..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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lunedì 31 gennaio 2022

L'Azione Diretta cuore dei movimenti

All'interno del movimento contro la globalizzazione si va definendo una rete internazionale di resistenza contro il neo liberismo: una rete collettiva di tutte le lotte e resistenze particolari, una rete intercontinentale di resistenza per l'umanità. Non si tratta di una struttura organizzata, una organizzazione gerarchica, o comunque piramidale.

La rete è costituita e rappresentata da tutti coloro che resistono. Le origini e le inclinazioni del movimento sono naturalmente internazionaliste, poiché lo sono le sue esigenze.

La visione neoliberale di 'globalizzazione' definisce e libera i movimenti di capitali e merci, e nello stesso tempo costruisce barriere sempre più efficaci contro la libera circolazione delle persone, delle idee e della informazione. La libera circolazione delle persone, determinerebbe già di per se il declino del progetto neoliberista. Sono evidenti le connessioni e i collegamenti tra le politiche neo liberiste e meccanismi di coercizione messi in atto dagli stati nei confronti degli oppositori (polizia, prigioni, militarizzazione di territori controllo della informazione, censura, criminalizzazione, delegittimazione), come sempre più efficaci sono divenuti i controlli alle frontiere nei confronti dei “reietti” di coloro che tentano di fuggire dalla fame, dalle guerre che lo stesso sistema democratico propone e promuove.

I muri le griglie che separano e proteggono i capi della finanza, i politici da ogni contatto con la popolazione, nelle loro periodiche riunioni (G8, G20 etc), sono divenuti il simbolo perfetto per quello che significa in realtà il neoliberismo in termini umani.

Le pratiche di resistenza utilizzate da questo movimento hanno alla base la cultura della disobbedienza civile non violenta, ma determinata. Il richiamo alla violenza, evocato dalla maggior parte dei media asserviti al dominio, è divenuto una sorta di mantra costante da utilizzare in ogni occasione di azioni di opposizione, di resistenza: "violente proteste", "violenti scontri", "manifestanti violenti", o "violenti disordini". Stiamo parlando di azioni quali lanciare bombe di vernice, rompere le finestre di negozi vuoti, di blocchi stradali etc. È probabile che ciò che veramente infastidisce il potere è proprio la relativa mancanza di violenza, i governi semplicemente non sanno come trattare con un movimento apertamente rivoluzionario che rifiuta di cadere in modelli familiari di resistenza armata o di pacifismo gandhiano. Molti gruppi (Direct Action Network, Reclaim the Streets, anarchici del black block, tute bianche e tantissimi altri ancora) stanno tutti, a modo loro cercando di delineare nuovi territori, nuovi linguaggi di disobbedienza civile, che combinino  elementi di teatro di strada, di festa, di circo e di quanto altro possa servire. Si tratta come dicono gli anarchici del blocco nero di “guerra non violenta”, nel senso che evita qualsiasi danno fisico diretto agli esseri umani, o agli animali, ma che non rispetta le cose, gli oggetti simboli del potere, e chiaro che tutto questo deve essere accompagnato da sistemi di difesa passiva atti a preservare per quanto possibile l'incolumità dei corpi dei resistenti dalle aggressioni delle milizie professionali messe in campo dai governi, nascono allora forme elaborate di protezione: imbottiture, ripari, maschere antigas, anonimato etc. 

Si tratta di tattiche in perfetto accordo con la cultura del movimento anarchico che nel suo polimorfismo raccoglie in se l'idea centrale dell'antiautoritarismo, del rispetto per le diversità, dell’associazione volontaria, dell’autogestione, del mutuo appoggio, della democrazia diretta, dell'Azione Diretta. Si tratta di smantellare i meccanismi di governo, di conquistare sempre maggiori spazi di autonomia, di allacciare reti a sviluppo orizzontale antigerarchiche. L'anarchismo è il cuore del movimento, la sua anima, la fonte di maggiore novità e di speranza.

sabato 29 gennaio 2022

29 Gennaio 1912: Il pane e le rose

Nel 1912, Lawrence, nel Massachusetts era una delle città più importanti per la produzione tessile degli Stati Uniti.

La forza lavoro era composta soprattutto da immigrati italiani, francesi, canadesi, slavi e siriani, le cui condizioni di vita erano avvilenti. Una parte di essi si riconosceva nel IWW (Sindacato Radicale e di Classe). L’11 gennaio inizia lo sciopero per un aumento del 15% dei salari e altre rivendicazioni.

Contro i picchetti di massa, che bloccavano le fabbriche e i telai, vennero lanciate provocazioni da parte dei crumiri organizzati da altri sindacati padronali e dalla polizia. Le donne dello sciopero hanno lanciato il famoso slogan “Vogliamo pane e rose“. Rivendicavano, oltre a una paga decente, una migliore qualità della vita.

La sera del 29 gennaio Anna Lo Pizzo, una giovane scioperante di 34 anni, fu uccisa dalla polizia. Vennero arrestati i massimi dirigenti del IWW ma alla fine la lotta pagò.

Lo sciopero di Lawrence aveva dimostrato che i lavoratori e le lavoratrici oppresse e di diverse nazionalità potevano unirsi e organizzare una lotta vincente.

La frase da cui fu estrapolato lo slogan fu pronunciata da Rose Schneiderman, leader femminista e socialista:

Ciò che la donna che lavora vuole è il diritto di vivere, non semplicemente di esistere – il diritto alla vita così come ce l’ha la donna ricca, al sole e alla musica e all'arte. Voi non avete niente che anche l’operaia più umile non abbia il diritto di avere. L’operaia deve avere il pane, ma deve avere anche le rose.

venerdì 28 gennaio 2022

C’è un paio di scarpette rosse di Joyce Lussu

 

C’è un paio di scarpette rosse

numero ventiquattro

quasi nuove:

sulla suola interna si vede

ancora la marca di fabbrica

“Schulze Monaco”.

 

C’è un paio di scarpette rosse

in cima a un mucchio

di scarpette infantili

a Buchenwald.

 

Più in là c’è un mucchio di riccioli biondi

di ciocche nere e castane

a Buchenwald.

Servivano a far coperte per i soldati.

Non si sprecava nulla

e i bimbi li spogliavano e li radevano

prima di spingerli nelle camere a gas.

 

C’è un paio di scarpette rosse

di scarpette rosse per la domenica

a Buchenwald.

Erano di un bimbo di tre anni,

forse di tre anni e mezzo.

Chi sa di che colore erano gli occhi

bruciati nei forni,

ma il suo pianto

lo possiamo immaginare,

si sa come piangono i bambini.

 

Anche i suoi piedini

li possiamo immaginare.

Scarpa numero ventiquattro

per l’eternità

perché i piedini dei bambini morti

non crescono.

 

C’è un paio di scarpette rosse

a Buchenwald,

quasi nuove,

perché i piedini dei bambini morti

non consumano le suole…

Sulle elezioni passate, presenti e future

Nelle democrazie dello spettacolo è d’uso andare a votare vecchie e nuove caste politiche, anche se tutti ormai sanno che il popolo conta soltanto il giorno delle elezioni, forse. Il patriottismo, del resto, come le elezioni, è l’ultimo rifugio delle carogne o della servitù volontaria. Le mafierie della politica, non importa quale bandiera o crocifisso hanno arraffato... rappresentano solo se stesse e i politici di professione sono tutti coinvolti dentro il malaffare... le connivenze con la criminalità organizzata sono frequenti, nemmeno troppo celate, e contribuiscono al gioco al massacro delle Borse internazionali, delle guerre neocolonialiste, dell’impoverimento sistematico del Sud della terra... le guerre del petrolio, dei diamanti, dell’acqua, dei brevetti, i terrorismi delle religioni monoteiste... figurano il trionfo del mercimonio e i genocidi sono il banchetto televisivo quotidiano, orchestrato con arguzia e sottomissione al potere in carica, dall’impero dei mass-media. Le elezioni esprimono una liturgia della vergogna. La demagogia è il vocabolo usato dalla politica quando la democrazia è calpestata. La gloria degli imbecilli passa dall’urna elettorale e l’umiliazione dell’intelligenza è la cassa di risonanza della memoria storica svilita di ogni valore sociale uscito dalla Resistenza. La democrazia partecipata è un sogno violato dai pregiudizi e dall’arroganza dei potenti. Ogni stupidità si uccide da sé. L’amore per la verità è ciò che gli imbecilli rifiutano. Il popolo non elegge chi lo rispetta, ma chi lo affossa, lo calpesta, lo umilia fino a renderlo schiavo e servo della propria mediocrità. Gli uomini del no! non stanno al giogo. Nessun uomo è innocente se da qualche parte del mondo ci sono uomini, donne, bambini... che muoiono per fame o sono incatenati torturati, uccisi per le loro idee di libertà... l’uomo del no! è l’uomo in rivolta contro le sofferenze dei poveri più poveri del pianeta e sa che l’unica risorsa per la quale combattere o morire, anche, è la sua dignità. “Non esiste coscienza che nelle strade!” (Albert Camus). La mercificazione delle idee segna la degradazione sociale e la forma-spettacolo diventa il feticcio al quale uniformarsi. Gli indesiderabili sono tutti quelli che vanno a meticciare la società che viene e, a ragione, sfondano le frontiere degli stati. L’uomo del no! È l’uomo della conoscenza, l’uomo che azzera l’immondezzaio della politica e della fede e fa della propria bellezza fraterna, il principio di tutte le disobbedienze. Il tramonto degli Dei passa dalla messa a fuoco della menzogna elettorale, che non solo è necessaria, ma è auspicabile. Quando gli uomini e le donne chiederanno (con tutti i mezzi possibili) alle baldracche della politica e ai tenutari delle religioni il rispetto degli oppressi... ci sarà la rivoluzione dell’intelligenza nella strade della terra.


martedì 25 gennaio 2022

A proposito di carcere

Il proposito di abolire il carcere, nonché ogni forma di prigionia, è senza dubbio saggio, nobile, ammirevole e, soprattutto, radicalmente umano. Purtroppo, però, quando ci si addentra nella questione nei suoi aspetti teorici, com’è necessario, in quelli pratici e propositivi, ci si accorge di aver messo la mano in un nido di vipere, tutte altrettanto seppure diversamente mordaci, o, se proprio va bene, di avere di fronte un gioco di scatole cinesi. Un problema rimanda ad un altro, un’ipotetica soluzione ne azzanna un’altra, tuttavia non meno ipotetica, e via andando.

Quindi abolire il carcere è possibile?

Per un “radicale”, se è possibile, allora significa che questa abolizione è nell’interesse della società presente, che peraltro  egli vuole combattere, cambiare o distruggere, e dunque non val troppo la pena di occuparsene; lo faranno comunque altri e, in ogni caso questa “abolizione” sarebbe soltanto spettacolare, mentre verrebbero rinnovate e rimodernate le forme di controllo sociale e perciò di prigionia in senso ampio. Per un “riformista”, se è veramente impossibile, è piuttosto utile mettere mano a delle modificazioni che, da un lato, lascino fuori dal carcere quanti più possibili e, dall’altro, ammorbidiscano le condizioni di quanti dentro ci restano.

Il “radicale” rischia di disinteressarsene, se non attraverso vaghe e fumose dichiarazioni di principio, affaccendandosi, nel frattempo, in altre faccende e lasciando mano libera ai professionisti del problema, aspettando un momento catartico x o y o z in cui tutto si risolverà. Il “riformista”, quale che sia la sua indole e natura, rischia di contribuire alla perpetuazione in eterno di carceri, leggi ecc., attraverso il loro addolcimento e la loro modernizzazione.

Abolire il carcere è un processo, nel quale l’astuzia, l’intelligenza, il realismo e l’utopismo vanno saviamente combinati, affinché siano un vero cocktail esplosivo.

lunedì 24 gennaio 2022

Vera Zasulic spara

Il generale Trepov aveva fatto frustare a sangue un uomo perché non si era tolto il berretto davanti a lui.

Vera Zasulic, “l’angelo della vendetta”, 24 Gennaio 1878, il gli sparò a bruciapelo.

Il generale Trepov, governatore di San Pietroburgo, era noto ai suoi contemporanei per la violenza con cui reprimeva ogni minimo segnale di insubordinazione.

Nel 1877 era diventato per volere dello Zar governatore di Pietroburgo e in questa veste in luglio si era recato a visitare il carcere di detenzione preventiva. Qui si trovava Aleksey Bogoljubov, dissidente politico incarcerato per aver preso parte ad una manifestazione antigovernativa. I due si incrociarono nel cortile della struttura e il prigioniero nel salutare il generale non si tolse il berretto dal capo. Trepov allora gli andò incontro e gli strappò il copricapo, poi ordinò che venisse vergato con violenza.

Il detenuto fu frustato selvaggiamente tanto da uscire profondamente segnato - anche a livello mentale - dall’esperienza.

La vicenda suscitò un certo clamore in Russia poiché dimostrò che le tiepide riforme di Alessandro II in tema di giustizia non avevano certo modificato lo strapotere degli apparati repressivi sulla popolazione. Trepov ricevette l’appoggio di Khostanti Pahlen, ministro della giustizia, ed in breve tempo il caso si smontò.

Ma c’era qualcuno che non era affatto disposto a dimenicare.

Un giovane donna di nome Vera Zasulic.

Già conosciuta dalla polizia zarista per aver frequentato ambienti nichilisti e aver partecipato ad attività antigovernative, era stata in passato arrestata e deportata. Tornata in libertà nel 1873, aveva continuato la sua attività rivoluzionaria fino a quando aveva appreso la notizia della fustigazione.

Decise allora di vendicare Bogoljubov. Vera sapeva che Trepov era solito ricevere dei postulanti di tanto in tanto. Nel gennaio del 1878 riuscì ad inserirsi in uno di questi gruppi. Quando finalmente fu al cospetto del governatore gli fornì un documento falso da esaminare e poi, estratta la pistola che teneva nascosta sotto la mantellina, gli sparò ad un fianco a distanza ravvicinata.

La giovane venne subito arrestata mentre Trepov sopravvisse all’attentato.

In sede processuale Vera affermò che era stata costretta ad agire in quel modo perché in Russia non c’era altra possibilità per aver giustizia delle violenze che le persone comuni subivano. Incredibilmente nel marzo del 1878 la Zasulic venne assolta e rimessa in libertà. Probabilmente a pesare sulla sentenza vi fu la convinzione, espressa anche da ambienti governativi, che una condanna avrebbe scatenato disordini e rimesso in moto una campagna contro Trepov e contro il sistema repressivo russo.

Vera espatriò in Svizzera e, da esule, fu tra i fondatori della prima organizzazione socialdemocratica russa.

mercoledì 19 gennaio 2022

Si avvicina il tempo di quando la tua vita sarà gestita da un computer

La continua evoluzione dei sistemi informatici, fa suonare un campanello di allarme, in quanto contiene una chiara previsione del fatto che le macchine che scimmiottano gli esseri umani tendono ad infiltrarsi in ogni aspetto della vita delle persone e le costringono a comportarsi come macchine, I nuovi dispositivi elettronici hanno in verità il potere di costringere  le persone a “comunicare” con essi e con gli altri esseri umani nei termini dettati dalla macchina stessa. Ciò che strutturalmente non rientra nella logica della macchina viene filtrato, e in pratica scompare da una cultura dominata dal loro uso.

Il comportamento meccanico degli esseri umani incatenati all'elettronica corrisponde ad un deterioramento del loro benessere e della loro dignità, a lungo andare insopportabile per la maggior parte di essi. Le osservazioni sulla nocività degli ambienti elettronicamente programmati dimostrano che in essi le persone diventano indolenti, impotenti, narcisisti, e apolitiche. Il processo politico si deteriora perché la gente diviene incapace di governarsi e chiede di essere gestita.

La
gestione elettronica della società è questione di ecologia politica. I dispositivi di gestione elettronica devono essere considerati come mutamento tecnico dell'ambiente umano che per essere innocuo deve essere affrontato in termini politici non solo tecnici. Non dobbiamo dimenticare che i dispositivi elettronici, i computer sono risorse produttive e in quanto tali necessitano di un regime di polizia, che sarà presente in forme sempre maggiori e in forme sempre più sottili.

domenica 16 gennaio 2022

Come pietra paziente di Atiq Rahimi

La "syngué sabour" nella tradizione popolare afghana è la "pietra paziente" cioè una pietra magica alla quale è possibile raccontare tutti i segreti, le sofferenze, le difficoltà. La pietra si carica di queste rivelazioni fino a quando si frantuma.

Una giovane donna afghana, con due figlie in tenera età, vive in una misera abitazione col marito mujaeddhin, in coma in seguito a uno scontro con un compagno d'armi. In una stanza spoglia l'uomo è disteso a terra nell'immobilità assente del coma, la giovane moglie inginocchiata accanto a lui lo assiste amorevolmente alimentandolo in modo rudimentale con una flebo artigianale. La donna deve combattere con la mancanza di denaro e per questo allontana da casa le bambine affidandole a una zia che gestisce una casa di piacere.

La vita della donna è una continua sofferenza. Sofferenza che si fa ricordo di umiliazioni subite in quanto donna, essere inferiore a cui non concedere né ascolto né, tantomeno, affetto. Un corpo costantemente coperto che però progressivamente acquista luminosità a partire dal volto grazie a un processo di autoanalisi liberatoria. Un processo che verrà accelerato da un incontro capace di mostrare alla protagonista un aspetto diverso della realtà che non aveva mai potuto sperimentare in precedenza. Un incontro che le permette di rivelare a se stessa una femminilità fino ad allora implosa se non negata. Come la nega quel burqa che quando esce di casa, grazie a un solo gesto divenuto forzosa abitudine la separa dal mondo.

E così, mentre fuori infuriano le cannonate, le macerie, la polvere, i carri armati, i morti di Kabul, la donna, per la prima volta in vita sua, inizia a parlare al marito muto e immobile, che diventa metaforicamente la sua "pietra paziente" alla quale lei confessa le cose più intime: sogni, desideri, piaceri, segreti. Da quel momento si sente ancora più libera. Quando poi una novità irromperà nella sua vita finirà con il trovare tutto il coraggio.

Atiq Rahimi, afghano rifugiatosi a Parigi nel 1984 dove, diplomatosi in cinema alla Sorbonne, dirige diversi documentari. Il film è tratto da un suo romanzo di lingua francese. I quattro personaggi principali sono senza nome: la donna, l'uomo, il giovane soldato, la zia. La protagonista è praticamente davanti alla cinepresa dall'inizio alla fine. Nel film il colore dominante è l'azzurro, il colore del velo delle donne afghane che ne cela i sogni nascosti.

Rahimi afferma "L'Afghanistan cristallizza tutte le contraddizioni umane possibili. Per me, oggi è come Star Wars di George Lucas: da un lato, la vita assomiglia a quello del Medioevo (il modo di vestire, le relazioni sociali, i valori religiosi...) e dall'altro dispone degli armamenti più sofisticati del mondo".


venerdì 14 gennaio 2022

La menzogna del lavoro costretto

All’interno del sistema mercantile, che domina ovunque, il lavoro non ha per finalità, come vorrebbe far credere, la produzione di beni utili e graditi tutti; suo unico scopo è la produzione di merci. Le merci, indipendentemente dalla loro utilità, inutilità, sofisticazione, non assolvono ad altra funzione che a quella di mantenere e di aumentare il profitto e il potere della classe dominante. In un sistema simile, tutto il mondo lavora per niente, e ne ha sempre più la coscienza.

Accumulando e riproducendo le merci, il lavoro costretto non fa che aumentare il potere dei padroni, dei burocrati, dei capi, degli ideologi.

Ovunque c’è merce c’è lavoro costretto e, ormai, quasi tutte le attività sociali si stanno riducendo ad esso. Produciamo, consumiamo, mangiamo, dormiamo, per un padrone, per un capo, per lo stato, per il sistema generalizzato della merce.

Il lavoro costretto produce unicamente merci. Ogni merce è inseparabile dalla menzogna che la rappresenta. Il lavoro costretto produce dunque menzogne, crea un mondo di rappresentazioni fittizie, un mondo ribaltato dove un accumulo di immagini tiene il posto della realtà. In questo sistema spettacolare e mercantile, il lavoro produce su se stesso due menzogne importanti: la prima consiste nella solita litania per cui il lavoro è utile, necessario e indispensabile e che quindi è nell’interesse di tutti continuare a lavorare; la seconda mistificazione sta nel far credere che i lavoratori non sono in grado di liberarsi del lavoro e dal salario e che non sono quindi capaci di edificare una società radicalmente nuova, basata sulla creazione collettiva e attraente e sull’autogestione generalizzata.

La fine del lavoro costretto significherà la sparizione di un sistema in cui regnano unicamente il profitto, il potere gerarchico, la menzogna generale.

La ricerca dell’armonia delle passioni, infine liberate e riconosciute, prenderà il posto della corsa al denaro e alle briciole del potere

martedì 11 gennaio 2022

11 gennaio 1981: le rivendicazioni dei prigionieri dell'IRA

 

La direzione del carcere inizia a rimandare la restituzione degli abiti dei prigionieri e dopo due mesi di cooperazione e due richieste da parte dei detenuti, la direzione risponde che i vestiti verranno restituiti solo se i detenuti cominceranno a rispettare il regolamento.

I prigionieri, ormai esasperati, decidono di distruggere il mobilio presente nelle celle, provocando così una durissima reazione del delle autorità carcerarie: 80 detenuti vengono picchiati e lasciati in celle con il pavimento coperto di urina senza lenzuola, né coperte.

11 gennaio 1981: le rivendicazioni dei prigionieri dell'IRA.

L'11 gennaio del 1981 Bobby Sands, che si trova da ormai quattro anni nel famigerato carcere nordirlandese di Long Kesh, con l'accusa di possesso d'armi di fuoco, incontra i funzionari della struttura penitenziaria nel tentativo di trovare un accordo in merito alle rivendicazioni che da anni porta avanti insieme agli altri detenuti dell'Ira, mirate a riacquisire lo status di detenuti politici, abolito in Inghilterra il 1 marzo 1976. 
I carcerati chiedono di non indossare l'uniforme carceraria, non svolgere i lavori previsti dal regolamento, libertà di associazione, maggiori attività educative e ricreazionali e più corrispondenza con l'esterno, il ripristino delle riduzioni di pena perdute a causa delle precedenti proteste.
I detenuti, in questa contrattazione con le autorità, accettano di pulire le celle, interrompendo così la dirty protest (protesta dello sporco), con la promessa che avrebbero riottenuto i loro abiti entro la fine della settimana.

La richiesta non accettata di utilizzare i propri abiti in carcere aveva dato il via alla blanket protest che prevedeva di non indossare la divisa carceraria come i detenuti comuni ma soltanto una coperta, per rivendicare lo status di prigionieri politici.

Il 5 febbraio il detenuti repubblicani annunciano un nuovo sciopero della fame, che dovrà cominciare il 1 marzo. Il primo sciopero era stato portato avanti per cinque settimane nel 1972; il secondo invece era iniziato il 27 ottobre 1980 e concluso 53 giorni dopo con un detenuto in fin di vita, ma con la promessa, mai mantenuta, del governo britannico, di soddisfare le 5 richieste.

L'idea di Bobby Sands, che era diventato l'Officer Commanding dei detenuti alla fine del secondo sciopero della fame, era che i prigionieri si sarebbero dovuti unire allo sciopero ad intervalli regolari in modo che ci fossero prigionieri che peggioravano e che morivano per molti mesi.

Il 1 marzo 1981 Bobby Sands inizia lo sciopero della fame.

Poco dopo l'inizio dello sciopero, muore un deputato anti-unionista del parlamento inglese e Bobby Sands annuncia la sua candidatura. Il 30 marzo rimane l'unico candidato anti-unionista della sua circoscrizione, dopo il ritiro della candidatura da parte di due candidati dello Sdlp, che chiede ai suoi sostenitori di boicottare le elezioni. Il 15 Aprile Bobby Sands, ormai al 45° giorno di sciopero della fame, è eletto a Westminster con 30492 voti contro il 29046 del candidato dell'Ulster Unionist Party. Il suo mandato sarà uno dei più brevi della storia, di soli 25 giorni.

Pochi mesi dopo il governo britannico cambierà la legge impedendo ai detenuti di candidarsi e richiedendo un periodo di 5 anni prima che un ex detenuto potesse farlo. Ma intanto la situazione sta rapidamente peggiorando.

Nelle aree nazionaliste cresce la tensione tra giovani nazionalisti e forze di sicurezza, con l'aggravarsi delle condizioni di Sands. Il 15 aprile un quindicenne muore colpito al volto da un proiettile sparato da un agente, quattro giorni dopo due ragazzi vengono investiti ed uccisi da una jeep dell'esercito inglese lanciata ad lata velocità contro un gruppo di giovani nazionalisti.

Tre deputati irlandesi incontrano Sands, ormai in gravissime condizioni, per convincerlo a sospendere lo sciopero. Subito dopo chiedono un incontro a Margaret Tatcher che glielo nega, e dichiara, in una conferenza stampa: "Non sono pronta a prendere in considerazione l'idea di concedere lo status politico a gruppi di persone che sono state condannate per aver commesso dei crimini. Un crimine è un crimine; non ha nulla di politico". Neanche il tentativo di far intervenire la Commissione europea per i diritti umani, come richiesto al premier irlandese dalla sorella di Sands, sortisce il suo effetto; Sands ribadisce le sue posizioni e la sua volontà di continuare lo sciopero.

Il 3 maggio Bobby Sands entra in coma, dall'inizio dello sciopero aveva avuto 3 attacchi di cuore. Morirà 2 giorni dopo, nella notte tra il 4 e il 5 maggio, dopo 66 giorni di sciopero della fame.

Più di centomila persone si schiereranno nel percorso del suo funerale, dalla sua casa a Twinbrook, West Belfast, al cimitero di MillTown dove sono sepolti tutti i militanti dell'IRA di Belfast.

Dopo la morte di Sands altri 9 detenuti moriranno tra il maggio e l'agosto dello stesso anno.


giovedì 6 gennaio 2022

Dio e universo

L'uomo, solo, ignorante, indifeso, isolato al confronto dell'Universo, a volta a volta prostrato ed esaltato, avvilito ed allietato dai grandiosi fenomeni della natura, sempre meravigliosi, ora terribili, ora di grande sollievo per lui, l'uomo, che non conosce nulla del grande mistero che l'attornia, che ignora le leggi ineluttabili e rigorose che lo comandano, deve darsi ragione di tutto

Il mezzo glie ne manca, non ha le conoscenze necessarie: supplisce con l'immaginazione.

Nella natura, nei suoi fenomeni, egli non sente nulla e nulla conosce al di fuori del fatto avvenuto e constatato ed egli immagina quindi spiegazione di tutto al di fuori della natura, poiché in essa non la sente, né la può intendere

Egli quindi, immagina la volontà suprema del tutto, esistere al di fuori di ciò che conosce e pone l'essere che così egli crea, laddove le sue conoscenze non arrivano più.

Ecco quindi gli dei o diavoli degli uni nascosti nel cuore della terra, o degli altri al di là della volta celeste, là, dove le sue conoscenze non giungono, là, dove egli non può ammettere o non può riconoscere l'esistenza di materia e di energia come quella che lo forma e che più limitatamente lo circonda.

Ecco, la ragione del concetto divino, ecco la necessità del dio!

Né sa dare a queste della forma più nobile ed elevata che d'uomo, poiché egli, nella presunzione dell'egoismo, ha in sé stesso l'èssere migliore e più caro.

E l'uomo si prostra al dio che ideato, e l'uomo lo adora o l'odia a seconda del momento; lo prega, lo benefica, lo trasforma in feticcio, gli fa cloni e sacrifici per piegarlo ai propri fini, alle proprie necessità.

Dopo avere personificato in esso la volontà suprema di tutte le cose, crede di poterlo piegare alla propria, con i mezzi stessi con cui l'uomo meschino concede i propri favori.

O come più nobili, più elevati, più naturali, più vicini alla verità sono i feticisti: essi adorano o temono questo o quell'animale, questa o quella stagione, la luce o le tenebre, la luna od il sole, il mare od il deserto, poiché in essi sentono il vantaggio od il danno, la vita o la morte, il bene o il male.

Dio si può definire l'integrale dell'ignoranza umana e la religione è ciò che la mente ignorante sostituisce alle conoscenze di cui abbisogna.

È perciò che ancor oggi la esistenza di un dio, la necessità del concetto divino, sono ammissibili e giustificabili.

Ancor oggi l'uomo può sentire in essi la ragione del tutto, ancor oggi, che la scienza vi contrappone la materia e l'energia come causa ed effetto, nel tempo stesso, della primitiva volontà suprema ed eterna.

Né è lecito domandare il quando dell'inizio di tutte le cose, ché si ammetterebbe l'esistenza come ente di un semplice concetto quale è il tempo.

Se noi non osservassimo il succedersi dei fenomeni, noi non avremmo il concetto del tempo.

Il tempo è dunque la necessità derivante dai fenomeni che si susseguono; eppure di esso nessuno ha fatto un iddio; nessuno, sebbene esso comandi alla cosa più cara a noi tutti, poiché è coll'orologio che misuriamo la vita.

Noi adoriamo quel concetto "iddio" che ci misura i peccati e non adoriamo quel concetto "il tempo" che ci misura la vita.

La nobiltà, l'elevatezza dell'immaginazione del dio, sono completamente distrutte dalla adorazione religiosa.

L'ammirazione e la benevolenza che possiamo sentire per la volontà che ha creato l'Universo è giustificata sempre, fin quando la scienza non abbia dimostrato il contrario. Ma essa è inferiore all'amore che lo scienziato porta ai propri studi, alle sue elucubrazioni, poiché lo scienziato non ha sentito la necessità di innalzare dei templi all'energia, alla materia, al tempo, né ai fenomeni più diversi che ne sarebbero le succursali, come sono i santi, gli dei, i semidei le succursali del concetto divino.

Lo scienziato ha sostituito al culto ed alla superstizione lo studio indefesso per scoprire le leggi che comandano le verità supreme della natura.

Il prete ed il religioso hanno cercato sempre di oscurare i loro iddii.

Se dio c'è, se dio si è rivelato in qualche modo ai suoi credenti, se dio ha dettato ad essi i suoi dogmi sulla creazione, dio è o un ignorante o un impostore. È scientificamente ed interamente falso tutto ciò che i dogmi delle varie religioni asseriscono in proposito: i dogmi non sono le verità della natura.

Necessariamente se ne deduce:

- O dio c'è ed è esteriore alla materia ed alla energia e quindi non si è potuto né si potrà mai rivelare agli uomini, che vivono in uno spazio al quale egli non appartiene, ed allora sono false tutte le religioni basate su di lui.

- O dio c'è ed è intrinseco alla materia ed alla energia ed allora ne subisce la volontà, volontà inseparabile e necessaria alla loro esistenza; ed allora un tale iddio non appartiene alle religioni; esso è della filosofia positiva, esso è soggetto alle esperienze della scienza.

Se dio. ci fosse, se dio avesse voluto rivelarsi credibile agli uomini, sempre, egli avrebbe dovuto dettarci i suoi dogmi quali sono le verità scoperte e dimostrate dalla scienza e che la scienza dimostrerà in avvenire finché la vita umana sarà possibile sulla crosta terrestre.

Le verità che le religioni ci dettano attraverso i loro dogmi o che ci impongono come verità con essi, o cadono al confronto della scienza, o furono acquisite dalla filosofia umana.

La morale infatti è la prima necessità, per l'esistenza della società umana e non per guadagnarci la benevolenza di un qualsiasi iddio, per meritarci un paradiso nell'oltre tomba o per schivare gli inferni di tutte le religioni.

La fine completa di tutto ciò che costituisce l'uomo (come ente) con la sua morte è una verità indiscutibile.

Andate contro di essa è ritenere assurde le leggi dell'indistruttibilità e della conservazione della materia e della energia.

Asserzioni contrarie non può fare e sostenere, in buona fede, che un ignorante o un idiota.

La morale altresì predicata dalle religioni e professata (non sempre) dai suoi proseliti, è falsa e negativa poiché non ha per scopo il bene in sé, per necessità sociale, bensì il bene per i vantaggi immediati o futuri, che con essa l'uomo guadagna.

Vantaggio ultimo e ragione dell'esistenza e della resistenza, nelle menti deboli dello spirito religioso sono: credenza e fede.

La credenza, figliuola del timore e dell'ignoranza, è necessaria nutrice al culto dell'assurdo.

La fede, è l'unica cosa nobile di tutto quell'imbroglio che forma e costituisce le religioni, dalla prima immaginazione del dio, alle più stupide pratiche religiose. La fede è l'ammirazione e la riconoscenza, al dio, di tutto ciò che avviene.

E qual fede migliore che nella ragione e nella verità in questi doni grandissimi che la natura offrì all'uomo quando, creandolo, ebbe risoluto il problema più bello di forza motrice?!

Qual forza migliore può attinger l'uomo per continuare la sua lotta per la conquista del vero e per lo sgomento delle avversità?

Qual forza migliore della conoscenza della natura e delle sue ineluttabili leggi?!

I fenomeni celesti causarono sempre negli uomini timore ed orrore; essi invocarono od imprecarono, a seconda del carattere, colui che per gli spiriti deboli è il governatore degli umani e degli uni versali destini.

Coi secoli passarono i vani timori, gli uomini anziché impaurirsi, tremare, pregare, scrutarono la natura, ne vollero svelati i misteri. E méntre alcuni, forse troppi, continuarono e continuano a perder tempo e cervello nell'ammirare ciò che chiamano il creato, ciò che credono opera della creazione, nell'implorare e nell'oscurare la mente di chi osserva la natura, profittando della debolezza che danno al cervello l'ignoranza e la superstizione; altri uomini, più retti, più grandi, più forti d'intelletto, osservano la natura, tutti ne analizzano i suoi fenomeni nel proprio cervello e ne scoprono e ne svelano e ne dimostrano le leggi rigorose ed eterne, le verità matematiche inconfutabili.

Essi affrontano qualunque sacrificio, giungono sino al martirio, si oppongono alla lotta che fan loro l'ignoranza e l'interesse che su quella si basa e vincono con il dominio della verità, come hanno svelati i misteri della natura con la forza che la natura stessa diè loro negli intelletti.

Certo, il genio dell'umano è manifestazione grandiosa delle regole e delle sue leggi rigorose, che gli danno un'esistenza sempiterna!

Adolfo Vacchi

 

Tratto da Cronaca sovversiva, 14 luglio 1917

lunedì 3 gennaio 2022

La disobbedienza civile per una nuova società

La disobbedienza civile consiste nel passare oltre le decisioni di uno Stato che truffa i cittadini per sostenere le truffe del capitalismo finanziario. Perché pagare allo Stato-bankster delle tasse vanamente destinate a riempire l'abisso delle malversazioni quando potremmo destinarle in ogni collettività locale all'autofinanziamento delle energie gratuite? La democrazia diretta delle assemblee autogestite ha il diritto di ignorare i diktat della democrazia parlamentare corrotta. Tiriamo partito dalla mutazione in corso per costituire delle collettività in cui il desiderio di vivere abbia il sopravvento sulla tirannia del denaro e del potere.

La disobbedienza civile verso uno Stato che ci truffa è un diritto. Dove vanno le nostre tasse e imposizioni varie? Non al settore pubblico che cade a pezzi a vantaggio di truffatori pubblici e privati. Non alle scuole che stanno diventando un allevamento in batteria di schiavi gettati sul mercato. Non agli ospedali gestiti come imprese da rendere redditizie, dove i pazienti diventano dei clienti di cui approfittare e le cure lasciano il posto all'affarismo.

L'avvenire appartiene a delle collettività autogestite che mettano al servizio di tutti la produzione di beni e di servizi indispensabili (energie naturali, biodiversità, insegnamento, case di salute, trasporti, metallurgia, tessile). Si tratta di produrre per noi e non più per commercializzare delle derrate che dovremo poi acquistare al prezzo del mercato quando sono i lavoratori che le hanno concepite e fabbricate. Il tempo è venuto di rompere con le leggi di un affarismo che programma insieme al suo fallimento quello delle nostre esistenze. Bisogna che le relazioni umane soppiantino le relazioni commerciali e le annullino.

La gratuità è l'arma assoluta contro il sistema mercantile.

E' tempo di prendere coscienza che il vecchio mondo sta crollando. Se non vogliamo sparire con lui, il compito più importante è gettare le basi di una nuova società.

sabato 1 gennaio 2022

Buon anno di lotte!

Come anarchici continuiamo a sostenere che la libertà individuale (e collettiva) si conquista soltanto con la rivolta quotidiana (praticando l'azione diretta e l’autogestione) nei riguardi dei poteri statali, economici, religiosi e sociali. Una lotta senza tregua contro i “signori del pianeta” e i loro “schiavi volontari”. 

Altre forme di protesta, spesso incanalate nel bacino mediatico e istituzionale, sono del tutto innocue e illusorie. L'astensionismo attivo è già una manifestazione efficace di contrapposizione al dominio, poi la creatività e la volontà dei refrattari aggiungono un forte contributo concreto nell'opera liberatrice. 

 

Esprimiamo la nostra più fraterna solidarietà a tutti i ribelli e i compagni inquisiti, condannati e prigionieri, a tutti coloro che lottano contro il potere.


Auguriamo a tutti un buon anno di lotte!