
Sono il segno concreto di una guerra ai
poveri sempre più feroce. Non per caso i militari sono gli stessi che si danno
il cambio tra l’Afganistan, il CIE, il cantiere di Chiomonte e la Barriera a
Torino. Abbiamo attraversato il Balon, incrociato gli alpini che si sono
allontanati in fretta, senza fermarsi. Non li abbiamo più visti.
Poi siamo saliti a Porta Palazzo, il più
grande mercato all’aperto d’Europa, dove ogni giorno pullman e tram sputano
fuori tanta gente, che cerca la frutta e verdura a prezzi più bassi. Porta
Palazzo è lo specchio di Torino. Qui è il cuore di quel ceto di piccoli
ambulanti massacrati dalla crisi, privati dei propri privilegi fiscali, che lo
scorso 9 dicembre bloccarono pezzi di città, animati dal progetto sovversivo di
mandare tutti a casa, per dare il potere ai militari. In bilico tra Grillo e la
Lega covano sotto la cenere del fallimento di allora, il fuoco di un rancore
pericoloso. Silenti ma ben visibili sono invece le decine di lavoratori
dipendenti del mercato, quelli che alle tre di notte montano i banchi e a metà
pomeriggio li smontano, caricano le cassette, correndo senza fermarsi mai.
Nella giornata dedicata ai disertori, ne
abbiamo incrociati tanti che correvano in mezzo al mercato, dove la gente si
fermava numerosa al passaggio degli antimilitaristi, che raccontavano della Grande
Guerra, dei suoi 16 milioni di morti, delle stragi, decimazioni, fucilazioni di
massa del 1917. Storia di ieri, che torna, diversa ma uguale nelle guerre
moderne, dove a morire, spezzarsi le ossa, venire torturati e stuprati sono
quasi sempre i civili.
L’Italia spende ogni giorno 53 milioni
per le proprie avventure di guerra.
In Piemonte ci sono tante industrie
eccellenti specializzate nella produzione di ordigni di guerra,
cacciabombardieri e sistemi di puntamento, AMX, Eurofighter, F35.
Per il mercato le sagome di caduti di
guerra sono state riempite con i nomi delle tante fabbriche di morte. Alenia,
Selex, Iveco, Avio, Microtecnica, Galileo, Macaer…
Se le basi di guerra sono a due passi
dalle nostre case, l’opposizione ai massacri non può essere mera testimonianza,
deve farsi azione diretta.
La giornata si è conclusa con la
costruzione collettiva di un monumento ai disertori di tutte le guerre. Un
monumento fatto di cose recuperate, ben diverso dai bronzi a cavallo che
campeggiano nelle piazze di Torino, pornografia bellica per esaltare qualche
assassino in divisa.