
Stiamo anche assistendo a curiose dispute in merito alla pretesa superiorità del cristianesimo rispetto alle altre religioni. C’è chi lo considera comunque migliore dell’islamismo, di cui viene evidenziato il disprezzo nei confronti delle donne. Eppure, tralasciando il cristiano trattamento riservato alle donne in passato, la rinuncia al piacere dei sensi, contrapposto alla necessità del concepimento, è a tutt’oggi parte integrante del cristianesimo. Le suore, e in particolar modo quelle di clausura, sono anch’esse un simbolo della negazione della donna. Se la donna tenuta rinchiusa e a cui viene imposto il velo desta orrore, la donna picchiata o ammazzata perché troppo disinibita non è forse un fatto diventato quasi normale nella sua quotidianità? Del resto, se spostiamo il discorso alla civiltà nel suo complesso, la donna apprezzata in oriente è quella vestita il più possibile, mentre in occidente è quella svestita il più possibile. Il che ha tutta l’aria di rappresentare i due poli di una medesima umiliazione.
È un fatto: non esistono religioni buone e religioni cattive. La religione, quale che sia, è la negazione dell’intelletto e dei sentimenti più autentici, la repressione dei desideri, la mortificazione della dignità, nonché l’incitamento alla rassegnazione, l’apologia della sottomissione, l’esaltazione della miseria. La religione protegge il potente, benedice il soldato, approva il gendarme, prepara il boia, mentre scomunica e condanna ogni pensiero e ogni gesto ribelle.
Ma non serve a nulla bestemmiare contro i padroni del cielo quando si rivolgono preghiere a quelli sulla terra. Gli uni non possono vivere e prosperare senza gli altri. «Né Dio, né Stato» era e continuerà sempre ad essere una condizione essenziale per la liberazione umana.