 29 agosto 2021

La tolleranza di Camillo Berneri

La tolleranza ha, dunque, due piani di possibilità: quello intellettuale e quello morale. Quanto al primo è tollerante colui che conoscendo il valore dello scambio di idee, della loro fusione o contrasto, non respinge aprioristicamente le ideologie altrui, ma si accosta ad esse e tenta penetrarle; per trarne ciò che vi è di buono.

Questa tolleranza è abbastanza frequente fra le persone colte e chi prova l’assillo del pensiero riesce ad acquistarne l’abito. La naturale conseguenza di questa tolleranza sarà il rispetto per qualsiasi espressione di qualsiasi credo religioso, filosofico, estetico.

Quanto al secondo è tollerante colui che, pur avendo fede in un gruppo di principi e sentendo profondamente la passione di parte, comprende che altri, per il loro carattere, per l’ambiente in cui vivono, per l’educazione ricevuta, ecc., non partecipa alla sua fede e alla sua passione. La distinzione tra il male e il malvagio, tra la tirannide e gli oppressori è scolastica, e chi concepisce la vita come lotta per il bene e per la libertà deve combattere coloro che intralciano la sua opera di redenzione. Ma il suo spirito, pur negando come formalistica la distinzione sopracennata nei riguardi del problema morale dell’azione, giunge a combattere senza l’odio bruto che non sa la pietà e non aspira ad un mondo in cui la violenza non sia più necessaria.

Tolleranza, dunque, non è scetticismo intellettuale né apatia morale.

Parrà ad alcuno che, dati i tempi che corrono e data la nostra condizione di vinti, sia inutile e fors’anche fuori di luogo il trattare della tolleranza. Mi pare, invece, proprio questo il momento opportuno. L’intolleranza degli altri ci mostra la sua faccia briaca. Guardiamola, prima che la bufera trascini anche noi.

I fascisti che bruciano i giornali di opposizione sono, per lo più quegli stessi sovversivi che non leggevano che i giornali del proprio partito e ci giuravano sopra. I fascisti che fanno a pezzi le bandiere rosse sono, per lo più, quelli che non volevano che i preti suonassero le campane, che disturbavano le processioni, che offendevano gli ufficiali, ecc. Là dove l’ineducazione sovversiva era maggiore il fascismo s’è sviluppato prima e più largamente. Perché l’intolleranza della violenza spicciola è il portato della miseria e grettezza intellettuale e di una scarsa e deviata sensibilità morale.
Che cosa hanno fatto i dirigenti dei partiti di sinistra per combattere l’intolleranza bruta? Ben poco. Erano quasi tutti tribuni.

E il tribuno è il servo della folla.

L’intolleranza cieca e brutale ha disperso in mille sensi l’energia aggressiva delle avanguardie. Invece di concentrarsi sui punti vitali delle difese borghesi e statali s’è divisa e suddivisa in piccole azioni sporadiche.

Piccoli fuochi di paglia, bastanti a svegliare il cane di guardia ed insufficienti a dar fuoco alla casa. Bisogna che i rivoluzionari coscienti non si lascino intenerire dalle violenze inutili, dalle malvagità. La rivoluzione è una guerra, e chi l’accetta non può perdersi dietro all’episodio singolo. Ma in un periodo pre-rivoluzionario è necessario che la tolleranza dei coscienti costringa per quanto può la violenza acefala nei limiti di un’azione diretta contro nemici reali e in un periodo post-rivoluzionario è necessario che i tolleranti intervengano contro le inutili e vili rappresaglie, che servirebbero di pretesto alla dittatura.

La tolleranza è un concetto squisitamente nostro, quando non si intenda con questo termine il menefreghismo.

L’anarchia è la filosofia della tolleranza.

venerdì 27 agosto 2021

Noi riconosciamo la piena e completa libertà dell'individuo

 

Il principio egualitario riassume gli insegnamenti dei moralisti; ma contiene anche qualcosa di più. E questo qualcosa il rispetto dell'individuo. Proclamando la nostra morale egualitaria e anarchica, noi rifiutiamo di arrogarsi il diritto che i moralisti hanno sempre preteso di esercitare - quello di mutilare l'individuo in nome di un certo ideale che credevamo buono. Noi non riconosciamo a nessuno questo diritto; nè lo pretendiamo per noi.

Noi riconosciamo la piena e completa libertà dell'individuo; noi vogliamo la pienezza della sua esistenza, il libero sviluppo di tutte le sue facoltà. Noi non vogliamo imporgli nulla, e ritorniamo così al principio che Fourier opponeva alla morale delle religioni, quando diceva: “Lasciate gli uomini assolutamente liberi; non lì diminuite - le religioni lo hanno già fatto abbastanza. Non temete nemmeno le loro passioni: in una società libera esse non presenteranno alcun pericolo. Purché voi stessi non abdichiate alla vostra libertà; purché voi stessi non mi lasciate asservire dagli altri; purché voi opponiate alle passioni violente e antisociali di qualche individuo le vostre passioni sociali, altrettanto vigorose; allora voi non dovrete temere nulla della libertà”.

L'uomo che si ribella alla vista di un'ingiustizia senza temere le conseguenze, e nel momento in cui tutti curvano la schiena, smaschera invece l'iniquità, colpisce lo sfruttatore, il piccolo tiranno dell'officina o il garantiranno dell'impero.

martedì 24 agosto 2021

Anarchismo e azione individuale

Per Emile Armand l’anarchismo è innanzitutto una filosofia di vita, non è solo un modo di praticare i rapporti sociali ma anche di vedere il mondo. Egli afferma che l’anarchico, nel senso forte della parola, è quell’individuo che esprime un’insofferenza esistenziale contro ogni forma d’autorità, che lotta contro il potere perché, prima di tutto, questo lo opprime direttamente, poi perché opprime anche gli altri. Naturalmente non vengono sottovalutate le possibili considerazioni sociali, collettive e inter-umane, ma il fattore determinante è rappresentato dall’azione condotta in prima persona, nel senso che è sempre il singolo soggetto l’alfa e l’omega di ogni riferimento giustificativo della prassi, la vera e unica certezza che dà valore agli scopi della lotta, la sola fonte che illumina la condotta umana.

L’azione individualistica anarchica consiste nello sviluppare l’odio, il disgusto, il disprezzo personale per la dominazione dell’uomo sull’uomo per mezzo dell’uomo, delle collettività sopra o per mezzo dell’individuo. Consiste nel creare uno spirito di critica permanente ed irriducibile verso le istituzioni che insegnano, mantengono, preconizzano la dominazione degli uomini sopra i loro simili. E non soltanto contro le istituzioni, ma altresì contro gli uomini che queste istituzioni rappresentano, poiché e per opera di quelli che conosciamo queste. Infatti l’autorità è un astrazione, la si conosce solo attraverso i suoi rappresentanti e i suoi esecutori, esiste, per ciascuno di noi, sotto-forma di deputati, giudici, gendarmi, carcerieri, agenti delle imposte, contribuenti, elettori.

sabato 21 agosto 2021

Nel nome del progresso

Nel nome del progresso, lo sviluppo su scala mondiale e l'impero stanno schiavizzando l'umanità e distruggendo la natura, dappertutto. Il rullo compressore noto come globalizzazione ha assorbito quasi ogni opposizione, schiacciando la resistenza per mezzo di un sistema capitalistico e tecnologico implacabile e universalizzante. Un senso di fatalità prossimo al nichilismo viene accettato come risposta inevitabile alla modernità.

Ma le ragioni che stanno dietro al cambiamento globale si palesano agli occhi di chi voglia esaminarne i presupposti fondamentali. Il degrado della vita, che avanza a pieno ritmo in ogni ambito, deriva dalle dinamiche della civilizzazione stessa. L'addomesticamento degli animali e delle piante, un processo vecchio di appena diecimila anni, ha pervaso ogni centimetro quadrato del pianeta. Il risultato è l'eliminazione dell'autonomia e della salute individuale e comunitaria, oltre alla distruzione dilagante e accelerata, del mondo naturale. La globalizzazione non è una novità. La divisione del lavoro, l'urbanizzazione, la conquista, l'esproprio e le diaspore sono state parte integrante e fardello della condizione umana sin dall'inizio della civilizzazione. Ma la globalizzazione spinge il processo di addomesticamento a nuovi livelli. Adesso il capitale mondiale vuole sfruttare tutta la vita a disposizione; questo è uno dei tratti caratteristici e originali della globalizzazione. Agli albori del Ventesimo secolo, alcuni osservatori constatarono l'instabilità e la frammentazione che necessariamente accompagnavano la modernizzazione. Queste diventano ancora più evidenti nella fase attuale, molto probabilmente quella terminale. Il progetto di integrazione attraverso il controllo planetario provoca ovunque disintegrazione: maggior sradicamento, ripiegamento, inutilità... e nulla di tutto questo è comparso nel volgere di una notte.

mercoledì 18 agosto 2021

Bakunin e la rivoluzione

La rivoluzione ha come scopo la radicale dissoluzione di tutte le organizzazioni, e istituzioni religiose, politiche, economiche attualmente esistenti, in modo tale che non rimanga pietra su pietra, in Europa e nel resto del mondo, del presente ordine di cose fondato sulla proprietà, sullo sfruttamento e sul dominio.

Noi intendiamo la rivoluzione come un rivolgimento radicale, come la sostituzione di tutte senza eccezione le forme della vita europea contemporanea con altre nuove, completamente opposte.

Noi vogliamo distruggere tutti gli Stati e tutte le Chiese, con tutte le loro istituzioni e le loro leggi religiose, politiche, finanziarie, giuridiche, poliziesche, educative, economiche e sociali, cosicché milioni di esseri umani ingannati, tenuti in servitù, torturati, sfruttati, possano respirare in completa libertà.

Ponendo l'esclusione assoluta di ogni principio di autorità e di ragione di Stato, noi miriamo per conseguenza alla abolizione delle classi, dei ceti, dei privilegi e di ogni specie di distinzione» e quindi, ancora una volta, all' abolizione,alla dissoluzione e alla bancarotta morale, politica, burocratica e giuridica dello Stato tutelare, trascendente, centralista, doppione e alter ego della Chiesa.

L'obiettivo della rivoluzione dunque è l' estirpazione del principio di autorità, comunque esso si manifesti, sia esso religioso, metafisico e dottrinario alla maniera borghese, o perfino rivoluzionario alla maniera giacobina, perché non ci interessa che l'autorità si chiami Chiesa, monarchia, Stato costituzionale, repubblica borghese, oppure dittatura rivoluzionaria.

domenica 15 agosto 2021

La città e l’autogestione

Aria, tempo, spazio, piacere, terra, cibo sono sempre più motivo di conflitti e rivendicazioni.

La loro mancanza, il loro degrado, l'impossibilità di goderne liberamente stanno rimodellando velocemente i valori, le idee, le paure, le prospettive e con esse i modi e le ragioni stesse del fare politica.

Allora bisogna reagire e resistere, impostare la lotta contro la privatizzazione e la mercificazione dello spazio come lotta frontale, non necessariamente violenta, ma certamente coerente con il proprio sentire, autorganizzata e solidaristica, orientata a ottenere risultati tangibili e immediati in situazioni che valorizzino le caratteristiche di ognuno, rendano  possibile e migliorino la qualità sociale. Ormai abbiamo capito che né il mercato né lo Stato agiscono per l'interesse collettivo tanto meno per quello dei singoli anzi affidarsi al mercato significa rendersi partecipi della trasformazione delle città in centri commerciali o musei a cielo aperto e chi la abita in polli in allevamento da far sopravvivere in una gabbia luccicante. Allora bisogna cambiare, contro il mercato praticare l'autoproduzione, la riutilizzazione dei materiali, l'autocostruzione, il baratto e il mutuo appoggio organizzato.

Introdurre il dono nei rapporti di scambio tra le persone; associarsi in gruppi di acquisto, in attesa, magari, di potersi organizzare autonomamente creando orti collettivi in città o  nelle sue vicinanze. Opponendosi così alla speculazione edilizia, alla costruzione di edifici che trasformano la città in uno spazio espositivo per il marketing pubblicitario di banche e multinazionali, a infrastrutture ingombranti e inutili.

Occupare le case abbandonate per abitarci o condividerne gli spazi con chi vuol frequentarle. Utilizzare le strade, i marciapiedi, le piazze, i muri, i parchi al di là delle convenzioni e dei regolamenti sottraendole anche solo momentaneamente alle automobili, a un’estetica mediocre, a una tristezza uniforme.

I partiti e le istituzioni amministrative non possono rappresentare l'interesse pubblico perché fanno parte del sistema, perché rappresentano essi stessi interessi privati e perché sono strumenti avversi alla formazione di meccanismi di decisione collettivi e alla mobilitazione.

Non cedere alle prevaricazioni né alla seduzione. L’obiettivo irrinunciabile deve essere la liberazione del territorio dagli imperativi del mercato, e ciò significa farla finita con il territorio inteso come territorio dell'economia. Deve stabilire un rapporto di rispetto tra l'uomo e la natura, senza intermediari.

Questo compito spetta a coloro che nel territorio vivono, non a coloro che ci investono, e l'unico ambito in cui ciò è possibile è quello offerto dall'autogestione territoriale generalizzata cioè la gestione del territorio da parte dei suoi abitanti attraverso assemblee comunitarie.

venerdì 13 agosto 2021

Gino Strada

 

 Ciao Gino


Rivoluzione o ribellione

La rivoluzione ordina di creare nuove istituzioni, la ribellione spinge a sollevarsi, a insorgere.

La natura profondamente anarchica della ribellione è dunque chiara: essa è diretta ad ottenere una situazione in cui gli individui non siano più governati da istituzioni (cioè da poteri stabiliti), ma si autogovernino da se stessi (modello perfetto dell'anarchia).

La ribellione, dunque, non è alternativa o indifferente alla rivoluzione ma è molto di più. Essa è sempre comprensiva dell'avversità ad ogni dominio storico.

Tuttavia, ogni rivoluzione che vuoi essere veramente distruttiva dell'ordine esistente deve contenere almeno una parte della ribellione come superamento della storicità del dominio determinato; deve essere, in altri termini, pervasa da una dimensione metafisica. Rivoluzione e ribellione non devono essere considerati sinonimi. La prima consiste in un rovesciamento della condizione sussistente o status, dello Stato o della società, ed è perciò un'azione politica e sociale; la seconda porta certo, come conseguenza inevitabile, al rovesciamento delle condizioni date, ma non parte di qui, bensì dalla insoddisfazione degli uomini verso se stessi, non è una levata di scudi, ma un sollevamento dei singoli, cioè un emergere ribellandosi, senza preoccuparsi delle istituzioni che ne dovrebbero conseguire. La rivoluzione mira a creare nuove istituzioni, la ribellione ci porta a non farci più governare da istituzioni, ma a governarci noi stessi, e perciò non ripone alcuna radiosa speranza nelle istituzioni. Essa non è una lotta contro il sussistente, poiché, se essa appena cresce, il sussistente crolla da sé, essa è solo un processo con cui mi sottraggo al sussistente. E se abbandono il sussistente, ecco che muore e si decompone. Ma siccome il mio scopo non è il rovesciamento di un certo sussistente, bensì il mio sollevarmi al di sopra di esso, la mia intenzione e la mia azione non hanno carattere politico e sociale, ma invece egoistico.

martedì 10 agosto 2021

Un'altra geografia possibile

 

Liberare lo spazio da questa innaturale sovrapposizione è il compito di una geografia che voglia essere anarchica. Natura contro storia significa spazio contro Stato, armonia tra uomo e natura significa, invece, spazio riconciliato con la storia. E questa è esattamente, per Reclus, la società anarchica: la riorganizzazione. senza autorità, dello spazio. La disarticolazione della logica gerarchica che irregimenta il territorio statale deve avvenire individuando i gangli politici, militari ed economici che costituiscono le basi stesse del "sistema nervoso" del dominio. Liberato lo spazio dalla sovrapposizione autoritaria dello Stato, e quindi dai suoi rapporti di forza del tutto innaturali, gli uomini dovranno organizzare la società secondo quella unica "legge" che legittima un'osservanza universale: la legge di natura.

Ma poiché. come abbiamo visto, la natura si modifica nel tempo a causa dell' azione umana (è, appunto, la Storia che interviene sullo spazio), allora occorre trovare una sintesi tra queste due istanze, sintesi capace di riportare il sociale all' interno del naturale.

La via indicata da Reclus parte dall' idea federalistica della aggregazione spontanea delle comunità umane.

In altri termini, lo spazio viene riorganizzato senza l'intervento dell' autorità perché gli uomini che vi abitano non hanno bisogno di coercizioni per vivere, visto che, «ad onta della violenza, la natura tende a rimettere ciascun popolo dentro i confini naturali». Confini, beninteso, che non hanno nulla a che fare con quelli rivendicati dalle varie culture nazionalistiche e patriottiche; questi confini, infatti non esistono in natura, come invece pretendono tali ideologie.

La società anarchica è la società che sostituisce le leggi storiche e artificiali del potere con quelle spontanee della socievolezza naturale. La natura, ovviamente,non è sempre benefica nella sua immediatezza e non è sempre mite in molte sue manifestazioni esteriori; può però essere fonte di giustizia e di libertà, se si instaura correttamente con essa un rapporto capace di cogliere l'intima razionalità che pervade la necessità del tutto.

sabato 7 agosto 2021

La lotta per la liberazione animale, è la più alta forma di libertà

 

Quanta carta dovremo ancora riempire, e quante parole dovremo ancora spendere per cercare di convincere tutti e tutte che la liberazione animale non può essere un’opzione, ma è invece una necessità? Com’è possibile parlare di libertà, senza includere tra gli oppressi tanti esseri senzienti, coscienti di sé, capaci di provare dolore e piacere, e di scegliere tra dolore e piacere?

La libertà è libertà: o è per tutti, oppure non è. In questo senso l’antispecismo, la lotta per la liberazione animale, è la più alta pratica e forma di libertà. Come si sa, l’emancipazione non può in alcun modo coincidere con il potere: l’una esclude l’altro e viceversa. Porsi dalla parte del potere dunque, rivendicando al contempo la libertà, altro non produce che contraddizioni teoriche e nelle pratiche di lotta. A tal proposito, è evidente che ogni specista si pone dalla parte del potere; perché dunque escludere tutti quegli anarchici e anarchiche specisti che confondono la liberazione umana con quella totale, dunque per tutti? No, cari compagni e care compagne: lo specismo è potere e l’antispecismo anarchico combatte contro ogni forma di dominio e di sfruttamento. Il potere dello specismo si costituisce a partire dalla possibilità di riconoscere o non riconoscere, su base assolutamente discrezionale, la libertà anche agli animali non umani. Lo specismo infatti altro non è che un potere istituzionale, legale, tribunalesco e fortemente tradizionalista secondo cui la possibilità di disporre della vita di miliardi di soggetti non umani in tutto il mondo diviene la normalità e ogni altra possibilità una mera alternativa. Sulla base di ciò il potere specista risiede proprio in quella libera discrezionalità la quale legittima l’animale umano a decidere nei confronti di chi e quando il diritto a non soffrire può essere riconosciuto all’animale non umano. Volendo trasporre questo potere in metafora – la quale, a dire il vero, è molto meno che una semplice metafora –, è come se ognuno di noi avesse un fucile puntato alle spalle e da un momento all’altro, in base alle sue volontà, un cecchino potesse decidere di sparare o risparmiarci. Cosa ancora più paradossale, però, è che in tutti quegli istanti in cui il cecchino decide di non sparare, dovremmo essergli grati perché la normalità è nello sparo, l’alternativa è nel risparmiarci. Bene, l’antispecismo non è l’alternativa di niente (mettiamocelo bene in testa!), ma molto semplicemente l’antispecismo, quale può intenderlo un anarchico, è la libertà totale nei confronti di tutti, indipendentemente dall’appartenenza di specie e di genere. Nicholas Tomeo si chiedeva qual è il confine che legittima l’anarchismo specista e non l’anarchismo nazionalista, posto che entrambi si reggono su discriminazioni sulla base di differenze di appartenenza, seppur diverse sono le vittime. Potrei porre la stessa domanda in riferimento a qualsiasi tipo di sfruttamento, sia esso sessista, classista, schiavista, colonialista o più in generale capitalista.

La domanda è posta leggendo la realtà dei fatti: le lotte per la liberazione totale sono inevitabilmente identiche perché le stesse sono le basi su cui poggiano oggi tutti i domini.

Lo specismo, o meglio lo sfruttamento animale, non regge da nessun punto di vista, e ogni teoria che cerchi di giustificarlo appare inesorabilmente insufficiente e artificiosa. Che si prenda a pretesto la tradizione, la storia, la biologia, la medicina, l’antropologia o le scienze umane, lo sfruttamento animale è sempre e comunque contestabile e fragile in tutte le sue argomentazioni.

La necessità di un confronto serio sull’argomento all’interno del movimento anarchico italiano e internazionale è più che necessario perché la discussione non è di poco valore, tutt’altro: qui si sta discutendo di quale significato vogliamo dare alla nostra idea e alle nostre pratiche di libertà. Discutere in questo senso di libertà e della sua accezione, non coinvolge solo il fine, ma anche i mezzi che vogliamo adoperare per arrivare alla costruzione di una società libertaria. Perciò, in tal senso, posto che in un futuro dove la convivenza pacifica, costruttiva e collaborativa tra gli esseri risulterà come logica e ordinaria, innegabilmente ci saranno forti divisioni se non si discute già da adesso del significato che vogliamo attribuire alla libertà che perseguiamo perché nessun antispecista sarà disposto a vivere in comunità “orizzontali” dove anche un solo animale non umano continuerà ad essere dominato, sfruttato e schiavizzato e dove la libertà e il diritto ad essere libero dalla sofferenza andrà solo a vantaggio della specie umana.

mercoledì 4 agosto 2021

Statuto delle Piante

 

art 1

La terra è la casa comune della vita.

La sovranità appartiene di ogni essere vivente.


art 2

La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni fra gli organismi che le compongono.


art 3

La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate.


art 4

La Nazione delle Piante rispetta universalmente i diritti dei viventi attuali e di quelli delle prossime generazioni.


art 5

La Nazione delle Piante garantisce il diritto all'acqua, al suolo e all'atmosfera puliti.


art 6

Il consumo di qualsiasi risorsa non è ricostituibile per le generazioni future dei viventi è vietato.


art 7

La Nazione delle Piante non ha confini.

Ogni essere vivente libro di transitarvi, trasferirsi, vivervi senza alcuna limitazione.


art 8

La Nazione delle Piante riconosce e favorisce il mutuo appoggio fra le comunità naturale di essere viventi come strumento di convivenza e di progresso.

domenica 1 agosto 2021

Uomini di lettere, di cultura e di scienza

Il potere ha utilizzato - con un vero e proprio capovolgimento dei propositi - ciò che era nei nostri sogni, anziché far l'uomo più libero con il progresso, la scienza, la macchina, la cultura eccetera, renderne più rapido è sicuro l'asservimento.

Ogni scoperta ed ogni o invenzione - nate tutte dal proposito di essere vantaggiose all'uomo - sono state deviate ed utilizzate contro l'uomo. Basta guardarsi attorno, con un minimo di senso critico e morale e ci si accorge che tutto, ma proprio tutto, viene attuato per renderci servi.

Un tentativo che - pur essendo tutt'altro che escluse le violenze e le atrocità dei vari fondamentalismi (sotto le tante maschere, religione ed etnia in primis) - aggredisce l'uomo, con i mezzi suadenti delle comunicazioni di massa.

Chiaro ed orrifico il fine: non più individui, non più cittadini, non più un popolo, ma milioni di uomini e donne, senza volto né storia, servi.

Ripeto: la macchina del potere ha posto al proprio servizio gli uomini di lettere, di cultura e di scienza, i giovani "più in vista" e i politici.

Uomini di lettere, di cultura e di scienza. Comprati.

I giovani più in vista. Utilizzati come paladini dell'industria e del capitale, i migliori nello sport, nello spettacolo, nel trattenimento e nelle arti. Giovani che, per denaro, esaltano -forse inconsapevoli - una programmazione emmerdosa.

I politici nazionali e no... La comunità europea - in cui avevamo pur posto speranze -  ha emanato norme subdole e fintamente igieniche per mettere fuori gioco, a favore di industria, conserve, salse, formaggi e salumi, prodotti in modo artigianale senza rischio reale alcuno, da millenni.

In modo più spettacolare continuo, i mass-media, le pubbliche relazioni, le promozioni e la pubblicità.

Ad ogni ora del giorno persuasori tutt'altro che occulti esaltano ciò che dovrebbe civilmente essere condannato. Fanno consumare le stesse cose in ogni angolo del mondo, costringono a consumi non necessari anche i più poveri, impongono alimenti geneticamente manipolati di cui si ignorano gli effetti a tempo lungo sull'organismo umano - i cosiddetti alimenti transgenici, che ci propongono l'uniformità dei gusti - ed annullano il mutare delle stagioni.