..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

Translate

domenica 9 dicembre 2012

Robert Johnson e la musica del diavolo

"Robert Johnson è il più importante musicista blues mai vissuto, la sua musica rimane il pianto più straziante che si possa riscontrare nella voce umana. [ … ] Non credo di aver mai sentito parlare di Robert Johnson, quando ho trovato un suo disco, che probabilmente era appena uscito. Avevo circa quindici o sedici anni, ed è avvenuto qualcosa in me, come uno shock, non potevo rendermi conto che ci potesse essere qualcosa di così potente. L’ho ascoltato, e mi ha scosso perché non mi sembrava fosse stato registrato per l’ascolto di tutti, non sembrava che gli interessasse il consenso di tutti. Tutta la musica che avevo sentito fino a quel momento sembrava essere strutturata in qualche modo per la registrazione e la vendita. Ciò che mi ha colpito del disco di Robert Johnson è che sembrava si trattasse di un album registrato non per la riproduzione ad un pubblico ma, non rispettando le regole di tempo o di armonia fosse stato fatto solo per gioco, come se avesse suonato solo per se stesso”.
Da «Alla scoperta di Robert Johnson» di Eric Clapton
  
Robert Johnson è uno dei più influenti musicisti del Novecento, di cui sappiamo meno di tanti trascurabili musicisti dello stesso secolo. Incerta la sua data di nascita, incertissimi i luoghi e le circostanze della morte, piena di leggenda; e pochissime le registrazioni, giusto un paio di sedute. Quel poco che si tramanda viene da superficiali testimonianze di chi gli fu compagno o asserisce di esserlo stato; bluesman come Son House, Johnny Shines, Howlin’ Wolf e Robert Lockwood jr. il resto lo hanno fatto degli studiosi della materia.
Robert Johnson nacque probabilmente l’8 maggio 1911 nel Mississippi. Era l’undicesimo figlio di Julia Major, l’unico che la donna non aveva concepito con il marito, e per questo motivo crebbe con il marchio di “bastardo”, non tollerato dal patrigno. Frequentò poco o nulla la scuola e si innamorò della musica, suonando dapprima l’armonica e poi dedicandosi più intensamente alla chitarra, ma a sentire Son House ne era completamente sprovveduto, almeno nei primi goffi tentativi in pubblico.
Il mito di Robert Johnson nasce anche dalla favolosa trasformazione di cui è stato testimone sempre Son House il quale lo ascolta infastidito quando è ragazzetto e lo ritrova due o tre anni dopo, una sera con Willie Brown si esibisce vicino Robinsonville, ha una chitarra in mano e mentre Son House è incerto se mettersi a ridere o cominciare a strapparsi i capelli, il giovane infila una serie di blues che lo lasciani senza parole.
Come è stato possibile quel cambiamento in così poco tempo? La spiegazione che molti si danno non appartiene all’ambito della musica ma a quello della magia nera. Un altro Johnson, Tommy, ha spiegato così la faccenda arcana: “Se vuoi imparare a suonare qualunque strumento ti passi per la testa e scrivere canzoni, devi prendere la chitarra e andare dove c’è un incrocio. Per essere sicuro devi andarci un po’ prima di mezzanotte. Poi prendi la chitarra e mettiti a suonare qualcosa … Allora vedrai arrivare un grande uomo nero che ti prenderà la chitarra, la accorderà, suonerà una canzone e ti restituirà lo strumento. È così che ho imparato a suonare ciò che mi pare”.
L’incrocio perfetto è quello tra la Highway 49 e la 61 a Clarksdale, Mississippi. Johnson lo evoca in un pezzo famoso Crossroads Blues, dove però non c’è Satana ma solo un povero ragazzo nero che fa l’autostop e implora Dio e liberarlo dai guai.
Robert Johnson ha una voce duttile e versatile, un mezzo ideale per cominucare le emozioni, capace di svariare per l’intera gamma dei sentimenti e degli umori. Ebbe due sole occasioni in vita sua per registrare. La prima il 23 novembre 1936 in una stanza d’albergo che fu allestita come studio provvisorio; Johnson vi registrò sedici blues suonando, secondo la leggenda, in un angolo della stanza con la faccia vicino al muro, un modo studiato per dare più forza e intensità al suono della chitarra. Altre tredici canzoni li registrò nel giugno del 1937. nel giro di poche sedute furono ricoverati undici 78 giri su etichetta Vocalion. Ventinove canzoni in tutto, ma la leggenda vuole che ne esista una trentesima, nascosta o sperduta da qualche parte del delta del Mississippi, e che molti musicisti blues, dopo la sua morte, hanno cercato invano di ritrovare.
Robert Johnson è morto nell’agosto del 1938; era stato ingaggiato per suonare in un ballo in campagna, a Three Forks e li pare fu avvelenato da un marito geloso che versò della stricnina in un bicchiere di whiskey. Niente è sicuro, né il fatale inganno né il veleno usato e men che meno il luogo in cui venne sepolto; esistono a tutt’oggi tre lapidi nei dintorni di Greenwood che localizzano i resti del bluesman in cimiteri diversi.
La figura di Robert Johnson non fu dimenticata e negli anni a venire ispirò le nuove generazioni di musicisti che sparsero i ssemi dle blues per tutto il mondo. Muddy Waters, Elmore James, Johnny Shines, Howlin’ Wolf furono tra i primi inseminatori i cui frutti vennero raccolti con maestria da gente come, Eric Capton, John Mayall, , Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughan o gruupi come i Cream, i Led Zeppelin, i Rolling Stones; ma soprattutto da Eric Capton che nel 2004 produsse un grandioso album ("Me and Mr Johnson") in cui il bluesman bianco reinterpretò i brani del maestro rispolverando sonorità di incredibile impatto. Grazie a loro Robert Johnson diventò uno di famiglia nella grande casa del Rock.
La Columbia continua ad avere in catalogo, dopo quasi 80 anni, le sue uniche registrazioni, 29 brani ufficiali e 13 brani prova, sistemati nel 1990 ne CD Box “Complete Recordings” e riproposte nel 2011 nel doppio “Robert Johnson: The Centennial Collection”.
E il demonio all’incrocio, at the Crossroads? Non lo abbiamo dimenticato. C’è naturalmente chi giura che fu lui a prendersi l’anima di Robert Johnson, in cambio della poca fama in vita ma poi della gloria eterna. Leggenda, certo, ma guai a liquidare tutto con leggerezza, ci sono sempre brividi nel Blues del nostro uomo. Vero o no, la vita di Robert Johnson, uno dei più grandi bluesman mai esistiti e vincitore dell'onorevole quinto posto nella lista dei 100 migliori chitarristi stilata dalla rivista Rolling Stones, difficilmente sarà dimenticata dalla storia.

“… ho delle pietre nel mio passaggio
e scuri come notte è il mio tracciato …”

Robert Johnson: Crossroads Blues

Robert Johnson: Hellhound On My Trail

Robert Johnson: Me and the Devil Blues