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venerdì 4 febbraio 2022

Diritto alla pigrizia

 

La pigrizia non è mai esistita se non all'ombra del lavoro. Come una pianta giudicata indegna di cure, non ha conosciuto, senza speranza di crescere, che le terre di nessuno di una civiltà dedita così freneticamente a coltivare la redditività del mondo da non lasciare oggi che rovine, immondizia e deserti. Denunciare il parassitismo della pigrizia, mentre il lavoro si rivela come il peggiore parassita della vita umana, entra bene nel cinismo di un'epoca risoluta ad identificarsi del tutto con il denaro.

La pigrizia è tanto naturale quanto l'ostinazione con cui ognuno ricerca la soddisfazione dei propri desideri. Ma così come la virtù della fatica ha vocazione di alterare ogni cosa, noi ci avviciniamo all'ozio soltanto nella sua forma snaturata, attraverso un'attività che, distogliendo l'uomo dal piacere di essere se stesso, lo costringe a sfruttarsi, a sfruttare i suoi simili e a trasformare l'abbondanza delle risorse terrestri in valori commerciali che la immiseriscono.

Se la pigrizia - come secoli di morale ce l'hanno cantata in tutte le solfe - è la madre di tutti i vizi, non è proprio perché il lavoro, a cui è indissolubilmente legata, è stato lo smarrimento fondamentale di una società che ha disimparato a vivere?

Il vecchio risentito rimprovero di doversi guadagnare il pane quotidiano con il sudore della propria fronte ha contrapposto per secoli la necessità di sopravvivere al desiderio legittimo di godere armoniosamente di sé, degli altri, del mondo.

È quasi sempre invano che uno sciopero che, soltanto a titolo di interruzione del lavoro, dovrebbe essere una festa, prova a superare la trattativa, il compromesso, il semplice mercanteggiamento che consente il potere, pure intollerabile, che lo sfruttatore si arroga sullo sfruttato. Se la pigrizia vi si organizzasse spontaneamente, non avrebbe queste reticenze spaventate, queste colpe deprimenti, questi comportamenti pusillanimi che fanno il gioco delle burocrazie sindacali e che ridanno loro un'autorità che il loro arcaismo ridicolo ha sfilacciato da decenni.

La pigrizia è piena di immaginazione; i movimenti di sciopero ne sono crudelmente privi.

La vera pigrizia nascerà dall'abolizione del lavoro come dello sfruttamento della natura e dell'uomo sull'uomo. Siamo arrivati a un tale stadio di degrado che l'inclinazione naturale alla pigrizia si è trovata snaturata dall'apprendistato del lavoro e che ci fa ormai - colmo del paradosso - imparare a oziare.

Non vogliamo più che la pigrizia sia il dormitorio della fabbrica universale e del clientelismo. Non vogliamo più un'inoperosità che risponde alla noia del lavoro con il lavoro della noia. Perché la pigrizia perda i ceppi con cui il lavoro della redditività non ha smesso di ostacolarla, bisogna che ritrovi il ciclo naturale della creatività.

La vita è una pigrizia affinata e nell'affinare la propria pigrizia sta tutta l'arte di vivere.