Che cosa è dunque
una rivoluzione sociale? L'attuazione di un radicale rovesciamento di prospettiva
della società che si trasforma superando la sua caducità, riferendosi costantemente
alla realizzazione di una utopia condivisa.
Ogni qualvolta, anziché
seguire il ritmo della fraternità e della uguaglianza, la libertà cerca di imporsi
in modo meccanicistico con la forza, la rivoluzione si rovescia nel suo contrario,
deteriorando tutte le componenti del suo movimento sociale in ideologia. Non c'è
concetto, del resto, che non possa avvilirsi in un ismo diventando appunto ideologia.
L'utopia, poesia di quel si desidera è non c'è ancora, si stravolge in utopismo
e consegna in suo nome la formulazione del desiderio poetico del vivere meglio a
una qualunque moralistica autorità controrivoluzionaria. L'esplorazione di un sogno
soggettivo si trasforma allora ineluttabilmente in un incubo collettivo. La radicalità,
espressione del legame intelligente e sensibile con il proprio corpo, individuale
e sociale, si trasforma in un estremismo la cui gesticolazione funge da alibi per
l'impotenza contemplativa di aristocratici rivoluzionari assoluti. Un'impotenza
che diventa ancora più grave quando si risveglia istericamente nell'azione spettacolare
e senza sbocchi di un qualunque nichilismo. Tutti gli ismi sono il sintomo di uno
scivolamento dall'autonomia al gregarismo, dalla soggettività alla massificazione.
Così si opera il recupero dell'arma della critica in liturgia più o meno sanguinaria,
ma sempre spettacolare.
L'ipotesi di rivoluzione
sociale si perde allora negli stessi meandri della manipolazione reazionaria su
cui si fonda la società dominante, dove la favola del cambiamento per mezzo di ragionevoli
riforme si traduce immancabilmente in riformismo cioè nella pratica della conservazione
sotto l'alibi ideologico di un cambiamento fittizio.
Va rivendicata con
forza e chiarezza la necessità di un netto distingue tra utopia e utopismo, radicalità
e radicalismo, costruzione di situazione e situazionismo. Il rifiuto di ogni ismo
è al cuore della laicità che forgia l'umanità dell'uomo. La radice di ogni società
laica si nutre del dubbio dell'agnostico che evita accuratamente qualunque amalgama
tra pratica dell'intelligenza sensibile e assunzione di ruoli spettacolari, tra
libera poesia soggettiva e addomesticamento ideologico.