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giovedì 5 ottobre 2017

Le comuni anarchiche

"Solo quando ci siamo perduti, in altre parole, solo quando abbiamo perduto il mondo, cominciamo a trovare noi stessi, e a capire dove siamo, e l'infinita ampiezza delle nostre relazioni."

... così scriveva Henry David Thoreau in Walden ovvero Vita nei boschi, un libro (e un esperimento) che l'autore scrisse in forma di diario durante un soggiorno di due anni nella campagna del Massachusetts (fra il 1845 e il 1847). Thoreau racconta meticolosamente la sua vita quotidiana, e solitaria... in una natura da scoprire, ma le sue riflessioni vanno oltre quell'esperienza interiore per approdare alla politica, l'economia e la società degli Stati Uniti, allora in forte espansione. Walden è una prova di sopravvivenza ma soprattutto una testimonianza, un esempio che l'autore vuole consegnare all'umanità: il saper vivere anche in condizioni di povertà materiale sottolineando che in questa semplicità l'uomo conosce ancora meglio se stesso, i suoi bisogni e i suoi limiti. Perdere il mondo significa ritrovare se stessi, che è la condizione da cui partire secondo Thoreau per realizzare e realizzarsi in una società paritaria. Questi principi li ritroviamo in qualche modo ancora oggi in realtà come gli Ecovillaggi – di cui ho parlato nello scorso numero soffermandomi sugli Ecosardi – ma ora vorrei approfondire l'argomento dando uno sguardo alle comunità anarchiche.
La lista è lunga e in ogni parte del mondo si trovano esempi, durati anche molti anni.
I primi esperimenti da ricordare sono sicuramente: La Comune di Parigi nel 1871, la colonia anarchica Cecilia in Brasile nel 1890 (vedi box), del 1918 la Machnovščina (o Armata nera) l'esercito insurrezionalista d'Ucraina che, sotto la guida del comandante Nestor Ivanovič Machno, difendeva l'idea di un comunismo non autoritario: con la consegna delle terre ai braccianti riuscirono anche se per poco, ad autogovernarsi. Altrettanto nota, durante la guerra civile in Spagna, l'esperienza delle organizzazioni anarco-sindacaliste che gestirono autonomamente i trasporti pubblici e le aziende produttive sia industriali che agricole e riuscirono a collettivizzare le terre confiscate ai latifondisti.
Oggi come ieri, continuano a venire alla luce realizzazioni di società autogestite che si allontanano dichiaratamente dagli schemi capitalistici:dal consumismo così come dalla dominazione e dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. La volontà è quella di costruire una società alternativa al modello dominante dove è possibile raggiungere il benessere fisico e morale attraverso la collettivizzazione, la cooperazione e l'autogestione seguendo il principio dell'uguaglianza tra uomini.
Ciò che resta fermo in una comunità anarchica è certo l'abolizione dell'idea dello Stato, (entità simile a Dio) che organizza la vita dei suoi cittadini, e li sottomette alla propria volontà.
Il potere costituito, secondo gli anarchici è sempre illegittimo perché non rappresenta la società ma i suoi propri interessi (a questo proposito si ricorda spesso l'esempio del pastore e del gregge - dove è evidente che il pastore non rappresenta il gregge e solo apparentemente fa gli interessi di questo - ma come dice l'inno dell'individualista "finchè siam gregge è giusto che ci vi sia cricca social per leggi decretar – e ancora – "finchè non splende il sol dell'anarchia vedremo sempre il popol trucidar"); ma lo Stato/padre/padrone ha dalla sua parte l'idea, peraltro largamente diffusa, di conoscere i bisogni dell'uomo e di essere capace di risolverli nel migliore dei modi (e dei mondi...) possibili.
Così, tanto per dirne qualcuna, è lo Stato che decide come una società deve vivere, come deve pensare e come deve essere organizzata. E, sempre secondo gli anarchici, più lo Stato funziona peggio è... "il miglior governo possibile è quello che governa meno" dice Thoreau in "La disobbedienza civile".
Comunque, per tornare alle comuni non è certo facile mettere in discussione il modello sociale in cui si vive, come non è facile assumere il peso e la responsabilità di un modello di vita indipendente. Nell'autogestione infatti, non esiste la delega, se c'è un problema qualsiasi questo viene risolto da tutti, insieme. L'organizzazione della colonia è nelle mani di chi ci vive, e non pensate che ci sia il caos tipo: se non c'è il gatto i topi ballano... se vi capita fate un salto a Urupia, in Puglia, per capire al meglio il concetto: troverete una comune anarchica che dal 1995 vive seguendo la filosofia libertaria. Qui, tutti hanno gli stessi diritti e tutti lavorano per la comunità in base alle proprie capacità, e le decisioni vengono prese all'unanimità secondo una struttura orizzontale. Non c'è lo Stato ma c'è una ottima progettazione, non ci sono crimini, non c'è proprietà privata, e c'è una forte attenzione alla dignità personale, all'autostima, all'autonomia, alla creatività e alla libertà, a quella vera, quella con la L maiuscola, quella di cui parlava Errico Malatesta: "La libertà che vogliamo noi non è il diritto astratto di fare il proprio volere, ma il potere di farlo" e ancora "In società, tuttavia, la libertà non può essere assoluta, ma deve essere limitata dal principio della solidarietà e dell'amore verso gli altri."
 
Un caso di colonia libertaria che dura da più di 40 anni è in Danimarca e si chiama Christiania: era il 1971 quando un gruppo di anarchici decise di occupare un' ex base militare per dare vita ad una nuova comunità, autogestita ed economicamente indipendente. Una società alternativa a quella dominante, un esempio di come anche senza alcuna gerarchia e autorità è possibile vivere. Fin da subito gli abitanti, ora arrivati a circa un migliaio, si sono impegnati nella costruzione di case, botteghe, asili, cinema, teatri... fino a diventare una piccola città a tutti gli effetti e una delle principali attrazioni turistiche della capitale, con la particolarità di essere una città libera, così come viene chiamata, basata sul principio della proprietà collettiva. Tra le sue particolarità vanta una fabbrica di biciclette -Christiania Bikes- inventate proprio qui e distribuite in tutto il mondo. Infatti tra le regole di Christiania c'è quella che vieta l'utilizzo di automobili. Eh si ci sono delle regole! Ma autogestione significa anche questo, sapersi dare un proprio regolamento, che sia condiviso e anche discusso da tutta la comunità.

LA CECILIA
La colonia anarchica Cecilia nacque nel 1890 in Brasile, per volontà di Giovanni Rossi un agronomo anarchico - giornalista e attivista - che volle vivere concretamente quelle idee libertarie in cui credeva. In molti lo seguirono, migranti europei per lo più - in particolare di nazionalità italiana - che volevano vivere l'anarchia subito, oltre che sfuggire alle persecuzioni politiche che da sempre hanno attanagliato il movimento. I coloni cercarono così di vivere nella più totale autonomia: si costruirono delle case in legno, coltivavano la terra, e riuscirono ad organizzare una fabbrica di scarpe e una scuola; ma la scarsa conoscenza del territorio, insieme alla difficile convivenza con i confinanti e ai rapporti problematici con il governo brasiliano, e altre difficoltà di convivenza interne allo stesso gruppo di coloni determinarono l'abbandono di Cecilia nell'aprile del 1894. Solo in pochi fecero ritorno in Italia, la maggior parte dei coloni restò nelle vicinanze dell'ex villaggio mantenendo viva l'attività politica.