I luddisti combatterono un tipo di
macchine che contenevano un modo di produzione ingiusto non solo verso di loro,
ma verso tutti gli altri popoli e la natura. In questo senso furono l’unico
movimento popolare che avesse colto il problema morale del processo industriale
ai suoi albori. Invece, l’intera sinistra politica, abbracciando di fatto la
fede nella neutralità della tecnologia industriale, contribuì a radicare nella
mentalità moderna l’illusione che l’unica soluzione alle ingiustizie della
nuova economia era la ridistribuzione del plusvalore prodotto dalle macchine
con l’aumento dei salari e la sicurezza sociale. Ciò favorì ancor più lo
sviluppo della logica industriale provocando l’automazione e il trasferimento
dello sfruttamento degli operai nei paesi più ricchi alla natura e ai paesi più
poveri che possiedono le materie prime e la manodopera disposta a lavorare per
salari dieci volte più bassi (non solo per la minore sindacalizzazione, ma
anche per il cambio favorevole e per la presenza di un vasto mondo rurale su
cui scaricare i costi, che nei Paesi industriali sono a carico dei singoli e
dello Stato).
I luddisti si opposero a un tipo di
disoccupazione nuovo a livello di massa, per i non schiavi: la possibile
mancanza di lavoro salariato senza più accesso alle fonti essenziali della
sopravvivenza. La civiltà europea, rappresentata dai villaggi di tessitori del
Lancashire, coincideva con una società capace di resistere alle crisi dell’arte
della lana e del cotone: le comunità contenevano molti mestieri e le loro
strutture territoriali, come le antiche città murate, potevano dar da vivere ai
suoi abitanti per lunghi periodi di difficoltà economiche. All'operaio della
fabbrica fu da allora sottratto ogni elemento dell’ambiente domestico; sua
moglie, costretta al lavoro salariato, non fu più in grado di adempiere nemmeno
ad una elementare funzione dell’autonomia di sussistenza: l’allattamento.
Le politiche economiche che, hanno
creduto nella possibilità di una giustizia sociale tramite la distribuzione
della ricchezza prodotta dalle tecnologie industriali, sono inciampate nella
loro incapacità ad esprimere un progresso in cui il lavoro riprendesse il
sopravvento sul capitale e ritrovasse quella libertà e dignità autonoma, che le
economie artigiane e contadine di sussistenza gli avevano impresso prima della
devastazione sociale introdotta dall'industria.