Il 2 gennaio di 10 anni fa è deceduto il compagno Giuseppe Ruzza di Gattinara. Questo blog vuole ricordarlo con la speranza che altri compagni lo ricordino allo stesso modo se non con più forza e con più documentazioni, affinché la memoria di chi ha portato avanti e seminato l’ideale anarchico, non vada persa.
L’attività instancabile di Beppe, iniziò da giovane militando in un gruppo di partigiani quasi esclusivamente anarchici, durante gli anni della resistenza, che si distinsero per la chiarezza delle loro idee nella lotta contro in nazi-fascismo. Finita la guerra operò affinché gli ideali del vero comunismo, quello anarchico, si diffondessero nella Valsesia attraverso la propaganda spicciola del volantinaggio e di un giornale da lui redatto chiamato “L’Agitatore”.
Venne arrestato negli anni ’50 dal regime democristiano, per aver sostenuto un gruppo di fuoriusciti combattenti spagnoli braccati dalla polizia franchista.
Uscito di galera dopo circa sette anni di prigionia, costituì una cassa raccolta fondi per il sostegno dei compagni detenuti; da Valpreda in poi, insieme alla sua compagna Delfina Stefanuto, scomparsa per emorragia celebrale pochi mesi prima di lui (nell’aprile del 2002) mentre in ospedale lo stava assistendo, fu sempre a fianco dei compagni sequestrati dal regime.
Anche fuori dalla Valsesia partecipò attivamente a numerose iniziative. A Vercelli lo ricordiamo per aver subito un’aggressione fascista e una intimidazione da parte di alcuni esponenti dell’allora Partito Comunista che lo accusarono durante una manifestazione del 1° maggio di non c’entrare niente con suddetta commemorazione!
Aprì sedi anarchiche a Gattinara, dove trovarono riferimento anche compagni di varie organizzazioni di estrema sinistra ed ex partigiani della Valsesia. Per questi motivi, durante i così detti anni di piombo, venne nuovamente arrestato per complicità e fiancheggiamento di fantomatiche bande armate. L’accusa contro di lui si sgretolò e dopo pochi mesi tornò libero e riprese la solita attività propagandistica fino al 2001, quando cominciò una sua nuova battaglia, quella contro i danni della vecchiaia e di una vita sofferta che lo arrestarono definitivamente.
Le sua compagna Delfina. fin da bambina, costretta alle parate delle “Piccole italiane”, aveva in odio il fascismo, tanto che a 14 anni entrò in contatto con le formazioni clandestine e ben presto divenne una giovane staffetta, indispensabile per mantenere i contatti e i rifornimenti con i partigiani combattenti che avevano le loro basi sulle alture della Valsesia, della Val d’Ossola e delle numerose posizioni fortificate dei dintorni. In quei frangenti conobbe Giuseppe.
Operaia tessile dopo la Liberazione, ben presto venne fatta oggetto dell’ostracismo padronale perché aveva osato difendere i diritti suoi e delle sue compagne di lavoro. Negli anni 50, dopo l’arresto di Giuseppe, Delfina entrò in contatto con il mondo dei detenuti, con i quali avrebbe continuato un’attiva solidarietà per il resto della sua vita. Con il ritorno alla libertà di Giuseppe, l’attività solidale verso i detenuti si alimentò con le iniziative del Circolo “Scribante” e con la stampa de “L’Agitatore” e ciò non poté mancare di dar fastidio all’ordine costituito. Così, anche lei insieme a Giuseppe, nel 1983 venne arrestata e, pur in assenza di prove che potessero trattenerli in carcere, dovette passare quasi un anno prima che fossero loro concessi gli arresti domiciliari e infine rimessi in libertà.
Per le loro attività, per le loro lotte, per le loro ingiustizie subite, per la loro generosità e per la loro solidarietà, Giuseppe e Delfina continueranno a rimanere nei cuori di tutti i compagni che li hanno conosciuti.