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giovedì 27 giugno 2019

Salvini regala le olimpiadi agli imprenditori del Nord

Il partito trasversale della Crescita ce l'ha fatta, ha portato in Italia le Olimpiadi che in tutto il resto del mondo nessuno voleva.
Applausi e popopo, oggi riempiono le televisioni e sono tutti dalla stessa parte: una grande opportunità per il paese, un grande lavoro di squadra ecc… ecc…
Non importa che siano del PD o della Lega, di Forza Italia, che siano tecnici o politici, tutti sono entusiasti, tranne i 5stelle, ma non perché trovino folle l'idea di portare altre olimpiadi in Italia, ma perché rosicano che non sia andata come avrebbero voluto loro.
Siamo già partiti dunque con il mito e l'immaginario olimpionico che si accosta al successo dei colonnelli della Lega del nord, i Giorgetti, gli Zaia, i Fontana. Un grande racconto su cui rifondare un po' di coesione sociale in questo paese. Già si vede da lontano, ma perché non fissarlo in costituzione? "L'Italia è una repubblica democratica, fondata sulle olimpiadi". D'altronde secondo questi le olimpiadi portano lavoro, per cui le proprietà transitive fanno il resto.
Il motivo di tutta questa ansia di mostrarsi entusiasti è che sanno benissimo quali sono le conseguenze negative di un grande evento come quello olimpionico. Decine di studi provano che le Olimpiadi provocano debito, cementificazione e ulteriori disuguaglianze sui territori su cui si abbattono. Ogni Olimpiade finora ha portato a uno sforamento dello stanziamento iniziale di fondi con una mediana dell'83% per i giochi estivi e del 118% per quelli invernali. E dunque perché farle? Perché si riempiono le tasche di un ceto imprenditoriale parassitario e avido, base sociale della Lega e del PD, che attraverso grandi eventi come questi riceve direttamente un trasbordo di denaro pubblico nelle sue casse. Gli effetti in termini di colatura della ricchezza sul territorio e sui ceti più poveri sono quasi nulli, ma invece quello dell'indebitamento delle istituzioni pubbliche è enorme se si considerano i conseguenti tagli ai servizi e al welfare.


Il costo stimato secondo i dati ufficiali per il momento delle Olimpiadi del 2026 di Cortina e Milano è di 1,2 miliardi, di cui 900 milioni verrebbero coperti dal CIO e altri 300 da dividere tra i Comuni e le Regioni interessate dall'evento. A questi sarebbero da aggiungere 415 milioni solo per costi di sicurezza.
Spese che appaiono ovviamente piuttosto ottimistiche considerando la cantieristica all'italiana, ma non solo: la scelta di una location diffusa sul territorio potrebbe portare a un incredibile aumento dei  costi di trasporto e dell'inquinamento.
Le entrate previste di imposte nette per lo Stato dovrebbero essere intorno a poco meno di duecento milioni, ma senza considerare i 300 milioni spesi da Comuni e Regioni di cui sopra.
Ciò che più fa riflettere di questa vicenda è che proprio mentre si discute di debito pubblico e ricontrattazioni con l'Europa, proprio mentre la Lega fa il muso duro per pretendere maggiore flessibilità e il PD invece si accosta al rigore europeo, proprio in questo momento si decide di sperperare ulteriore denaro, di produrre altro debito, di consegnare risorse ai privati e aprire una nuova mangiatoia per i soggetti più svariati. E' connaturato al modello dei grandi eventi e del turismo predatorio il fatto che si allarghi ulteriormente la forbice della disuguaglianza sociale, tutto ciò per fare un costoso regalo agli imprenditori leghisti.

domenica 23 giugno 2019

La gerarchia della civilizzazione deve essere rifiutata

Il capitalismo è l'attuale manifestazione dominante della civilizzazione. L'economia capitalista è controllata soprattutto da corporazioni riconosciute dallo Stato: queste organizzazioni sono di proprietà di azionisti che sono liberi di prendere decisioni commerciali senza essere personalmente responsabili per le conseguenze. Legalmente le corporazioni godono dello stesso status degli individui, quindi una parte lesa può attaccare in tribunale solo le risorse della compagnia e non i possedimenti e le proprietà del singolo azionista. Gli impiegati delle corporazioni sono obbligati per legge a creare profitto prima di ogni altro criterio (come la sostenibilità ecologica, la sicurezza dei lavoratori, la salute pubblica, ecc.) e se fanno altrimenti possono essere licenziati, citati per danni o perseguitati. Il capitalismo, come forma di civilizzazione tecnologicamente avanzata, è invadente e utilizza territori sempre più ampi, provocando l'ulteriore diminuzione dello spazio disponibile al vivente per poter fiorire liberamente. Il capitalismo riduce in servitù la vita umana se non la considera utile, se ne sbarazza se la considera inutile. Per soddisfare le necessità basilari sotto il capitalismo molte persone spendono la maggior parte delle loro giornate (dalle 8 alle 12 ore) in un lavoro senza senso, monotono, irregimentato, e spesso dannoso per la psiche e il fisico. A causa della monotonia, dell'alienazione e dell'impotenza che caratterizzano la normale esperienza quotidiana, la nostra cultura esibisce alte percentuali di depressione, malattia mentale, suicidio, dipendenza della droga e relazioni malfunzionanti e abusive, insieme a numerosi modi di esistenza surrogata (attraverso la TV, i film, la pornografia, i videogiochi). La civilizzazione nella sua espressione più efficace il capitalismo ha generato l'autoritarismo, l'asservimento forzato e l'isolamento sociale.
E' indispensabile in un'economia basata su di una divisione del lavoro altamente stratificata impedire una visione dell'insieme all'individuo anche attraverso la manipolazione e l'inganno.
La democrazia praticata su vasta scala è necessariamente rappresentativa e non diretta e quindi incapace di creare organizzazione senza gerarchia e controllo.
Dato che le città e le industrie dipendono dall'esterno, mirano a impadronirsi delle aree circostanti per uso agricolo e industriale, rendendole inospitali sia per l'ecosistema sia per le comunità umane autosufficienti. Quest'area si espanderà in relazione e in funzione di ogni aumento della popolazione o di specializzazione del lavoro che la città sperimenterà. Non esistono esempi storici di economie di produzione che non si espandono, non infiltrano il territorio fisico e psichico circostante per intrinseca ineludibile loro stessa natura. La complessità strutturale e la gerarchia della civilizzazione devono essere rifiutate insieme all'imperialismo politico ed ecologico che si propaga in giro per il mondo. Istituzioni gerarchiche, espansione territoriale e meccanizzazione della vita sono indispensabili affinché possano realizzarsi l'amministrazione e il processo di produzione di massa. Solo le piccole comunità autosufficienti possono convivere con gli altri esseri, umani e non solo, senza imporre loro la propria autorità. 

lunedì 17 giugno 2019

La domesticazione del singolo nelle democrazie borghesi

Nelle democrazie borghesi, la promozione della libertà politica, non si compie se non per il tramite di una dittatura ideologica della forma di libertà, tale da farla apparire come una decisione nella quale è occultato il suo rapporto con la cosa e quel senso del separare che la compone, così come indica il suo etimo greco. Ciò che queste democrazie ci nascondono è il fatto che le loro verità non sono capaci di eliminare, nella pratica, la negazione della libertà, contenuta in esse come una conseguenza tragica dei loro presupposti assolutistici. Per un verso, le democrazie borghesi, vogliono essere l'espressione di una verità assoluta, per l'altro, non possono fare di questa verità un valore altrettanto definitivo, perché esse pretendono di appartenere alla storia e considerano questo stato uno loro valore sostanziale. In questo contesto, decidere significa esprimere la volontà di dominare le cose. Una volontà che è l'espressione di quel senso comune del mondo, che favorisce la domesticazione del singolo nella sua pluralità sociale e che ha molto da spartire con la formula dell'inconscio. Tra l'altro, ciò che fa intuire perché la storicità appare spesso nella forma di sintomo. In fondo, non è forse il disagio mentale un modello di quel pensare l'essere cosa delle cose, che corre in parallelo in politica al nichilismo? (l'apparente astrattezza del materialismo dialettico, in questo contesto, è dovuta al fatto che i mezzi con cui l'idealismo pretende di eliminarlo, sono sostanzialmente inefficaci, anche se utili a degradare la filosofia del comunismo ad un progetto di scienza sociale oramai obsoleto. Questo degradare esprime il passaggio del concetto di rivoluzione, come totalità in divenire, ad una progettualità scientifica, dunque a qualcosa di divisibile, di aggredibile con la decisione, che può essere manipolata al solo scopo di riproporre il dualismo di essere e nulla).

domenica 9 giugno 2019

La politica e la critica radicale

La politica è il quadro che ordina il dinamismo naturale della società e delle sue forme di socialità. Allucinazione formale che ha senso soltanto dentro l’area del con/senso. Essa prende corpo e significato proprio da quest’area nella quale i suoi dispositivi teorici sono pressoché infallibili, o in termini storici, attendibili. Dentro quest’area il capitale falsifica qualunque parte rendendola complementare a sé. Stornando la forma dialettica che parla di una reciprocità delle parti. Parte falsificata che appare, in teoria, antagonista alla gestione del dominio, in pratica, surrogato rozzamente approssimativo del tutto e sempre inattuale. Il comunismo, come la rivoluzione, devono sempre venire. La stessa sinistra estrema, nella sua intossicazione, non riesce a rendersi conto di perché la critica, invece, ne affermi perentoriamente l’esistenza come la parte rimasta in sospeso del reale, socialità che non sta in qualche posto, ma proprio nella parte che si afferma differente.
La politica sospende il reale. Questa condizione è prioritaria a qualunque manifestazione del politico. Ironia dei civilizzati e delle sedicenti avanguardie delle sue lotte! La sospensione del reale non è senza scopo. La politica non è mai gratuita. Questa sospensione serve ad introdurre le norme e le convenzioni della burocrazia dominante, ad estendere i suoi controlli (attraverso i processi di politicizzazione), a dare un corpo ideologico alle sue credenze che appaiono sempre sensate in prima istanza: dalle lotte terzomondiste alla gestione dell’utero nelle donne.
La politica non è mai pratica, ma sempre pratica della politica. Essa, cioè, non è neppure l’eccezione che conferma la regola, ma la regola che conferma il gioco. In questo senso diciamo che l’oltranzismo non ha spazio che dietro di sé, diventando politica. In questa regola che conferma il gioco, infine, si denuncia un altro aspetto ancora della politica: quello di candidarsi come l’unica forma di analisi attendibile del sociale. Da questo stallo ideologico non c’è scampo. Per questo che la critica non riconosce come distinte (anche se distinguibili) le posizioni politiche assunte dalla sinistra (dal partito alle frange estreme). La critica, infatti, non è una posizione limite del politico, ma l’altra scena smascherata dal rimosso.
Nessuno può essere impunemente critico nella sfera del politico e sopravvivere tollerato dentro il proprio ceto o nella nazione di cui parla la lingua e sopporta le abitudini.
La critica non riconosce il carattere distintivo di necessità. In questo senso prosegue una tradizione che era propria delle teorie del comunismo rivoluzionario. Il tempo imperfetto sta ad indicare che la teoria rivoluzionaria classica è infettata dalle mode con le quali la realtà del dominio capitale ha sfiancato il suo stesso movimento.