..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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domenica 31 ottobre 2021

La parola Autorità

Questa non deve arrivare che dalla ragione. Diventa abusiva se imposta, in qualsiasi maniera lo sia. Politica, legiferante, autoritaria, è la nemica. "Bisogna pensare che io respiro ogni autorità? lungi da me una simile idea. Se si tratta di stivali, mi adeguo all'autorità del calzolaio, per ogni scienza speciale mi rivolgo all'uno o all'altro scienziato. Ma non mi lascio imporre  dal calzolaio, né l'architetto, né lo scienziato. Li ascolto liberamente e con tutto il rispetto che la loro intelligenza merita, che merita il loro carattere, la loro scienza, riserbandomi però il mio incontestabile diritto di critica e di controllo. Non mi accontento di consultare una sola autorità specialista, ne consulto diverse; paragono le loro opinioni e scelgo quella che mi sembra la più giusta. Non mi fido di nessuno in maniera assoluta. Questa fiducia sarebbe fatale alla mia ragione, alla mia libertà, allo stesso successo della mia opera. Non penso che la società debba maltrattare le persone di genio come ha fatto finora. Ma non penso neppure che li debba ingrassare troppo, né accordare loro, soprattutto, dei privilegi o dei diritti esclusivi di qualunque tipo."

giovedì 28 ottobre 2021

Quel che vogliamo, è la sovranità dell’essere umano!

Due realtà si combattono e si urtano con violenza. Una è la realtà della menzogna. Beneficiando del progresso delle tecnologie, essa s’impegna nel manipolare l’opinione pubblica a favore dei poteri costituiti. L’altra è la realtà di quel che è vissuto quotidianamente dalle popolazioni. Da un lato delle parole vuote partecipano al gergo degli affari, dimostrano l’importanza delle cifre, dei sondaggi, delle statistiche; architettano dei falsi dibattiti la cui proliferazione maschera i veri problemi: le rivendicazioni esistenziali e sociali. Le loro finestre mediatiche riversano ogni giorno la banalità delle truffe e dei conflitti d’interesse che ci riguardano unicamente per le loro conseguenze negative. Le loro guerre di devastazione redditizia non sono le nostre, non hanno altro scopo che dissuaderci dal combattere la sola guerra che ci riguarda, quella contro la disumanità mondialmente propagata. Da un lato, secondo l’assurda verità dei dirigenti, le cose sono chiare: rivendicare i diritti dell’essere umano rileva della violenza antidemocratica. La democrazia consisterebbe dunque nel reprimere il popolo, nel lanciare contro di lui un’orda di poliziotti spinti a comportamenti di stampo fascista, la cui l’impunità è garantita dal governo e dai candidati dell’opposizione vogliosi di occuparne il posto. Immaginate a quali tremiti si dedicheranno gli zombi mediatici se l’immolazione tramite il fuoco di una vittima della pauperizzazione genererà l’incendio del sistema responsabile! Dall’altro, la realtà vissuta dal popolo è altrettanto chiara. Nessuno ci farà ammettere che si possa ridurre a un oggetto di transazione mercantile l’obbligo del lavoro mal retribuito, la pressione burocratica che aumenta le tasse, diminuendo il montante delle pensioni e delle conquiste sociali, la pressione salariale che riduce la vita a una limitata sopravvivenza. La realtà vissuta non è una cifra, è un sentimento d’indegnità, è la sensazione di essere niente tra le grinfie dello Stato, un mostro che si riduce sempre di più a causa del prelievo delle malversazioni finanziarie internazionali. Sì. È nello scontro tra queste due realtà – una imposta dal feticismo del denaro, l’altra che si rivendica del vivente – che una scintilla, spesso impercettibile, ha dato fuoco alle polveri.

Quel che vogliamo, è la sovranità dell’essere umano. Niente di più e niente di meno!

lunedì 25 ottobre 2021

Abbattere dominio costruire libertà

Due sono le forze propulsive dell'anarchismo, quella distruttrice e quella costruttrice: abbattere dominio, costruire libertà.

La prima non si riconosce nel presente, anzi lo delegittima, lo combatte e mira gradualmente a distruggerlo; la seconda invece è tutta intenta a prospettare di già il futuro: una società della libertà e dell'uguaglianza.

Insomma, gli anarchici, convinti che le iniquità siano dovute all'organizzazione gerarchica della società, propongono che ognuno riprenda nelle proprie mani il destino e che tutti insieme riprendiamo in mano il destino dell'umanità, per renderci artefici di una società in orizzontale, che parta dall'individuo per giungere poi alla libera associazione fra individui, alla comune ed infine ad una federazione dal basso, che unisca le libere comuni dal territorio al mondo intero.

Ecco, è così che gli anarchici amano pensare il municipalismo o il comunalismo libertario, come dir si voglia: come una proposta radicale, rivoluzionaria, ma nello stesso tempo gradualista; una proposta che si colloca nelle conflittualità dell'oggi per la difesa degli interessi immediati delle classi subalterne, ma si prefigge, nel contempo, di iniziare a costruire nel "qui ed ora" le basi alternative su cui edificare la società libera del domani.

venerdì 22 ottobre 2021

Il piacere di vivere non ha né regole né leggi

Il sogno di un'apocalisse ossessiona il subconscio della società mercantile. Solo l'idea di una rapida distruzione l'ha aiutata a sopportarsi, a contemplare il suo riflesso progressivamente incancrenito. La disperazione vendicativa dei millenaristi e dei rivoluzionari suicidi è stato il suo specchio più fedele prima che la sopravvivenza rivelasse la sua realtà d'agonia climatizzata, il suo suicidio al rallentatore inutile da perseguire, perché arriva per forza di cose.

Mentre la criminalità, Il terrorismo e i suoi edulcorati sostituti, esprimono i sussulti di una volontà di potenza moribonda, cresce la voglia di una festa funebre che inghiotte tutto il vecchio mondo in un'attesa in cui i piaceri servono da passatempo.

Arrivati all'ultima degradazione, quando gli stessi sensi subiscono la riduzione dal biologico all'economico, i piaceri rivelano allo stesso tempo sia la loro inversione millenaria che la parte di vita assolutamente ribelle al recupero mercantile.

L'ultimo ponte della proletarizzazione è gettato su un nuovo sentire da dove contempleremo il suo crollo finale.

Una natura rinascerà poco a poco dov'è il desiderio creerà l'organo.

Il piacere di vivere non ha né regole né leggi ciò che lo definisce, lo circoscrive, lo specializza è precisamente ciò che lo nega e lo rovescia: il lavoro, la costruzione, lo scambio, la separazione e la colpevolezza.

Mi rifiuto di scegliere tra due forme di morte, la mia sola stella è quella della vita a oltranza.

martedì 19 ottobre 2021

Malatesta e la libertà

La libertà è il solo mezzo per arrivare, mediante l'esperienza, al vero ed al meglio: e non vi è libertà se non vi è libertà dell'errore.
Libertà dell'errore, vale a dire libertà come concetto laico di verità e quindi come possibilità, per tutti, di dare seguito alle proprie idee purché non limitino la realizzabilità di quelle altrui. Questa libertà, scopo e mezzo di ogni progresso umano, deve essere infatti per noi e per i nostri amici, come per i nostri avversari e nemici. Gli anarchici, cioè, amano correre i rischi della libertà. Noi siamo per la libertà non solo quando ci giova, ma anche quando ci nuoce. E solo così vi può essere libertà. Essa si definisce come possibilità di pensare e propagare il proprio pensiero, libertà di lavorare e di organizzare la propria vita nel modo che piace; non libertà s'intende di sopprimere la libertà e di sfruttare il lavoro degli altri. Per conseguenza gli anarchici intendono conquistare la libertà per tutti, la libertà effettiva, s'intende, la quale suppone i mezzi per essere liberi, i mezzi per poter vivere senza essere obbligati di mettersi alla dipendenza di uno sfruttatore, individuale o collettivo.  

sabato 16 ottobre 2021

Due parole sulla libertà

Da quando è cominciata la pandemia da coronavirus non si fa altro che sentire parlare di libertà. Fin dal “lontano” marzo 2020: sacrificare la libertà in nome del bene più grande, far diminuire i contagi a costo di rinunciare alla libertà, limitazioni alla libertà di movimento e spostamento… insomma, la parola libertà ci è stata propinata in tutte le salse e in tutte le forme. In occasione della campagna di vaccinazione e di quell’aberrazione etica che è l’introduzione del “green pass“ il tema della libertà è diventato prassi del discorso politico, rivendicazione di partito, retorica demagogica. Non è ozioso dunque tentare un piccolo esercizio filosofico sul concetto di libertà.

Il concetto di libertà ha radici antiche quanto il mondo, tuttavia per quanto riguarda la sua accezione moderna possiamo identificare abbastanza agevolmente una data di nascita: il 1789. Si tratta di una data simbolica certo ma ci permette di indicare un prima e un dopo: a partire da quella data la libertà diventa un concetto fondante della nascente era borghese del mondo, faceva irruzione nella vita politica e ne determinava le scelte, usciva dai libri di filosofia per diventare parte integrante e fondamentale della complessa compagine sociale del mondo contemporaneo che vedeva la luce.

Marx, ne La Questione Ebraica, attacca punto per punto i capisaldi della Rivoluzione Francese. In merito alla libertà scrive: “La libertà è dunque il diritto di fare ed esercitare tutto ciò che non nuoce ad altri. Il confine entro il quale ciascuno può muoversi senza recare danno altrui, è stabilito per mezzo della legge, come il limite tra due campi è stabilito per mezzo di un cippo. Si tratta della libertà dell’uomo in quanto monade isolata e ripiegata su se stessa. (...) Ma il diritto dell’uomo alla libertà si basa non sul legame dell’uomo con l’uomo, ma piuttosto sull’isolamento dell’uomo dall’uomo. Esso è il diritto a tale isolamento, il diritto dell’individuo limitato, limitato a se stesso”. Innanzi tutto è interessante soffermarsi sull’inversione che opera Marx in relazione al concetto di libertà, egli ponendo l’accento sul concetto di limite mette in evidenza ciò che la libertà divide, piuttosto che ciò che essa unisce. E continua: ”La libertà individuale, come l’utilizzazione della medesima, costituisce il fondamento della società civile. Essa lascia che ogni uomo trovi nell’altro uomo non già la realizzazione, ma piuttosto il limite della sua libertà”.

In questo contesto sembrerebbe, dunque, che la libertà sia in realtà un qualcosa da cui guardarsi, un qualcosa che opererebbe come disgregante della società e come impulso alle spinte egoistiche ed individualistiche dell’uomo. E se si pensa al funzionamento intrinseco delle società capitalistiche non dovrebbe stupire molto questa conclusione: il concetto borghese di libertà sembrerebbe una giustificazione dell’egoismo, della prevaricazione, della competitività sociale e, in ultima istanza, una giustificazione della diseguaglianza.

Torniamo rapidamente a guardare la situazione attuale. Quali sono i partiti che, più assiduamente, si appellano alla libertà, criticando l’adozione del green pass, così come, in passato, le misure del contenimento dell’epidemia? Sono i partiti di destra che, seppur a forte tendenza conservatrice, come tutta la destra moderna sono intrisi di ideologia liberale.

La libertà del liberalismo classico, oggi appannaggio delle destre, è ben altra cosa dalla libertà reale e concreta dell’uomo. Come realizzare questa libertà è la più grande sfida che ogni vera forza rivoluzionaria e trasformatrice si trova ad affrontare.

Più di 150 anni fa, due pensatori anarchici – Pierre-Joseph Proudhon e Michail Bakunin – allo Stato padrone, che occupa ogni spazio di libertà, e all’individualismo borghese che lo difende dall’invadenza altrui, sostituirono il pensiero della comunità solidale. Non un sistema compiuto il loro, né un distillato di filosofie radicali, ma semplicemente un’intuizione che, rompendo con l’idealismo di Kant, di Hegel e dei loro seguaci, aveva osato porre in dubbio il precetto del liberalismo classico per cui “la libertà di ogni essere umano avrà come limite la libertà di tutti gli altri esseri umani”.

Scrive Bakunin: “Io posso dirmi e sentirmi libero solo in presenza degli altri uomini e in rapporto a loro ... Io stesso sono umano e libero solo quando tutti gli esseri umani, uomini e donne, sono ugualmente liberi. La libertà degli altri, lungi dall’essere un limite o la negazione della mia libertà, ne è al contrario la condizione necessaria e la conferma ... Così che più numerosi sono gli uomini liberi – e più profonda e più ampia è la loro libertà -, più estesa, più profonda e più ampia diviene la mia libertà”.

Trovandomi d’accordo con Bakunin (come potrei non esserlo) dico che "la libertà di ogni essere umano continua con la libertà di tutti gli altri esseri umani". 

Ecco una definizione più completa della libertà secondo il rivoluzionario russo: “La libertà consiste nel pieno sviluppo e nel completo godimento di tutte le facoltà e le potenzialità umane di ognuno attraverso la società, che è necessariamente precedente al sorgere del suo pensiero, della sua parola e della sua volontà; in quanto l’uomo realizza la sua umanità solo per mezzo degli sforzi collettivi di tutti i membri, passati e presenti, della società, base e punto d’avvio dell’esistenza umana”.

Quella di Bakunin è una libertà che si costruisce dal basso in alto, dalla periferia al centro, e cresce di forza e consapevolezza con le libertà di ognuno, graduandosi in tante idee concrete e particolari di libertà, in relazione al contesto in cui si sviluppa e alla comunità solidale che la accoglie.

È il mancato sacrificio della libertà propria che alimenta la libertà degli altri. Per tornare al caso concreto della pandemia in corso, ciò ci consente di distinguere tra la libertà di vaccinarsi e l’adozione del “green pass”. Il vaccinarsi contro il Covid 19, l’uso delle mascherine, il distanziamento ed ogni altra tipo di precauzione è, per un anarchico, un atto di libertà solidale, cosciente, nei confronti di chi, rischiando la vita con il contagio, rischia di perdere per sempre anche il gusto per la libertà. Come scrivono i compagni del “Gruppo di ricerca pandemico”: “Libertà si coniuga così con solidarietà, con salute, con sicurezza nel senso di garanzia di vivere una buona vita”.

L’obbligo del “green pass”, comunque mascherato, pone problemi del tutto differenti. Il “green pass” è uno strumento di controllo (al pari della carta d’identità o del passaporto) e di pressione (= ricatto) ma è soprattutto una fonte di discriminazione tra chi può e chi non può o non vuole, per i più svariati motivi, vaccinarsi. 

A costoro vanno garantiti libertà, diritti acquisiti e servizi essenziali. Non è il vaccinarsi ma è il “green pass” ciò che dovremmo oggi contestare. 

mercoledì 13 ottobre 2021

Dare un senso alla nostra inquietudine

Libertà! Libertà! si grida nelle piazze mobilitate contro l’obbligo vaccinale e contro il green pass, piazze impropriamente e strumentalmente definite dai media “no vax”, dandole un connotato omogeneo e ideologico che in realtà non hanno.

Intanto sotto lo sguardo dei cosiddetti organi di informazione c’è quasi sempre quella di Roma, dove in prima linea ci sono i fascisti di Casa Pound o di Forza Nuova, anch’essi lì a innalzare bastoni e gridare minacciosamente “Liberta!”. Raramente si dà spazio alle altre centinaia di piazze che si autoconvocano in maniera più spontanea e, se si vuole, anche più confusa.

Facendoci un salto, anche solo per curiosità, si noterebbe come quelle migliaia di persone siano difficilmente etichettabili; come ognuno abbia una propria idea di libertà che indossa su misura rispetto alle proprie convinzioni; come nella massa ci possano essere sì, anche soggetti dalle idee ben chiare riguardo la libertà di assoggettarsi a una dittatura di tipo fascista o populista-sovranista, piuttosto che perire sotto una “dittatura sanitaria”; ma anche come ve ne siano di orientamento diametralmente opposto, per non dire contrapposto e persone che manifestano - magari per la prima volta nella loro vita - una insofferenza al sistema del controllo e delle imposizioni infinite.

Fino ad ora non è che sia emersa una terza via - o quanto meno una chiara terza via - tra chi protesta e chi invece accetta l’escalation di regole restrittive che i governi stanno calando sulle società con metodi che non sono né chiari né trasparenti, e con l’ausilio dei ricatti e della paura.

Si potrà anche non voler mischiarsi con chi scende in piazza, e si potrà anche accettare liberamente i diversi provvedimenti “sanitari”, ma credo profondamente che non si possa non schierarsi, senza se e senza ma, per la libertà di scelta, in materia di vaccini ovviamente, e contro l’imposizione del green pass, uno strumento di controllo di massa delle vite di tutti noi, un esperimento di intromissione digitale nelle nostre vite e nel nostro quotidiano, che rischia di rimanere anche dopo la fine della pandemia.

Da qualche parte, e cosa ancora più grave, anche da parte di qualcuno fra gli anarchici, si è voluta definire questa libertà che si grida nelle piazze una “libertà liberale e borghese”; ne deduciamo che solo se la gente avesse strillato “anarchia! anarchia!” i fautori di questa critica si sarebbero decisi a raggiungerla. Ma se questo evento auspicabilissimo non avviene, ci saranno di certo delle motivazioni, delle cause, delle responsabilità che riguardano anche noi!

Chiamiamola comunque, pure “libertà borghese”, ma la libertà di scelta che viene rivendicata è tutta orientata contro chi sta approfittando di un’emergenza sanitaria per imporne una politica e sociale; contro chi, con la scusa della tutela della salute pubblica, sta producendo esperimenti a raffica di tipo securitario, basati sul controllo individuale e collettivo con l’ausilio di tutti i più sofisticati strumenti tecnologici oggi disponibili e con una narrazione militarista seguita da un ampio impiego dell’esercito.

E fa strano che dopo anni di studi, convegni, pubblicazioni, teorizzazioni sulla biopolitica, dopo aver fatto le pulci a Michel Foucault e aver elaborato le più raffinate teorie post-anarchiche, ora non si riesca a cogliere la pericolosità e la profondità del contesto distopico in cui ci stiamo trovando lentamente immersi, sintetizzabile nel ben noto binomio “sorvegliare e punire”.

Chi chiede di poter mantenere la propria libertà di circolazione per poter continuare a godere dei “privilegi” che adesso sono limitati e minacciati dal passaporto verde, magari non ha coscienza che migliaia di persone migranti vengono già private della libertà di circolazione da tanti anni, per il motivo opposto, cioè a causa del rifiuto da parte delle istituzioni di concedergli i documenti necessari. Ma c’è un parallelismo solo apparentemente contraddittorio in tutto ciò, ed è nel fatto che lo Stato si arroga il diritto di determinare le modalità in cui le persone debbano vivere, con o senza un documento, e per far ciò legifera, emette decreti, mobilita forze dell’ordine, ricatta, discrimina, taglia il salario, toglie il lavoro, costringe alla clandestinità, emana coprifuochi.

Possiamo noi essere mai estranei ed esterni a problematiche di questo tipo? Noi che non ci siamo mai fidati dello Stato, dei suoi organi amministrativi, giudiziari, repressivi, informativi? Noi che abbiamo additato sin da subito nel sistema che questi governi propugnano e difendono, la causa dell’esplosione della pandemia, del disastro climatico, della devastazione dell’ambiente? Possiamo per un solo momento esprimere acriticamente fiducia in provvedimenti spacciati come a tutela della salute, provenienti dai distruttori della sanità pubblica e comunitaria, dagli artefici della malasanità, dai difensori dei privilegi dei ricchi?

La questione sembra complessa, in realtà è molto semplice: c’è una crisi sanitaria reale, che colpisce nel mondo milioni e milioni di persone, delle cui origini e cause abbiamo detto e scritto tutto o quasi; c’è una gestione di questa crisi da parte degli Stati arbitraria, insincera, contraddittoria, ambigua, spesso dichiaratamente irresponsabile: basti pensare alla necessità di tutelare sopra ogni altro interesse generale, quello della produzione e dei profitti del capitalismo; alla continua riconferma delle pratiche devastatrici dell’ambiente; alla difesa a oltranza degli interessi delle multinazionali (quelle dei vaccini in primis); al costante incremento delle spese militari mentre per la salute, l’istruzione, la ricerca, i servizi essenziali si fanno solo proclami e si danno briciole.

Non c’è proprio molto su cui discutere per addivenire alla decisione su con chi e da che parte stare.

E anche se ai fini della tutela individuale della propria salute, come pure del voler privilegiare la libertà e il benessere collettivi, si possa prediligere la scelta del vaccino, come della mascherina, come dell’autoisolamento, in conseguenza di un ragionamento che ognuno ha sviluppato in piena coscienza e libertà, che poi questi comportamenti, queste scelte di libertà, non possano essere imposte con il ricatto e la violenza morale ed economica a chi non le condivide, credo debba essere considerato un fatto incontrovertibile.

Essere per la libertà di scelta, e nel contempo rifiutare l’imposizione di strumenti coercitivi e di controllo, vuol dire essere coerentemente libertari e fieri oppositori degli Stati e delle loro mai sopite voglie di sottomettere gli individui, di annullarne la facoltà critica attraverso lo strumento della paura, del ricatto occupazionale, della repressione.

Coniugare questa libertà militante, antifascista e libertaria, nei luoghi in cui si manifesta il malessere sociale, ma anche in quegli altri - maggioritari - in cui emerge un’accettazione supina dell’autorità, penso sia la terza via che possa dare un senso alla nostra inquietudine odierna.

Pippo Gurrieri


lunedì 11 ottobre 2021

Passaporto sanitario?

L’idea di passaporto ci rimanda a frontiere, controlli, questure, burocrazie, e a respingimenti, divieti, discriminazioni. Come anarchici consideriamo per principio tutto ciò inaccettabile e lo combattiamo, ritenendolo frutto della logica autoritaria e poliziesca degli stati, del loro becero patriottismo che nella storia ha solo prodotto guerre e violenze.

Adesso lo Stato italiano cerca di imporre un altro passaporto: quello sanitario. C’era già la tessera sanitaria, diventata una sorta di passe partout indispensabile dalle prestazioni mediche all’acquisto delle sigarette, ma evidentemente non bastava.

Il passaporto sanitario, o green pass, perché con gl’inglesismi si camuffa meglio la sostanza delle parole, non ha alcunché di sanitario, è il frutto di un’operazione squisitamente politica per imporre la vaccinazione anti covid a chi non vuol farla, e per estendere sul piano individuale e di massa lo stato di emergenza; il nostro paese è un laboratorio in cui si cerca di abituare la gente a subire il controllo digitale (delegato anche ai gestori di locali pubblici, chiamati a fare gli sbirri o i confidenti e le spie) nel profondo della quotidianità. L’obbligatorietà che dovrebbe scattare dal 15 ottobre, caldeggiata da Confindustria, è anche un’arma messa in mano ai padroni per discriminare e mettere fuori dalla produzione i più riottosi, i dissidenti, gli irriducibili. Una perfetta sintonia fra governo e padronato.

Non ha niente di sanitario questo passaporto, perché, paradossalmente, un non vaccinato che accede ad un locale pubblico, sottoposto a tampone il giorno prima, offre più garanzie di non infettare rispetto a una persona munita di green pass da qualche mese, che potrebbe essere contagiata e contagiare (magari in maniera lieve, come ci dicono). Non ha niente di sanitario perché allora ci dovrebbero spiegare come mai ci sono università, vedi Ferrara, dove, nonostante il green pass obbligatorio per tutti, si continuano le lezioni a distanza. E perché le messe ne sono esentate; solo per fare alcuni esempi.

All’estero, dove questa misura è pressoché inesistente, fatta eccezione per la Francia, sono stati più espliciti nella lettura della situazione italiana: il quotidiano madrileno El Pais il 16 settembre ha titolato: “Italia se convierte en el primer paìs occidental en imponer la vacunaciòn a todos los trabajadores”. Senza troppi giri di parole e ipocrisie, si legge il passaporto sanitario come l’imposizione della vaccinazione obbligatoria. Il governo non vuole imporre il vaccino obbligatorio (dovendosi assumere le responsabilità di eventuali conseguenze sulla salute dei vaccinati), e aggira mafiosamente la questione imponendo il green pass, pena sanzioni, sospensioni, perdita del salario, limitazioni alla vita sociale.

È chiaro che le due questioni, vaccini e green pass, sono legate, ma se sui primi va sostenuta la libertà di scelta, il secondo diventa inaccettabile al 100%: uno strumento di mero controllo sociale che lede non tanto la libertà borghese, come qualcuno ancora si ostina a dichiarare, ma la libertà tout court delle persone. Tramite un ricatto, s’impone alle persone di mettersi “in regola”, quale passaggio pseudo-emergenzialista cui seguiranno altri passaggi sempre più stringenti: riconoscimento facciale, caccia all’untore, premi per i più obbedienti; elementi tipici di uno Stato di polizia. Tutto ciò non è fine a se stesso, ma propedeutico al governo delle crisi dei prossimi anni, che vedranno nuovi e più pesanti attacchi alle condizioni delle classi lavoratrici e medie per favorire multinazionali, gruppi finanziari e caste politiche e militari.

Non accorgersi di questo; o peggio, cascare nella trappola che questi provvedimenti siano fatti a protezione della salute delle persone, è veramente un fatto grave. Altrettanto grave è lasciare che a strumentalizzare questi argomenti siano servi loschi del sistema come Salvini, Meloni e l’accozzaglia di canagliume che gli ronza attorno, oppure la platea di complottisti da strapazzo che occupa la scena dei social, con stronzate tipo la dittatura sanitaria: è il modo di produzione capitalistico, è la dittatura del capitale, da mettere sotto accusa.

Siamo davanti ad un passaggio cruciale del matrimonio tra Stato, Capitale e alta tecnologia, alla realizzazione del sogno dispotico di ogni autorità: avere il controllo totale dei subalterni, a qualsiasi costo e con ogni mezzo. Una vicenda che caratterizza la storia dell’umanità e dello sforzo degli oppressi di liberarsi dagli sfruttatori d’ogni tipo. In tale contesto il nostro posto è stato sempre dalla parte degli oppressi, contro Stati, Dei, Padroni e le loro dittature più o meno mascherate. E oggi è quello di stare a fianco a chi si sta opponendo a questa deriva totalitaria, che ci riguarda tutti.


sabato 9 ottobre 2021

Punk

Mi interessa tutto ciò che è rivolta, disordine, caos, in modo particolare le azioni apparente­mente prive di significato. Mi sembra di stare sulla strada che porta alla libertà.

(Jim Morrison dei Doors)

 

Nella lingua inglese del XV secolo punk significa puttana. In seguito, durante il proibizionismo, la parola entrò a far parte del gergo della malavita con il significato di bandito di mezza tacca, di teppistello senza avvenire. Nel pop viene utilizzato per indicare uno stile molto primitivo e violento, il contrario della musica sofisticata e cerebrale di quegli anni.

Tra l'autunno del 1976 e l'estate del 1977, una musica particolare, uno stile sottoculturale molto vistoso e una crisi nazionale sempre più incalzante sembrarono per un momento fondersi insieme. Il punk fece irruzione in una Londra colta di sorpresa e acquistò ben presto quei sinistri connotati che ne fecero un nuovo spauracchio popolare, una dimostra­zione drammatica del preoccupante aggravarsi dello stato di malessere in cui versava la Gran Bretagna. Molti vedevano nel punk un fenomeno fin troppo ovvio, altri cercavano di scoprire in esso un senso politico al di là dei simboli violenti e provocatori che circondavano quella sottocultura, e si domandavano se fosse un fenomeno fascista o anarchico.

Il punk proclamava la necessità di violare il monotono copione quotidiano del senso comune, proponendo una macabra parodia dell'idealismo sul quale si fondava il concetto che affermava non esistere alcun futuro al di là del presente.

Lo stile punk era l'amalgama di tutte le precedenti sottoculture, la sua musica era la somma di tutti i rumori giovanili ribelli.

Fu anche per l'Italia una vera rinascita musicale. Il ritrovato impulso creativo e la vitalità giovanile dei fine Settanta portò ad un continuo proliferare di gruppi rock, ed esplose un underground di notevoli proporzioni, in grado di scardinare l'appiattimento culturale che l'aveva preceduto. Il punk liberò l'energia e l'etica del Do It Yourself fece il resto: pur nella quasi assoluta mancanza di circuiti e strumenti di propaganda e di informazione precostituiti, nascono le prime etichette indipendenti, proliferano le fanzine e si affacciano nelle edicole i primi mensili specializzati.

La cultura alternativa punk esprime concetti e progetti pratici. Combatte per mostrare verità o teorie proprie. Paranoia, rabbia, eccesso servono a combattere i propri antagonisti sociali. Il punk si scaglia contro, sprigionando la più forte e incisiva passione in ogni cosa, atto, fatto, rischiando spesso o sempre un distacco folle dalla realtà e dal ritmo che questa impone. In questo contesto, ogni attimo può sempre, con follia, contribuire alla costruzione di un progetto di vita. In questa ribellione vi è l'affermazione confusa di una libertà totale. L'affermazione del furore di vivere, contro una noia quotidiana imposta. Un rifiuto puro al vecchio mondo che ripropone costantemente lo stesso tempo, un rifiuto nichilista, un superamento totale di ogni dinamica imposta.

Nichilismo, situazionismo, ironia arrivarono puntualissimi insieme all'estetica, al chiodo ormai simbolo di ribellione, tempestato di spillette, di borchie, di toppe.

I Punk hanno stravolto con un impeto violentissimo, da cani sciolti, la scena cittadina mandando in tilt le città. Dalle ceneri dei movimenti armati, ai primi spazi sociali, ma in modo totalmente anarchico, senza pastoie, senza guardare a ciò che c'era intorno. La scena musicale italiana si è creata da sola e ha sfornato disco dopo disco buona parte del punk italiano e non solo.

 

Il punk e l'hardcore, erano "virus" che si diffondevano, e bastava un disco, una scritta sul giubbotto, una camicia, uno sguardo, una maglietta o una frase. Roba nostra, in qualche modo stavamo da questa parte di una barricata, ché dall'altra c'era tutto un mondo da fare schifo. E alla fine non c'era da stupirsi che fossimo istintivamente, visceralmente o superficialmente anarchici. Ribelli...

giovedì 7 ottobre 2021

Lo spirito anarchico

 

«Per spirito anarchico intendo quel sentimento largamente umano che aspira al bene di tutti, alla libertà ed alla giustizia per tutti, alla solidarietà ed all'amore fra tutti».

Detto in altri termini, l'anarchismo è prima di tutto un' etica che va al di là di ogni spiegazione razionale perché «è nato dalla rivolta morale contro le ingiustizie sociali». In quanto aspirazione umana verso la libertà universale, si pone oltre la necessità naturale, come ogni altra necessità storica o scientifica. L'anarchia infatti è una costruzione culturale e il concetto di libertà ne è la massima espressione, nel senso che testimonia la valenza tutta precaria e volontaria di tale conquista: «la libertà non si conquista e non si conserva se non attraverso lotte faticose e sacrifici crudeli, la libertà piena e completa è certamente la conquista essenziale, perché è la consacrazione della dignità umana».

In questo concetto di libertà come conquista, Malatesta rivela una visione dicotomica tra natura e cultura. La natura non è un luogo di armonia, bensì per molti versi un elemento ostile all'uomo, per cui questi è tanto più libero quanto più riesce a piegare le avversità esterne che lo circondano. Tale idea rivela il senso perfettamente anarchico della libertà come termine ultimo della storia. Infatti, l'uomo liberato dal principio di autorità, cioè l'uomo anarchico, «sta al culmine, non all'origine dell' evoluzione umana».

«Tutta la vita specificamente umana è lotta contro la natura esteriore, ed ogni progresso è adattamento, è superamento di una legge naturale.

Il concetto della libertà per tutti, che implica necessariamente il precetto che la libertà dell'uno è limitata dalla eguale libertà dell'altro, è concetto umano; è conquista, è vittoria, forse la più importante di tutte, dell'umanità contro la natura».

sabato 2 ottobre 2021

Elezioni amministrative di ottobre? Votare non serve, astenersi non basta, solo la lotta paga!

L’ennesima passerella elettorale è in corso. Decine di candidat* con i visi sorridenti appaiono su migliaia di giganti manifesti elettorali, tutti pagati con le nostre tasse, attraverso i cosiddetti “rimborsi elettorali”. Dopo le elezioni, come sempre, ogni promessa sarà dimenticata e la delega data con il voto verrà̀ usata dai partiti, di destra o di sinistra senza distinzione, per far valere gli interessi dei più̀ forti: finanzieri, palazzinari, avidi costruttori e imprenditori d’assalto.

TorinoRoma, Napoli, Milano, Bologna e Trieste, le maggiori metropoli dove si vota per il consiglio comunale, sono città dove diminuisce l’ossigeno e crescono inquinamento, cemento e consumo di suolo: piazze e parchi lasciano il posto all’asfalto e ai centri commerciali, e quei pochi alberi secolari che ci rimangono vengono abbattuti e sostituiti da “stuzzicadenti” che diverranno veri alberi in grado di produrre ossigeno solo tra 30 anni. Città in cui il diritto alla salute è diventato un lusso e la sanità è quasi del tutto in mano ai privati, con i risultati che sappiamo con la pandemia in corso.

Abitiamo in città̀ dove il prezzo per l’affitto di un posto letto in una stanza condivisa supera i 300 euro e dove un piccolo monolocale va oltre i 500, ed i prezzi per gli acquisti sono irraggiungibili per chi lavora. Città dove gli sfratti di intere famiglie non si sono mai fermati, nemmeno durante l’emergenza sanitaria, mentre ci sono centinaia di migliaia di appartamenti che restano vuoti per anni o decenni; continua imperterrito il processo di espulsione dei ceti popolari sempre più̀ verso le periferie e l’hinterland, mentre crescono i grattacieli e si regalano interi quartieri alla speculazione sostenuta dai fondi sovrani di chissà quali provenienze.

La giunta uscente dell'Appendino (Torino), contrariamente alle promesse, si è posta in continuità rispetto a queste politiche volte a favorire la cementificazione della città, alle quali si aggiunge una sempre più pericolosa contrazione dei servizi alla persona, dovuta alla costante diminuzione dei fondi destinati ai servizi pubblici e sociali.

Intanto gli spazi sociali autogestiti vengono demonizzati dai media e chiusi alla prima occasione "colpevoli" di aver creato luoghi impermeabili alla logica del profitto mentre nella città continuano e crescono l’esclusione sociale e la repressione

Ma c’è anche una parte di città che non si piega e resiste a tutto questo, lottando per il diritto alla casa, per la protezione del verde, per la sicurezza sul lavoro e per i diritti di lavoratori e lavoratrici, per la libertà delle persone migranti, convinti che un mondo nuovo potrà nascere solo dalle lotte di tutti i giorni, dall’autogestione sociale dove i beni comuni siano realmente autogestiti da chi vive sul territorio senza il bisogno di delegare la gestione dei nostri quartieri e delle nostre vite agli ambiziosi politici di turno. A quanti s’illudono ancora e pensano sia possibile cambiare qualcosa di questo sistema attraverso il voto – un sistema che si proclama rappresentativo della società mentre nei fatti dimostra di essere rappresentativo solo degli interessi dei potenti e dei ricchi – ricordiamo che accettare le regole e le compatibilità che ci impongono sul piano elettorale ed istituzionale significa essere fagocitat* ed aver perso in partenza su tutti i terreni, anche su quelli dove sarebbe stato possibile vincere.