La scossa
vitale e culturale dell'anarchia che vibrò sull'intero corpo violato dell'Europa
tra Ottocento e Novecento, non lasciò gli intellettuali alieni dall'impegno
politico. L'anarchia è stata la corrente culturale che massimamente ha spinto
poeti, scrittori, artisti, filosofi, verso la maturazione di forme espressive
inneggianti alla libertà dei popoli costretti nel giogo autoritario del potere
borghese, dello Stato e della Chiesa. Anche oggi -e non lo direste mai-
dall'anarchia si attinge a piene mani per cercare di spingere in avanti il pensiero
sul progresso umano.
Anche
Giovanni Pascoli (1855-1912) è stato un anarchico. E benché i pochi testi che
ne danno notizia si affrettino a dire che lo fu solo per il breve periodo
giovanile, la realtà è ben diversa. Pascoli fu anarchico durante tutta la sua
vita, solo in modalità espressive diverse, ora più accese ora più sobrie, ma
tutte strettamente collegate all'unico ideale di libertà e di giustizia. Ne
sono testimoni le sue scelte di vita, la sua filosofia, la sua poetica.
Non è
certamente un caso che i testi liceali censurino l'anarchismo del Pascoli, così
come quello di numerosissimi altri scrittori e artisti. Lo Stato non ammette
pensieri di vera libertà e di emancipazione del popolo. E là dove quei testi
non possono fare a meno di indicare l'appartenenza ideologica anarchica degli
autori trattati, gli storici prezzolati si concedono la variante più rassicurante
dell'anarchia, cioè “il socialismo”, senza neppure specificarne il tipo,
consapevoli del fatto che quel che si conosce oggi del socialismo è la sua forma
parlamentare, statalizzata, autoritaria, mentre invece l'anarchia è sostanzialmente
un socialismo popolare, libertario, rivoluzionario, eminentemente antistatale.
L'intellettuale anarchico inglese John Ruskin (1819-1900) viene definito dallo
storico dell'arte Giulio Carlo Argan “socialista, il maggior critico europeo
del secolo”, Argan non si pone il problema di specificare, probabilmente perché
non gli è stato permesso, nonostante la sua autorevolezza in campo artistico,
letterario e storico.
Giovanni
Pascoli, nella sua giovinezza, fu un anarchico fisicamente attivo, partecipò in
prima persona ad azioni di solidarietà per il popolo e contro l'autorità, prese
parte alle proteste contro la condanna a morte di Giovanni Passannante
(commutata in ergastolo), e a causa di ciò venne imprigionato, aveva 24 anni.
Per la sua scarcerazione Giosuè Carducci si impegnò con una testimonianza, e le
porte del carcere si aprirono dopo tre mesi di detenzione.
Dopo
l'esuberante periodo giovanile, in cui l'anarchismo venne vissuto in maniera
diretta, Giovanni Pascoli si trasportò naturalmente verso una concezione più
intima e sublimata dell'anarchia, più intellettuale, ma non meno efficace. E saranno
due, d'ora in avanti, gli elementi che fungeranno da binario ideologico e
culturale al Pascoli: la sua “poetica del fanciullo” e l'amore per la Natura.
Ambedue gli elementi, per i valori che rappresentano, sono da sempre posti a
fondamento dell'ideale anarchico.
La miservole
condizione del popolo sfruttato era già da molti anni denunciata da quella
schiera di intellettuali anarchici che additavano il positivismo e il falso
mito di progresso (tecnologico, non umano) come due fattori alienanti per la
società. Da ogni parte si levavano voci che inneggiavano a un ritorno alla Natura,
alla purezza, a una condizione umana e libera ritrovata, quindi alla distruzione
delle sovrastrutture e delle regole borghesi, di tutto un sistema volto
soltanto a rendere il popolo un automa nelle mani dei governanti. Erano grida
di liberazione, prima che di libertà. In arte si cercò di tornare al cosiddetto
“grado zero”. Molti artisti guardarono al passato (Preraffaelliti, Primitivisti),
Paul Gauguin partì verso terre ancora incontaminate ove trovare umanità,
purezza, natura selvaggia e libertà (Tahiti), altri ancora sostennero l'arte
naif di un semplice doganiere (Henri Rousseau), fino agli espressionisti che
trassero ispirazione anche dal libero disegno dei bambini, svincolato da ogni
regola accademica (regole che gli avanguardisti distruggeranno). Anche Pascoli aveva
indicato nel fanciullo la via per la “salvazione“ umana, quella che conduceva
alla libertà e alle uniche regole ammesse in anarchia, le proprie, che sono
quelle dettate dalla Natura e che ogni bambino possiede incontaminate.
Il bambino ha
la forza anarchica di una morale superiore, proprio perché non ancora
contaminata da altre morali artificiali (Stato e Chiesa). Ogni cosa, nella
Natura, vive secondo un'armonia, secondo equilibri che sono quell'unico ordine
in cui ogni essere vivente è calato e grazie al quale può vivere in libertà.
Il
fanciullino è anarchico come la natura dell'Uomo, il fanciullo ne è l'essenza,
egli esplora il mondo con gioia vitale, e con la medesima gioia impara dal
contesto, impara a relazionarsi con i suoi simili e con gli altri esseri
viventi. In un contesto di uomini liberi, senza catene e padroni, non sottomessi
alle gerarchie e alle leggi coercitive, gli individui che vi nasceranno saranno
altrettanto liberi, pacifici e cooperativi, come sempre è stato prima che i
popoli fossero rimasti sottomessi e confinati. Perciò Pascoli, come gli altri
intellettuali, spronava in questa direzione, esortava a ripescare nel profondo
di ognuno quel fanciullo. La poetica del fanciullo è un grido di liberazione, è
un'indicazione, un'inclinazione, è un auspicio per un futuro migliore,
anarchico, umano, naturale, puro, cooperativo, pacifico. Questo è l'ideale
anarchico e non c'è propaganda denigratoria di Stato che tenga. Anche la
decisione del Pascoli di lasciare la città per andare a vivere nella Natura segue
il medesimo principio. La dimensione naturale, associata al pensiero primitivista,
rappresenta il luogo fisico in cui gli uomini vivono in comunità e in
cooperazione. Il rispetto della Natura, la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,
sono temi massimamente anarchici. Un essere umano trova negli equilibri
naturali incontaminati non soltanto le sue leggi e la sua libertà (e quella
degli altri), ma anche la sua vera dimensione, il suo scopo, e la sua più alta
dignità.
Inno
all'anarchia di Giovanni Pascoli (1878)
Soffriamo! Nei giorni che il popolo langue
è insulto il sorriso, la gioia è viltà!
sol rida chi ha posto le mani nel sangue,
e il fato che accenna non teme o non sa:
Prometeo sull'alto del Caucaso aspetta,
aspetta un bel giorno che presto verrà
un giorno del quale sii l'alba, o vendetta!
Un giorno il cui sole sii tu, libertà!
Soffriam! Ché il delitto non regna in eterno!
Soffriam! Ché l'errore durare non può!
Già Satana giudica nel pallido inferno
il Dio dei tiranni che al buio il dannò!
Soffriam: le catene si spezzano alfine
allor che pugnali, né piaccia foggiar;
fra un mucchio fumante di sparse ruine
già Spartaco e' sorto tremendo a pugnar.
Soffriamo, o fratelli! La mano sul cuore
lo sguardo nuotante, nell'alba che appar!
Udite?! Le squille che suonano l'ore
a stormo tremendo desiano suonar!
Già mugghia il tremuoto laggiù nella reggia!
S'accampa nei templi superbo il pensier!
Un rosso vessillo nell'aria fiammeggia,
e in mezzo una scritta vi luccica in ner:
le dolci fanciulle che avete stuprato,
i bimbi che in darno vi chiesero il pan,
nel giorno dell'ira, nel giorno del fato,
i giudici vostri, borghesi, saran.