La storia del primo maggio, della giornata di lotta
internazionale dei lavoratori, è per lo più sconosciuta alla maggior parte
della gente. Deformazioni e strumentalizzazioni varie hanno trasformato il
primo maggio, una giornata di lotta, in una festa istituzionalizzata e
santificata, considerata come l’occasione per andare a vedere un concerto rock
o per organizzarsi un fine settimana turistico.
Cosa ha originato realmente questa giornata di lotta
e il suo significato classista si è diluito progressivamente nel tempo, fino a
far perdere la cognizione della sua importanza.
La storia ci dice che all’origine del primo maggio
vi fu il grande movimento di lotta che negli anni ‘80 del XIX secolo mobilitò
milioni di lavoratori in America ed in Europa per la conquista delle otto ore
lavorative, e non solo. Nell’ottobre del 1884 il quarto congresso delle Unioni
Federate degli Stati Uniti decise di promuovere una grande campagna di
mobilitazione per le otto ore lavorative.
Il primo maggio del 1886 sarebbe stato il suo
momento culminante. Per tutto il 1885 numerose furono le iniziative di lotta,
che si estesero fino alla primavera dell’anno successivo. Il primo maggio 1886,
a Chicago, città da cui era partita la campagna, oltre 50.000 lavoratori
incrociarono le braccia per imporre al padronato le otto ore lavorative.
Cortei, comizi ed iniziative varie caratterizzarono
la giornata e quella successiva in un clima di tensione dove le provocazioni e
la repressione poliziesca andavano aumentando. Il 3 maggio, davanti alle
fabbriche Mc Cormik, in Haymarket square si svolse un importante presidio di lavoratori
per impedire azioni di crumiraggio.
Fu organizzata un’assemblea in cui presero la parola
gli esponenti più importanti del movimento, militanti anarchici che
consideravano la campagna per le otto ore come una prima tappa non solo per
ottenere maggiori diritti, ma per mettere in discussione l’organizzazione
statalista e capitalista stessa della società.
Alla fine dell’iniziativa, agenti della polizia e
dell’agenzia investigativa Pinkerton caricarono i manifestanti a freddo,
iniziando a sparare all’impazzata. L’esito fu di quattro morti e di centinaia
di feriti. La reazione operaia non si fece attendere, ed il giorno dopo, il
quattro maggio, ventimila lavoratori e lavoratrici erano presenti in Haymarket
square, il luogo della strage. Spies, Parsons e Fielden, i leader anarchici,
parlarono alla folla, in un clima carico di tensione, ma sostanzialmente
pacifico tanto che il sindaco stesso di Chicago, che aveva autorizzato la
manifestazione, poco prima del termine se ne andò convinto che tutto si sarebbe
concluso pacificamente.
Al contrario, poco dopo si scatenò la reazione della
polizia che presidiava la piazza, la quale, ricalcando lo stesso copione del
giorno prima, iniziò a caricare i presenti. Nel trambusto che si originò, una
bomba, la cui paternità è storicamente ancora incerta, scoppiò in mezzo ad un
plotone di poliziotti e da ciò ne conseguì l’inizio degli spari sulla folla e
il via libera, nei giorni successivi, ad una campagna di violenza e di terrore
nei confronti degli operai.
Le prime vittime di questa caccia al rivoluzionario
furono proprio gli esponenti di maggiore spicco del movimento dei lavoratori,
gli anarchici che avevano dato forza e coscienza al movimento di lotta: Adolphe
Fischer, August Spies, George Engel, Albert Parsons e Louis Lingg, condannati a
morte, dopo un processo farsa, ed impiccati nel novembre del 1887. Louis Lingg
sfuggì alla forca morendo suicida in carcere. Oscar Neebe, Samuel Fielden e
Michael Schwab, altri tre anarchici coimputati scontarono invece “solo” sette
anni di galera. Questi compagni passarono alla storia come i martiri di Chicago
che il movimento internazionale dei lavoratori propose di ricordare, nel 1889 a
Parigi, in una giornata di sciopero generale fissata appunto per il primo
maggio di ogni anno.
Questa avrebbe rappresentato puntualmente una
scadenza di lotta per la conquista delle otto ore lavorative, per ricordare le
vittime delle lotte operaie e punto fermo per ogni speranza e rivendicazione di
emancipazione del proletariato mondiale.
E questo, il primo maggio, rappresentò per molti
decenni successivi: una scadenza annuale comune a tutto il movimento dei
lavoratori, in ogni parte del mondo.
Una giornata di lotta e di memoria storica. E molto
spesso, fu proprio da questa giornata che la mobilitazione di massa dei
lavoratori segnò momenti storici particolari, durante le due guerre mondiali,
durante la Resistenza e l’antifascismo.
Oggi parlarne ha un senso non solo per conservarne la memoria storica, ma per il contenuto, il significato che essa rappresenta in termini di coscienza di classe e di lotta degli sfruttati dove, in tema di orario di lavoro, diritti, salari, emancipazione, cambiamento della società liberista imperante, c’è molto da fare, non solo per riconquistare diritti e dignità rubati, ma per gettare sullo scenario dello scontro di classe in atto, attualmente gestito dal padronato, la forza e l’utopia delle masse lavoratrici.