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martedì 17 aprile 2018

La consapevolezza individuale


La procedura per la costruzione di una società giusta e pacifica passa attraverso una consapevolezza individuale che dovrebbe ormai essere storicizzata da un pezzo: i governi, gli Stati e la Chiesa sono organismi distruttivi e sovrastrutturali. A partire da questo dato, che già oltre 200 anni fa si attestava come una certezza inconfutabile (poi dichiarata apertamente anche alla Prima Internazionale), è doveroso considerare la prospettiva di un cambiamento reale a partire dalle nostre coscienze e quelle dei nostri figli.
Se l'esperienza storica ci insegna che prima della nascita degli Stati le società non conoscevano guerre e ingiustizie sociali, è proprio quella dimensione a-statale che bisogna riconsiderare, oggi più di ieri. D'altra parte, già nel XIX secolo gli intellettuali avevano lanciato l'allarme, prefigurando ciò che sarebbe successo. Ed è successo. Ci siamo dentro, e non ne usciremo se non nel modo indicato proprio da quei grandi pensatori, filosofi, politci, antropologi... (John Ruskin, Pierre-Joseph Proudhon, Lev Tolstoj, Giovanni Pascoli, Michael Bakunin, Pëtr Kropotkin, Emile Gravelle, e mille altri). L'antropologia culturale, da par suo, ma anche gli studi di Erich Fromm, hanno contribuito a far capire che la natura umana è cooperativa -non già malvagia- e che questo istinto alla cooperazione è visibile in tutte quelle società in cui manca uno Stato o un ordinamento a carattere gerarchico. Va da sé che una struttura gerarchica, com'è invece quella statale, non può far altro che produrre ingiustizie, privilegi di casta, sudditanze e crimini. Perciò gli intellettuali insistono su questo aspetto, sottolineando che la vera utopia sia credere ancora che la sostituzione dello Stato con un altro Stato (o un governo con un altro) diventi la soluzione. Non è mai avvenuto. Anche la Storia, ormai, denuncia questa enorme illusione.
Il fatto che la centralità dell'individuo sia l'individuo stesso nella sua singolarità e autonomia è un fatto ormai acclarato anche dalla pedagogia più evoluta. La scienza dell'educazione e della formazione non lascia dubbi su chi debba essere un individuo e su cosa non debba mai diventare. E questa pedagogia affonda le sue radici proprio nelle teorie e nelle pratiche anarchiche.
L'anarchia diventa allora motivo di rilancio di un modello sociale equo, giusto, pacifico, dove ogni individuo è naturalmente proiettato verso il benessere di se stesso e degli altri, per logica conseguenza, per naturale inclinazione e ordinamento. E' evidente che il modello anarchico, con tutte le sue dinamiche e regole, con tutte le sue particolarità e ricchezze metodologiche, non potrà essere compreso facilmente da coloro che hanno fatto delle sovrastrutture propagandistiche di Stato un credo. Se la costruzione di una società a-statale deve passare attraverso l'eliminazione dei pregiudizi e delle sovrastrutture (distruttive, ma alle quali alcune persone sono davvero molto affezionate), cioè dalla considerazione profonda e sincera di quanto detto e fatto dai grandi pensatori, siamo sempre in tempo per conoscere, senza mai abbandonare l'obiettivo finale che, come già dimostrato ampiamente, è sbagliato definire 'utopia': costruire una nuova umanità dove i nostri figli non conosceranno più ingiustizie.