Il Primo Maggio imbalsamato, chiuso
nelle cerimonie istituzionali, consacrato ai riti stanchi di una sinistra
cittadina che governa Torino da decenni, non c’è più.
Il Partito Democratico ha costruito le
proprie fortune nel segno delle grandi opere, della kermesse olimpica e del
Tav. Delle Olimpiadi restano le inutili cattedrali di cemento e tanti debiti.
Resta il grattacielo di Intesa/San Paolo, costruito su terreni pubblici ceduti
per un tozzo di pane dall’amministrazione Chiamparino alla banca, che l’aveva
salvato dalla bancarotta pochi giorni prima della sua trionfale rielezione a
sindaco. Alla fine di qual mandato Chiamparino divenne presidente della
Compagnia di San Paolo, oggi è il candidato del PD per la Regione Piemonte.
A far le spese delle politiche del PD di
governo, a Torino come nel resto del paese, i lavoratori, che i provvedimenti
del primo ministro Renzi condannano alla precarietà a vita e salari da fame
senza tutele, senza futuro.
In questi anni di cemento le scuole
della città sono andate a pezzi: i soldi destinati all’edilizia scolastica sono
stati usati per il Tav, i piccoli, preziosi ospedali sono stati chiusi,
continui sono stati i tagli al trasporto locale.
Torino è diventata la capitale degli
sfratti, perché tra disoccupazione e precarietà tanti, troppi, non ce la fanno
più a pagare il fitto o il mutuo.
Tanti, sempre più, non sono più disposti
a subire, alzano la testa, scelgono di lottare per riprendersi gli spazi, per
contrastare le politiche dei padroni di una città che ha cambiato pelle, ma
dove lo sfruttamento è sempre più duro, la precarietà è la norma.
Le ragioni di chi non intende subire la
schiavitù salariata come destino, le ragioni di chi lotta contro il razzismo,
la violenza poliziesca, il Tav, di chi non accetta che si spendano milioni per
costruire e comperare cacciabombardieri, di chi occupa le case vuote, di chi
non china la testa hanno dilagato nella piazza del Primo Maggio torinese.
L’altra Torino, quella degli anarchici,
degli antagonisti, del No Tav, dei lavoratori ribelli, ha riempito piazza
Vittorio, soverchiando con la forza dei numeri e delle proprie ragioni, la
piazza istituzionale.
Sin dal giorno precedente i due
quotidiani torinesi, La Stampa e Repubblica, avevano annunciato un
dispiegamento straordinario di polizia. Nel mirino gli antagonisti, ma
soprattutto gli anarchici che avevano promosso uno spezzone contro la guerra
interna e quella esterna, contro la repressione e le fabbriche d’armi, uno
spezzone che portasse in piazza le regioni di chi pensa che di padroni e
governanti si possa e si debba fare a meno.
Che aria tirava era sin troppo evidente.
Il Partito Democratico, che in questi
anni aveva fatto fatica ad entrare in piazza, nonostante il servizio d’ordine
di picchiatori professionisti, nonostante la tutela della polizia, è stato
circondato completamente. C’erano gli attivisti politici, c’erano i No Tav e
gli occupanti di case, c’era tanta, tanta gente senza bandiere ma con le idee
chiare. Non c’è posto nel corteo del Primo Maggio per il Partito Democratico,
non c’è posto per chi sta dalla parte dei padroni.
Quando in piazza è comparso il
senatore/questurino Stefano Esposito, fanatico del Tav, sempre in prima fila
nel benedire le operazioni repressive contro i No Tav, sono partiti slogan e
qualche spinta con i picchiatori professionisti del PD. La polizia ha caricato
più volte, ferendo numerosi manifestanti, travolgendo anziani e banchetti, ma
non è riuscita a fermarci.
La gente sotto i portici si è unita alla
resistenza: sono volate sedie tra le gambe dei celerini che manganellavano,
insultati da tutti, mentre l’indignazione diveniva rabbia.
I celerini hanno provato a strappare dal
furgone degli anarchici lo striscione con la scritta “Chiara, Claudio, Mattia,
Nicolò liberi. Terrorista è il Tav”, ma i compagni e le compagne dello spezzone
rosso e nero se lo sono ripreso. Con i segni delle manganellate sul corpo ma
sempre più determinati ad andare avanti, ad non farci chiudere nella piazza,
dopo una seconda carica, siamo finalmente partiti.
In testa allo spezzone anarchico lo
striscione “Terrorista è chi bombarda, sfrutta, opprime”.
Il corteo si è infine dispiegato lungo
via Po. La fotografia dei numeri era impietosa: un piccolo corteo
istituzionale, difeso passo a passo dalla polizia era seguito, circondato,
assediato dalla Torino che il prossimo 25 maggio diserterà le urne, perché
riempie, ogni giorno le piazze, perché non è più disposta a delegare la propria
vita a chi bombarda, sfrutta, opprime.
Una sfida intollerabile per il PD. In
via Roma, quando ormai il corteo aveva assunto le caratteristiche di ogni Primo
Maggio, con famiglie, bambini, anziani e disabili, la polizia ha nuovamente
caricato più volte per impedire l’ingresso in piazza San Carlo.
Durante le cariche la gente ai lati
plaudiva chi resisteva. Nonostante la violenza della polizia, che si accaniva
anche sotto i portici, il corteo non si è scomposto.
Una giovane mamma ci ha allungato la sua
bambina perché la facessimo salire sul furgone, ma non è fuggita.
In via Roma la polizia ha fatto il
proprio bottino, fermando tre manifestanti. Per uno di loro, Marco, “Boba”,
anarchico e redattore di radio Blackout, è scattato l’arresto.
Poi il corteo è entrato in piazza San
Carlo, da dove sindacati di Stato e PD se ne erano andati via in fretta e furia.
Solidarietà
a Marco, “Boba” arrestato nella Piazza del Primo Maggio. Una piazza di lotta.
Lo
vogliamo libero, vogliamo liberi tutti e tutte!
Vogliamo
liberi Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò.
Sabato
10 maggio marcia popolare No Tav a Torino
Appuntamento
alle 14 in piazza Adriano.