Mercoledì 17 dicembre sarà emessa la
sentenza nel processo che lo Stato ha intentato contro Chiara, Claudio, Mattia
e Nicolò.
Sono in carcere da oltre un anno,
rinchiusi in regime di alta sicurezza, spesso isolati, lontani dai propri
compagni ed affetti, la corrispondenza sottoposta a censura.
Hanno provato a piegarli. Non ci sono
riusciti, hanno provato a mettere in ginocchio un intero movimento. Hanno
fallito ancora.
Facciamo un piccolo passo indietro.
Nella memoria della gente che si batte
contro il Tav il dicembre del 2005 è una pietra miliare. Tra novembre e
dicembre si consumò un’epopea di lotta entrata nei cuori di tanti. Un movimento
popolare decise di resistere all’imposizione violenta di un’opera inutile e
devastante e, nonostante avesse quasi tutti contro, riuscì ad assediare le
truppe di occupazione, costruendo la Libera Repubblica di Venaus. Dopo lo
sgombero violento il movimento per qualche giorno assunse un chiaro carattere
insurrezionale: l’intera Val Susa si fece barricata contro l’invasore. L’otto
dicembre era festa. La manifestazione, dopo una breve scaramuccia al bivio dove
la polizia attendeva i manifestanti, si trasformò in una marcia che dopo aver
salito la montagna, scese verso la zona occupata mentre lieve cadeva la neve. I
sentieri in discesa erano fradici di acqua e fango ma nessuno si fermò. Le reti
caddero e le truppe vennero richiamate.
Nel 2011 – dopo la dura parentesi
dell’inverno delle trivelle – sono tornati, molto più agguerriti che nel 2005.
Lo Stato non può permettersi di perdere
due volte nello stesso posto.
L’apparato repressivo fatto di gas,
recinzioni da lager, manganelli e torture si è dispiegato in tutta la sua
forza. La magistratura è entrata in campo a gamba tesa. Non si contano i
processi che coinvolgono migliaia di attivisti No Tav.
Governo e magistratura non hanno fatto i
conti con la resistenza dei No Tav. Non hanno fatto i conti con un movimento
che si è stretto nella solidarietà a tutti, primi tra tutti quelli che
rischiano di più, i quattro attivisti accusati di attentato con finalità di
terrorismo per un sabotaggio in Clarea.
Per loro i PM Padalino e Rinaudo hanno
chiesto nove anni e mezzo di reclusione.
Mercoledì 26 novembre un’assemblea
popolare ha deciso un nuovo dicembre di lotta. Dopo la buona riuscita della
manifestazione del 22 novembre a Torino, il movimento ha dato vita a due giorni
di lotta popolare.
Il 7 dicembre migliaia di No Tav hanno
partecipato alla fiaccolata che si è dipanata per le vie di Susa, assediando a
lungo l’hotel Napoleon, che da anni ospita le truppe di occupazione. La via
dell’albergo è stata trasformata in “Via gli sbirri” con nuove targhe apposte
dai manifestanti.
Il giorno successivo, dopo le
celebrazioni del giuramento partigiano della Garda dell’8 dicembre 1943,
l’appuntamento era a Giaglione e Chiomonte per una giornata alle reti del
cantiere.
In Clarea il passaggio era bloccato al
ponte, ma questo non ha impedito a circa un centinaio di No Tav di raggiungere,
guadando alto il torrente, l’area di proprietà del movimento, dove altri erano
arrivati sin dalla prima mattina.
La Questura, non paga delle recinzioni e
dei cancelli che serrano via dell’Avanà a Chiomonte, ha deciso di chiudere
anche il ponte con jersey e truppe con idrante. Dopo la costruzione di un
albero di natale no tav fatto dai bambini, a centinaia i No Tav sono risaliti
in paese, bloccando a più riprese la statale e interrompendo per una mezz’ora
anche il traffico ferroviario. A fine giornata, sul ponte, la polizia ha
azionato l’idrante e sparato lacrimogeni. Dai boschi petardi e fuochi
d’artificio hanno illuminato la sera.
Per una sintesi dell’ultimo anno di
lotta ascolta l’intervista di radio Onda D’urto a Maria Matteo
Il 9 dicembre la Procura ha consegnato
in carcere una nuova ordinanza di custodia cautelare a Francesco, Graziano e
Lucio, i tre No Tav in carcere da luglio il sabotaggio del 14 maggio 2013, lo
stesso per il quale domani sarà emessa la sentenza per gli altri quattro No
Tav.

Domani, dopo il tribunale, che
probabilmente si pronuncerà nel primo pomeriggio, l’appuntamento è alle 17,30
in piazza del mercato a Bussoleno.
Se le notizie dal tribunale saranno
buone sarà un giorno di festa. In caso contrario la risposta del movimento No
Tav sarà forte e chiara.
Forte è stata l’indignazione per la
sentenza che ha cancellato la dignità di migliaia di lavoratori e cittadini di
Casale Monferrato, torturati a morte e uccisi dai padroni della Eternit. La
giustizia dei tribunali, ancora una volta ha mostrato il suo volto di classe,
assolvendo chi si è fatto ricco sulla vita dei più.
Qui nessuno è disposto a morire senza
resistere, nessuno spera nella giustizia dei tribunali. I No Tav lo hanno
imparato negli anni: la libertà non si mendica, bisogna conquistarla.