La mattina del 7 giugno il maltempo
impedì ad Ancona la parata militare. Verso le 8 le truppe si erano concentrate
nella piazza Cavour sotto un cielo livido e quando il comandante del VII corpo
di armata, il generale Barattieri, si apprestava a passare in rivista i
reparti, un nuovo violento acquazzone costrinse a sospendere la manifestazione.
Le truppe furono ricondotte in caserma anche perché l’acqua aveva disperso il
pubblico. La contemporanea manifestazione antimilitarista vietata dal prefetto
prevedeva, secondo il programma originario, l’assembramento davanti alla Casa
del Proletariato in Via Nazionale e quindi un corteo sino alla piazza del
Plebiscito ove avrebbe dovuto svolgersi un comizio ma verso le 9,30 Malatesta
ed altri furono fermati e condotti in questura. Appena si sparse la notizia un
vivo fermento si diffuse fra coloro che già erano convenuti alla Casa del
Proletariato ma Malatesta già posto in libertà dopo una severa diffida fece
inaspettatamente il suo ingresso nei locali dove l’assemblea aveva indetto per
il pomeriggio alle ore 17,00 nella sede repubblicana di Via Torrioni, la
cosiddetta Villa Rossa, un comizio privato che gli eventi della mattina non
avevano consentito si svolgesse all’aperto. La questura emanò immediatamente un
ordine di servizio per impedire che al termine del comizio i partecipanti si
riversassero nella sottostante Piazza Roma ove doveva essere tenuto un concerto
della Banda del Buon Pastore e successivamente della Banda Militare.
All’ora stabilita
in circa 500 convennero alla Villa Rossa dove parlarono Alfredo Pedrini per la
Lega dei Muratori e della Camera del Lavoro di Ancona, Pietro Nenni direttore
del Lucifero, Errico Malatesta, Ercole per i socialisti, Sigilberto Pelizza per
la Camera del Lavoro e Livio Ciardi per i ferrovieri. Alla 18,35 tutto era
concluso e gli intervenuti cominciarono a defluire alla spicciolata dalla Villa
Rossa. In circa 200 formarono una colonna che cantando rese manifesto il
proposito di recarsi in Piazza Roma trovando però la via bloccata da quattro
file di carabinieri mentre più su, in via Ad Alto una ventina di questurini
sbarravano il passo per l’unico altro accesso che avrebbe consentito di
raggiungere piazza Roma. A questo punto l’ordine impartito dalla questura di
bloccare il corteo provocò lo sbandamento dei partecipanti racchiusi in un
budello quale era la salita stretta e ripida. I dimostranti respinti dai
carabinieri ma non intenzionati a disperdersi per la campagna circostante
furono costretti in un moto istintivo e spontaneo a converge sull’unica piccola
porta di ingresso della Villa Rossa attorno alla quale si posizionarono anche i
militari che presidiavano via Ad Alto. Accadde tutto in un attimo: carabinieri
e questurini furono investiti da una pioggia di mattoni, sassi e zuppi di terra
mentre dalla terrazza della Villa stava per essere calato in basso un pesante
barile. Esposti ad una fitta sassaiola e alla vista del barile uno degli agenti
estrasse la rivoltella e sparò quattro colpi in aria mentre i carabinieri
contagiati dai colpi aprirono da sotto il fuoco a raffica. Fuggi fuggi generale
con due corpi rimasti a terra, uccisi: Attilio Ciambrigoni anarchico di 21 anni
e Antonio Casaccia di 24 anni. Gravemente ferito morirà il giorno dopo Nello
Budini, repubblicano di 17 anni.

Sul terreno erano rimasti anche una
decina di feriti. Mentre una atmosfera cupa avvolgeva la città veniva
proclamato lo sciopero generale e, due giorni dopo i funerali dei caduti si
svolsero alla presenza di migliaia e migliaia di partecipanti. Il sogno
dell’insurrezione diventava realtà e avrebbe avvolto mezza Italia con punte
significanti nella città di Fabriano e nel Ravennate. Sciopero generale a Roma,
Milano, Firenze, Napoli, Torino …