"Noi accusiamo la polizia di essere responsabile della morte di Giuseppe Pinelli, arrestato violando per ben due volte gli stessi regolamenti del codice fascista. Accusiamo il questore e i dirigenti della polizia di Milano di aver dichiarato alla stampa che il suicidio di Pinelli era la prova della sua colpevolezza, e di aver volontariamente nascosto il suo alibi dichiarando che "era caduto".
Gli stessi inquisitori hanno dichiarato di non aver redatto alcun verbale edi interrogatorio di Pinelli, pertanto ogni eventuale verbale che venisse in seguito tirato fuori è da considerarsi falso.
Accusiamo la polizia italiana di aver deliberatamente impedito che l'inchiesta si svolgesse sotto il controllo di un magistrato con la partecipazione degli avvocati della difesa.
Accusiamo i magistrati e la polizia di aver ripetutamente violato il segreto istruttorio diffondendo voci e accuse tendenti a diffamare di fronte all'opinione pubblica un uomo assolutamente innocente, ma per loro colpevole di essere anarchico.
Noi accusiamo lo Stato Italiano di cospirazione criminale nei confronti dell'anarchico Pietro Valpreda, da mesi sottoposto ad un feroce linciaggio morale e fisico, mentre le prove che gli inquirenti credono di avere contro di lui, si smantellano da sole una per una".
GLI ANARCHICI.
Con queste parole trentatre anni fa gli anarchici sintetizzavano la loro accusa nei confronti dello stato e dei suoi apparati, la cui natura intrinsecamente criminale e violenta appariva evidente.
Pur di mantenere intatto il proprio dominio i potenti ricorrono alla strage, all'omicidio, alla diffamazione delle loro stesse vittime, ma nel compiere questi crimini essi fanno cadere la maschera di giustizia e democrazia che quotidianamente portano per ingannarci.
È importante non dimenticare vicende come quella dell'assassinio di Giuseppe Pinelli: non per ricordare il passato, ma per capire il presente. I potenti di oggi sono quelli di ieri.