..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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lunedì 24 aprile 2023

Gli anarchici e il potere

La rivoluzione spagnola trascende i suoi confini spazio-temporali perché si pone come quell’esperienza che ha riassunto e concretizzato tutti i maggiori problemi, teorici e ideologici, tattici e strategici, maturati dal movimento operaio e socialista fin dalla Prima Internazionale: il rapporto tra avanguardia rivoluzionaria e masse popolari, fra movimento specifico e organizzazione sindacale, le alleanze militari e politiche fra forze autoritarie e libertarie, le implicazioni e la verifica della reale portata dell’internazionalismo, la dimensione creativa e pluralistica dell’autogestione sono tutte questioni infatti che si trovano per intero nel particolare avvenimento iberico e che come tali gli conferiscono una valenza interpretativa generale. Essa rende evidente questa valenza «transitoria» che rappresenta, in una dimensione tragica e titanica, l’universalità dei problemi rivoluzionari di ogni ordine e grado. In modo particolare è possibile rilevare il problematico intreccio fra gli elementi ideologici propri all’anarchismo e quelli specifici della sua versione spagnola perché questa, esprimendosi a livello di massa, mette in luce una situazione del tutto nuova e complessa. Contemporaneamente allo sviluppo quantitativo dell’anarchismo (diffusione ed estensione della CNT-FAI, aumento vertiginoso dei suoi aderenti), assistiamo paradossalmente ad un immiserimento qualitativo dei suoi caratteri peculiari, delle sue tendenze e delle sue aspirazioni ideologiche. In altri termini, mano a mano che le organizzazioni anarchiche crescono e si estendono durante il periodo rivoluzionario, si restringono –quasi proporzionalmente – i valori etici e scientifici del patrimonio ideologico libertario. Questo progressivo abbandono degli insegnamenti teorici pone in risalto la specificità storica dell’esperienza spagnola, che si evidenzia, appunto, in questa contraddittorietà: da un lato la diffusione e l’estensione quantitativa delle organizzazioni storiche, dall’altro la riduzione qualitativa del sapere e dei valori rivoluzionari.

La partecipazione al governo o la resa di fronte alle manovre controrivoluzionarie dei comunisti nelle giornate di maggio del ’37 a Barcellona non rappresentano che gli esempi più clamorosi, perché più noti, di tale incongruenza che di fatto si risolve nella generale condotta suicida delle organizzazioni CNT-FAI rispetto alle possibilità operative aperte dalla forza storica del movimento anarchico iberico. Questo venir meno dei presupposti ideologici è dovuto all’accettazione della falsa dicotomia strategica fra guerra e rivoluzione, fra fronte popolare e autonomia libertaria, fra antifascismo e antiautoritarismo. L’aver praticato progressivamente tutti i primi termini di questo dilemma (guerra, fronte popolare, antifascismo) a scapito dei secondi (rivoluzione, autonomia libertaria, antiautoritarismo), l’aver accettato l’immediata realtà storica e non aver invece esplorato la realtà possibile del progetto anarchico ha portato l’anarchismo spagnolo alla contraddizione di se stesso. Va detto però che contemporaneamente a tale incongruenza l’anarchismo esprime anche una diversa realtà. A riaffermare infatti i suoi principi rimangono le migliaia di anonimi militanti che, al fronte come nelle collettività, tentano di creare, fra enormi difficoltà tecniche e materiali, fra il sistematico sabotaggio dei controrivoluzionari comunisti, l’attacco nazi-fascista e il tradimento della sinistra legalitaria – tutte forze obiettivamente confluenti – la più grande realizzazione politica e sociale del riscatto umano. In tutti i casi, la contrapposizione all’interno del movimento anarchico spagnolo dei due momenti, quello dell’accettazione dei tempi storici e quello opposto di praticare fino in fondo quelli rivoluzionari, l’obiettiva frattura fra «dirigenze anarchiche » e masse popolari o, in termini più precisi, fra gli ambiti e le strutture organizzative della CNT-FAI e l’autonomia e la creatività libertarie, rende evidente la generale contraddizione che caratterizza l’esperienza del 1936-39, investendo l’analisi anarchica del rapporto fra politica e potere. Si sa infatti che per l’anarchismo queste due dimensioni sono equivalenti perché vengono identificate in uno stesso agire, precisamente nei moventi e negli esiti del principio di autorità. Esse si risolvono nel medesimo modo, quando tale principio è posto sul piano dell’effettività storica. Detto in altra maniera: la politica è la fenomenologia del potere, di cui lo Stato rappresenta l’espressione storicamente più compiuta perché ne esprime al tempo stesso la forma simbolica e la valenza reale. Le esperienze rivoluzionarie sembravano confermare, fino alla soglia della rivoluzione spagnola, questo assunto della sostanziale identificazione tra politica e potere, questo schematismo logico di spiegazione della azione sociale diretta a fini coercitivi. Si può insomma dire che, se non vi è stata una convincente aderenza alla tesi del modello euristico, non vi è stata neppure una decisiva smentita alle sue prerogative ideologiche: ogni qual volta il moto rivoluzionario aveva imboccato –non importa sotto quali spoglie – la via della ricomposizione del principio di autorità, la sua dimensione emancipatoria si era affossata entro i canali del tutto prevedibili della logica istituzionale e razionalizzatrice dell’esistente.

Ebbene, il caso spagnolo ha posto in discussione tale teorema anarchico, evidenziandone la sua mera radice ideologica. Lo svolgimento storico che va dal 19 luglio 1936 al 7 maggio 1937 segna in Catalogna, cioè nella regione in cui gli anarchici furono la forza maggioritaria del moto emancipatore, una svolta epocale. Esso chiude il ciclo del protagonismo operaio e socialista di segno rivoluzionario, mettendo fine in Europa all’età delle rivoluzioni popolari, anzi, per meglio dire, alla prima e ultima rivoluzione proletaria dell’Occidente europeo. Contemporaneamente, apre un’altra fase storica la quale si trova segnata da una latente ambivalenza. In essa permangono due tendenze eterogenee: da un lato risulta esaurita la spinta sovversiva del movimento operaio, dall’altra, invece, insiste l’esigenza di una trasformazione radicale della società, anche se non vi è più un esplicito soggetto ad impersonificare l’azione. L’anarchismo in Spagna rende evidente la sostanziale impossibilità di un passaggio non traumatico dalla società del dominio alla società della libertà, ma per far questo deve anche vanificare la credenza, del tutto mitica, di un’univoca modalità trasformatrice che sarebbe data dal protagonismo insostituibile e determinante della forza proletaria. Proprio perché è stato il movimento anarchico ad essere il solo movimento che ha reso rivoluzionario il proletariato, è da allora possibile constatarne l’esauribilità sociale, nello stesso tempo in cui si manifesta, palese, la persistenza «transtorica» dell’istanza universale aperta dai princìpi del 1789. Cioè, le condizioni storiche della rivoluzione socialista vengono meno, ma la domanda di una trasformazione radicale dell’esistente continua a sussistere.


giovedì 14 luglio 2022

14 luglio 1896:nasce Benaventura Durruti

Buenaventura Durruti nasce nella città di Léon in Spagna il 14 luglio 1896. Il padre di Buenaventura è un ferroviere iscritto al sindacato dell'UGT, arrestato nel 1903 per aver partecipato ad uno sciopero sindacale. 

All'età di 21 anni Durruti partecipa allo sciopero generale proclamato dall'UGT (Union general de trabajadores), in cui, a seguito degli scontri con le forze di polizia spagnole, 70 persone vengono uccise, 500 ferite e oltre 2000 arrestate. A causa della partecipazione allo sciopero Durruti perde il lavoro. Renitente alla leva, si sposta in Francia per poi rientrare nel 1920 a Barcellona, dove inizia la sua militanza nel CNT. La polizia spagnola è però sulle sue tracce, e Durruti così è di nuovo costretto a lasciare il paese. Passa gli anni dal 1924 al 1926 fra Cuba, Messico, Cile e Argentina, e sempre nel 1926 viene arrestato a Parigi. Un anno dopo viene scarcerato con l'obbligo di lasciare la Spagna. Vi rientrerà solo nel 1931.

Nel 1936, allo scoppio della guerra civile spagnola, Durruti promuove la creazione del Comitato centrale di Milizie antifasciste della Catalogna, e si mette a capo di alcune migliaia di rivoluzionari antifascisti, formando quella che verrà chiamata Colonna Durruti, capace di ottenere una serie di importanti successi sul piano militare contro le truppe del generale Franco.

Durante la guerra, Durruti cercò in ogni occasione di impedire che si eccedesse nelle violenze. Fece suo "segretario" e collaboratore Jesus Arnal Pena, un prete cattolico che alcuni miliziani intendevano fucilare proprio in quanto prete, anche se nulla aveva a che fare con i fascisti; si rifiutò di colpire indiscriminatamente le popolazioni civili, e impedì ogni volta che gli fu possibile il compimento di "azioni" improvvisate e/o spontanee che avrebbero solo gettato discredito e disaffezione verso la causa rivoluzionaria, come quando a bordo di un aereo in perlustrazione sulla città di Huesca, si oppose al lancio di bombe a mano sui fedeli che stavano uscendo dalla messa. Il non lasciare libero sfogo agli istinti e al desiderio di vendetta dei suoi miliziani, non fu un elemento secondario o esclusivamente "caratteriale" di Durruti, bensì una fra le caratteristiche che già in vita gli valsero il rispetto e l'ammirazione di tutti i sinceri rivoluzionari.

Il 20 novembre 1936, a Madrid, scendendo dall'automobile su cui si trovava, Durruti viene colpito a morte da un proiettile, secondo la versione ufficiale del CNT sparato da un cecchino fascista. Visto il diametro del foro provocato dal proiettile, sorse il sospetto che il colpo fosse stato esploso da molto vicino, facendo sorgere numerose interpretazioni. Qualcuno disse che a sparare furono gli stalinisti, qualcuno che fu un colpo accidentale partito dall'arma di Durruti stesso, qualcuno addirittura che fu ucciso da qualche suo compagno. Qualunque sia la versione corretta, la notizia fu uno shock per tutta la Spagna antifascista. I funerali si tennero a Barcellona il 22 novembre 1936, e vi parteciparono almeno un milione di persone.

Nel suo elogio funebre, lo storico dell'arte e membro della Colonna Durruti Carl Einstein scrisse:

"Durruti, uomo sommamente concreto, non parlava mai di sé, della sua persona. Aveva escluso dalla grammatica il preistorico vocabolo "io". Nella Colonna Durruti si conosce solo la sintassi collettiva. I compagni insegneranno ai letterati a rinnovare la grammatica in senso collettivo. Durruti aveva compreso profondamente la potenza del lavoro anonimo. Anonimato e comunismo sono la stessa cosa. Il compagno Durruti ha operato ad una distanza stellare da ogni vanità delle vedettes di sinistra. Viveva con i compagni, lottava come compagnero. Così ha brillato come un esempio entusiasmante. Noi non avevamo nessun generale, ma la passione della lotta, la profonda dedizione verso la maggior causa, la rivoluzione, scorrevano dai suoi benevoli occhi nei nostri e i nostri cuori erano una cosa sola col suo che per noi continua a battersi sui monti. Sempre sentiremo la sua voce. Adelante, adelante. Durruti non era un generale, era il nostro compagno".

mercoledì 30 settembre 2020

Spagna ’36 di Carlo Rosselli

"Al termine di un immenso viale lussuoso e deserto, addossata alle colline che fanno da corona al Tibidabo, ecco Pedralbes, la grande caserma di fanteria di Barcellona. Da Pedralbes partì, il 19 luglio, la rivolta. Ma i soldati non ubbidirono e gli ufficiali sopravvissuti furono trasportati sull’Uruguay, prigione navigante. Oggi Predalbes è il centro di formazione delle milizie popolari, delle colonne anarchiche Ascaso, Aguiluchos, Rojo y Negro. Durruti è già partito. Sperava di entrare a Saragozza prima che la resistenza si organizzasse. Invece i primi reparti, attaccati sulla strada dall’aviazione, dovettero fermarsi. Non ha nulla della caserma, Predalbes, benché sia una caserma modello. È un immenso castello rococò, diviso in vari edifici e torrioni, che fa pensare a uno scenario di cartone e stucco.

Sarebbe orrendo, se non si adagiasse su questi colli, immerso nel sole allucinante e nell’azzurro mediterraneo.

Il terrazzo ed il portico d’ingresso brulicano di gioventù. Per chi sale a Predalbes coi ricordi di una grigia caserma piemontese, è il capogiro, il carnevale, tale è il tumulto di gente che va e viene, senza meta apparente.

Comunione non solo morale ma fisica. Si vive, ci si tocca, ci si urta, ci si sposta in gruppo. La vita del singolo resta inghiottita dalla moltitudine. Ma che vita. Anche lo scalone che a destra porta al comando rigurgita di umanità. Abiti civili, tute marroni, grigie, bleu; guerrieri col fucile, pistolone, pugnale; uomini fatti, ragazzi, miliziane, col fazzoletto rosso e nero al collo, e bandiera della FAI e CNT".

(Tratto dal diario di Carlo Rosselli in data 12 agosto 1936)

 

Carlo Rosselli, classe 1899, rampollo di una facoltosa famiglia ebraica, era scappato dal confino di Lipari nel luglio del ’29; giunto a Parigi aveva fondato il movimento Giustizia e Libertà.

sabato 6 maggio 2017

La breve estate dell'anarchia

Ricordiamo le giornate del maggio 1937 a Barcellona,quando i miliziani anarchici, spalleggiati anche dal POUM combatterono per giorni contro i comunisti di osservanza moscovita del Governo Repubblicano.
Gli scontri si ingenerarono in seguito ai decreti governativi che imponevano lo scioglimento delle milizie non staliniste e alla “presa” della Telefónica (sede del servizio telefonico di Barcellona autogestito dai lavoratori stessi,in maggior parte anarchici) da parte delle forze governative.
Durante questi scontri, numerosi esponenti di spicco del movimento anarchico e del POUM vennero arrestati (tra questi George Orwell, che poi riuscì a sfuggire alla repressione) e uccisi (circa 500), tra cui Camillo Berneri e Francesco Barbieri, anarchici italiani, furono arrestati e assassinati da parte degli stalinisti del Partito Comunista di Spagna. Gli insorti furono alla fine persuasi al compromesso, sostenuto da Juan García Oliver, unico ministro anarchico, (da molti anarchici considerano un traditore) e consegnarono le armi. Segui una tremenda repressione contro gli anarchici.
Il 16 maggio si dimise il governatore Caballero, a cui successe Juan Negrin (un socialista molto vicino agli stalinisti), ma senza ottenere l’appoggio degli anarchici. Iniziò così la persecuzione di tutte le forze antistaliniste.
Il governo Negrín aumentò la propria carica repressiva costituendo il SIM (Servizio d'Investigazione Militare) che diventerà un prezioso strumento repressivo in mano agli staliniani e ai loro sicari. Il 10 agosto lo stesso governo emanò l'ordine di scioglimento del Consiglio d'Aragona, una sorta di governo autonomo regionale a prevalenza libertaria, aumentando considerevolmente la repressione sulle collettività rurali aragonesi attraverso le truppe guidate dal generale comunista Enrique Lister (moltissimi anarchici furono arrestati e molte proprietà espropriate furono restituite agli antichi proprietari).
La vera rivoluzione sociale e popolare ormai era stata quasi del tutto seppellita,ma gli scontri continuarono e in Catalogna si registrarono scontri armati (aprile 1938) tra anarchici e socialisti filostaliniani. Il 26 gennaio 1939 anche Barcellona dovette capitolare di fronte ai franchisti. Il governo Negrin fu ben attento a salvare se stesso, aumentando la repressione sui libertari che si ribellarono agli ennesimi soprusi stalinisti. Juan Negrin e vari dirigenti filostalinisti, che ormai avevano perso quel poco di “prestigio” che gli era rimasto, furono costretti a fuggire, ma ormai il destino della Repubblica era segnato.
Durante la rivoluzione spagnola la resistenza popolare antifranchista si autorganizzò militarmente in unità chiamate "Colonne". Tra quelle anarchiche si distinse per l'importanza la Colonna Durruti, formata da circa 3000 militanti coordinati dalla figura carismatica di Buenaventura Durruti, uno degli esponenti di spicco dell'anarchismp spagnolo. In detta Colonna,va ricordata una figura femminile di gran carisma e peso ovvero Simone Weil.
La Weil considera l'ideologia anarchica superiore a quella socialista per la sua ricerca della libertà del singolo, a livello individuale pertanto, non solo in un contesto sociale determinato. Diviene pertanto comprensibile la scelta della Weil di arruolarsi come miliziana nella Colonna Durruti. Non per niente il suo pensiero è di vigorosa critica verso tutte le espressioni di potere organizzato, che tendono inevitabilmente a non prendere in considerazione i bisogni del singolo.

giovedì 4 maggio 2017

Giovedì 5 maggio 1937. Ricordiamola questa data.

Camillo Berneri viene ucciso insieme al compagno di lotta Francesco Barbieri, il 5 maggio 1937, dagli agenti della ceka, un commando composto da comunisti italiani e spagnoli.
Verso le 6 del pomeriggio un gruppo di "mozos de escuadra" e di "bracciali rossi" del PSUC irrompe nel portone numero 3. Li comanda un poliziotto in borghese; in tutto, saranno una dozzina. Salgono gli scalini di marmo che portano al primo piano e bussano alla porta di Berneri. Ad aprire è Francisco Barbieri, 42 anni, anarchico di origine calabrese. Nell'appartamento, oltre Berneri, c'è la compagna di Barbieri e una miliziana. Il poliziotto in borghese intima ai due anarchici a seguirlo.
“E per quale motivo?”
”Vi arrestiamo come controrivoluzionari.”
Barbieri è paonazzo. ”In vent'anni di milizia anarchica” dice ”è la prima volta che mi viene rivolto questo insulto.”
“Appunto in quanto anarchici, siete controrivoluzionari.
“Il suo nome?“ fa Barbieri irritato “Gliene chiederò conto presto.
Il poliziotto rovescia il bavero della giacca e mostra una targhetta metallica con il numero 1109. I due anarchici vengono portati via, mentre la compagna di Barbieri chiede invano di poterli seguire. Ma il viaggio è breve, di quelli che non ammettono testimoni. Berneri è gettato a terra in ginocchio e con le braccia alzate, e da dietro gli sparano a bruciapelo alla spalla destra. Un altro colpo alla nuca, lo finisce. Barbieri segue la stessa sorte, ma il lavoro è meno pulito, gli assassini sprecano più colpi. Più tardi, verso sera, i cadaveri vengono abbandonati nel centro della città.
L'elenco dei nostri morti è lungo. Ma molto più terribile è morire soli, per mano di coloro che si chiamano socialisti o comunisti. Morì per le mani di "marxisti-leninisti-stalinisti", mentre i suoi più cari amici, la Montseny, Garcia Oliver, Peirô, Vasquez stavano consegnando il proletariato di Barcellona ai suoi esecutori.

Giovedì 5 maggio 1937. Ricordiamola questa data.

domenica 14 agosto 2016

La guerra civile spagnola

Nel febbraio 1936 il Fronte Popolare (le sinistre unite) vince le elezioni, sconfiggendo la destra, ed in Spagna si intensificano le agitazioni popolari; i fittavoli cessano di pagare gli affitti, i braccianti occupano e lavorano la terre, i ferrovieri scendono in massa in sciopero. I capi militari capiscono che la vittoria delle sinistre non può soddisfare le attese del popolo spagnolo, che in buona parte punta non ad un semplice cambiamento di governo, ma ad una profonda rivoluzione sociale. Oltre mezzo secolo di propaganda e di lotte anarchiche ed anarco-sindacaliste hanno lasciato un segno profondo nella vita politica spagnola e l’influenza fra gli sfruttati della Confederacion Nacional del Trabajo (C.N.T.), la grande organizzazione anarco-sindacalista, è estesa in tutta la Spagna e soprattutto in Catalogna. Nel luglio 1936 a questi prodromi di rivoluzione, i capi militari, sotto il comando del colonnello Francisco Franco, rispondono con un colpo di stato. La risposta spontanea del popolo spagnolo è immediata. Ad eccezione di Siviglia, nelle maggior parte delle grandi città, a Madrid, a Barcellona, a Valenza soprattutto, il popolo prende l’offensiva, assedia le caserme, erige barricate nelle vie, occupa i punti strategici. Il golpe militare viene così sconfitto sul nascere in oltre metà della Spagna. In molte località l’autogestione contadina ed operaia prende corpo immediatamente, sostituisce le “autorità ufficiali” e coordina la vita sociale e la lotta antifranchista. Onnipresente l’organizzazione della C.N.T. che ispirava e collegava dovunque i diversi comitati di base. La caratteristica più notevole della Rivoluzione Spagnola fu proprio la grande diffusione raggiunta dagli esperimenti e dalle realizzazioni dell’autogestione, tanto nei piccoli villaggi di campagna quanto nei grossi centri industriali come Barcellona.  Per più di quattro mesi le industrie di Barcellona, su cui sventolava la bandiera rosso-nera della C.N.T., furono gestite dai lavoratori raggruppati in comitati rivoluzionari, senza aiuto o interferenza dallo stato, prima che il governo, riorganizzatosi, cominciasse ad occuparsene. Anche la rete dei trasporti pubblici venne autogestita dai lavoratori, in maggioranza aderenti alla C.N.T.. Dopo lo slancio dei primi mesi, però, la rivoluzione si fermò o retrocedette, in proporzione inversa con il rafforzamento del governo repubblicano di coalizione antifascista, via via sempre più dominato dal P.C., che andava acquistando maggiore consistenza e potere, grazie alla sua politica moderata (che attirava nelle sue file bottegai, i piccoli e medi proprietari, i professionisti, i burocrati) ed gli aiuti russi.
Lo scontro fra il moderatismo e la logica di potere dei comunisti da un lato e la rivoluzione libertaria degli anarchici dall’altro, era facilmente prevedibile. Nonostante la volontà degli anarchici di evitare fratture nel fronte antifascista, le provocazioni dei comunisti e dei loro alleati piccolo borghesi (ad esempio il generale comunista Lister si diede a devastare con le sue truppe le collettività agricole libertarie dell’Aragona; a Barcellona la polizia controllata dai comunisti assaltò la sede dei telefoni autogestita dalla C.N.T.; agenti della polizia segreta comunista assassinarono l’anarchico italiano Camillo Berneri.) condussero necessariamente a scontri sempre più aperti e violenti. La situazione militare, da posizioni iniziali (luglio 36) di quasi equilibrio, in termini territoriali, tra fascisti e repubblicani, andò lentamente ma continuamente deteriorandosi e l’avanzata delle truppe di Franco continuò inesorabile, grazie ai massicci aiuti in armi e uomini di Hitler e Mussolini. I paesi baschi caddero nel giugno del 37; l’Aragona nell’aprile del 38; la Catalogna nel gennaio del 39, Madrid nel marzo del 39.


martedì 29 luglio 2014

Mujeres Libres (Donne Libere)


Nel 1936 un gruppo di donne di Madrid e di Barcellona fondarono Mujeres Libres, organizzazione dedicata a liberare le donne dalla «schiavitù dell’ignoranza, schiavitù in quanto donne e schiavitù come lavoratrici». Anche se durò meno di tre anni (le loro attività vennero bruscamente interrotte dalla vittoria delle forze franchiste nel febbraio del 1939), Mujeres Libres mobilitò più di 20.000 donne e sviluppò un vasto programma di attività, finalizzate a sviluppare la capacità di azione individuale ed allo stesso tempo a costruire un senso di appartenenza comunitaria. Mujeres Libres riteneva che il pieno sviluppo dell’individualità delle donne dipendesse dalla crescita di un forte sentimento di unione con gli altri.
Azucena Fernández era nata a Cuba nel 1916, figlia di genitori spagnoli esiliati che rientrando in Spagna dall’esilio nel 1920 la portarono con loro. Azucena ed i suoi sei fratelli e sorelle si erano «nutriti di anarchia…, con il latte di nostra madre». Enriqueta Fernández nata a Cuba, nel 1915. Nella loro casa era usuale vedere militanti anarchici entrare ed uscire quotidianamente e «l’ideale» era una componente normale della conversazione.
Enriqueta, Azucena ed i loro fratelli e sorelle impararono in fretta che essere parte di una comunità significava essere disposte a prendersi cura degli altri e a dedicare anima e corpo ad una causa comune. La partecipazione dei bambini ai gruppi ed alle attività organizzate dal movimento libertario approfondì l’impegno e lo convertì in un punto importante delle loro vite. La comunità dava loro la forza per affrontare sia le derisioni dei loro vicini che lo scetticismo dei loro stessi genitori sull’opportunità di far andare le ragazze in giro con i ragazzi.
A quei tempi eravamo le puttane, le pazze, perché guardavamo avanti. Ricordo la morte di mio padre, che per me fu molto dolorosa…. Mia madre mi disse: «Piccola, papà non voleva fiori, ma sono io che voglio per lui un mazzo di rose. Portane anche solo una dozzina, per tuo padre.» Andai dalla fioraia e questa mi disse: «Tuo padre è morto e tu vieni qua?» «Che cosa c’entra il mio dolore con il fatto che sono venuta qui? – le dissi – Credi che non provo del dolore per la morte di mio padre?» «Ma non dovresti esserci tu qui, piccola. Avrebbe dovuto venire Juan a cercare i fiori. E poi non porti il lutto.» «No – le risposi – il dolore lo porto dentro, non lo indosso».
Pepita Carpena,  era nata a Barcellona verso la fine del 1919. Venne per la prima volta a contatto con «l’idea» nel 1933 grazie ad alcuni sindacalisti anarchici che assistevano alle riunioni dei giovani nella speranza di mettersi in contatto con possibili nuovi membri.
I compagni della CNT, per fare propaganda, dato che la gente non andava ai sindacati perché era un’epoca di clandestinità, andavano ai balli e dicevano agli uomini, mai alle ragazze: «Dove lavorate? Sapete che c’è un sindacato?» Questi compagni, membri della CNT, dicevano anche: «Il tal giorno c’è un’assemblea». E siccome mi sono sempre trovata meglio con gli uomini che con le donne, andai con loro. E fu lì dove iniziai a capire che cosa era la CNT.
 L’organizzazione anarchica Mujeres Libres e le comuniste dissidenti riconoscevano la specificità dell’oppressione femminile e la necessità di una lotta autonoma per superarla. Le organizzazioni femminili tracciarono il cammino verso l’emancipazione delle donne, attraverso l’educazione, la partecipazione politica, il diritto al lavoro, e il riconoscimento del loro valore sociale. Una delle priorità delle organizzazioni femminili fu quello di risolvere il dilemma della prostituzione e dei rapporti personali, e di conseguenza elaborarono una riforma sessuale che prevedeva l’aborto, il divorzio, e l’assistenza medica sanitaria gratuita. Nella rivoluzione spagnola venne affrontato un nodo centrale della modernità: l’emancipazione o/e la liberazione delle donne è un mezzo per raggiungere l’emancipazione generale dell’essere umano.