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lunedì 26 agosto 2013

I have a dream; il signo di Martin Luther King

Martin Luther King, nato Michael King (Atlanta, 15 gennaio 1929 – Memphis, 4 aprile 1968), è stato un pastore protestante, politico e attivista statunitense, leader dei diritti civili.
Estremamente celebre è rimasto il discorso che Martin Luther King tenne il 28 agosto 1963 durante la marcia per il lavoro e la libertà davanti al Lincoln Memorial di Washington e nel quale pronunciò più volte la fatidica frase "I have a dream" (Io ho un sogno) che sottintendeva la (spasmodica) attesa che egli coltivava, assieme a molte altre persone, perché ogni uomo venisse riconosciuto uguale ad ogni altro, con gli stessi diritti e le stesse prerogative, proprio negli anni in cui - per dirla con le parole di Bob Dylan - i tempi stavano cambiando e solo il vento poteva portare una risposta.

 

28 Agosto 1963:

“Sono felice di unirmi a voi oggi in quella che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra simbolica ci leviamo oggi, firmò la Proclamazione per l' Emancipazione. Questo fondamentale decreto arrivò come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati nelle fiamme di questa raggelante ingiustizia. Arrivó come una gioiosa aurora dopo una lunga notte della loro schiavitú.
Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora dolorosamente paralizzata dai ferri della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro vive su un’isola solitaria di povertà in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.
Cosí siamo venuti qui oggi a denunciare una condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti nella capitale del nostro paese per incassare un assegno. Quando gli artefici della nostra repubblica scrissero le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione d'Indipendenza, stavano firmando una cambiale di cui ogni americano era garante. Questa cambiale era la promessa che tutti gli uomini, sia, l'uomo negro tanto quanto l'uomo bianco, avrebbero avuto garantiti i diritti inalienabili della vita, della libertà, e al perseguimento della felicità.
È ovvio oggi che l'America è venuta meno a questa promessa per quanto riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo sacro obbligo, l'America ha dato alla gente negra un assegno a vuoto; un assegno che è tornato indietro con il timbro fondi insufficienti. Ma noi ci rifiutiamo di credere che la Banca della Giustizia sia fallita. Ci rifiutiamo di credere che non ci siano fondi sufficienti nelle grandi casseforti dell'opportunità di questo paese. E allora siamo venuti a incassare quest'assegno, l'assegno che ci darà a richiesta le ricchezze della libertà e la sicurezza della giustizia. Inoltre siamo venuti in questo luogo sacro per ricordare all'America l'urgenza impetuosa del momento presente. Questo non è il momento di raffreddarsi o prendere i tranquillanti della gradualità. Ora è il momento di realizzare le promesse di Democrazia; ora è il momento di uscire dall'oscura e desolata valle della segregazione verso il cammino illuminato della giustizia razziale; ora è il momento di tirar fuori il nostro paese dalle sabbie mobili dell'ingiustizia razziale sul terreno solido della fraternità; ora è il momento di fare della giustizia una realtà per tutti i figli di Dio. Sarebbe fatale per la nazione passar sopra l'urgenza di questo momento. Quest'estate soffocante per il malcontento legittimo del Negro non terminerà fino a quando non venga un autunno vigoroso di libertà e uguaglianza.
Il 1963 non è una fine, ma un principio. E coloro che speravano che il Negro avesse bisogno di sfogarsi per essere contento, avranno un duro risveglio se il paese ritornerà alla solita situazione. Non ci sarà riposo né tranquillità in America fino a quando al Negro non verranno garantiti i suoi diritti di cittadino. Il turbine della ribellione continuerà a scuotere le basi della nostra nazione fino a che non sorgerà il giorno splendente della giustizia.
Ma c'è qualcosa che io debbo dire alla mia gente, che sta sulla soglia logora che conduce al palazzo di giustizia. Nel processo di conquista del posto che ci spetta, non dobbiamo essere colpevoli di azioni ingiuste.
Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla tazza del rancore e dell'odio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano di dignità e disciplina. Non dobbiamo permettere che le nostre proteste creative degenerino in violenza fisica. Ancora una volta dobbiamo elevarci alle altezze maestose dell'incontro tra forza fisica e forza dell'anima. La nuova meravigliosa militanza, che ha inghiottito la comunità negra, non dovrà condurci a diffidare di tutta la gente bianca. In quanto parecchi dei nostri fratelli bianchi, come oggi si vede dalla loro presenza qui, si sono resi conto che il loro destino è legato al nostro. E si sono resi conto che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra. Non possiamo camminare soli. E camminando, dobbiamo fare la promessa che marceremo sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono coloro che stanno chiedendo ai devoti dei Diritti Civili, <<Quando sarete soddisfatti?>> Non potremo mai essere soddisfatti finché il negro sarà vittima degli orrori indescrivibili della crudeltà dalla polizia. Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, pesanti per la stanchezza del viaggio, non potranno riposare negli alberghi delle autostrade e delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:"Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente. Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.
Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.
E perciò oggi vi dico, amici miei, che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho ancora un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano,
Io ho un sogno, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.
Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere.
Io ho un sogno, oggi!.
Io ho un sogno, che un giorno in Alabama, con i suoi razzisti immorali, con un Governatore dalle labbra sgocciolanti parole d'interposizione e annullamento, un giorno, là in Alabama, piccoli Negri, bambini e bambine, potranno unire le loro mani con piccoli bianchi, bambini e bambine, come sorelle e fratelli.
Io ho un sogno, oggi!.
Io ho un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. Questa è la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.
Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza. Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.
E quindi lasciate risuonare la libertà dalle cime dei prodigiosi monti del New Hampshire. Lasciate risuonare la libertà dalle poderose montagne di New York.
Lasciate risuonare la libertà dalle altitudini degli Alleghenies della Pennsylvania. Lasciate risuonare la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado. Lasciate risuonare la libertà dalle coste tortuose della California. Ma non solo.
Lasciate risuonare la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Lasciate risuonare la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Lasciate risuonare la libertà da ogni collina e montagna del Mississippi, da ogni lato della montagna lasciate risuonare la libertà.
E quando questo accadrà, e quando lasceremo risuonare la libertà, quando la lasceremo risuonare da ogni villaggio e da ogni casale, da ogni stato e da ogni città, saremo capaci di anticipare il giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e cristiani, protestanti e cattolici, potremo unire le nostre mani a cantare le parole del vecchio spiritual negro: <<Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente>>".