Il popolo
valsusino scende malvolentieri a valle della sua terra; se il 21 febbraio lo
farà, manifestando a Torino, è perchè vuole incontrarci tutte e tutti. Vuole
incontrare i bisogni negati degli abitanti della città più indebitata d’Italia
o di quella devastata da Expo 2015; vuole tornare a camminare al fianco degli
studenti e di chi reclama reddito, di chi difende la propria casa o il proprio
posto di lavoro. Essere a Torino sabato significa riportare la lotta del
movimento sul terreno sociale che le è piu proprio: la denuncia della nocività
che il TAV rappresenta non soltanto per un territorio, ma per tutta la società.
Se con un
centimetro di TAV si paga uno stipendio, se con un metro si riparano o si
mettono in sicurezza due scuole; se con 10 metri di TAV se costruisce un
ospedale, se con un chilometro si offrirebbe un alloggio a centinaia di
famiglie sfrattate, è evidente che il problema che da sempre solleva il
movimento porta ciascuno di noi a schierarsi secondo una precisa appartenenza, perchè è il problema di come viene usata e distribuita la ricchezza che tutti
noi contribuiamo a produrre.
Sollevare
questo problema in Italia è pericoloso. Sollevare questo problema è pericoloso
ovunque nel mondo. Per questo, nelle ultime settimane, una sessantina di No Tav
sono stati condannati a oltre 150 anni di prigione. Fallito l’intortamento
della politica, lo stato ha fatto del Tav in Val Susa una questione di polizia;
sfidata, dileggiata e logorata, benché non sconfitta, la polizia, lo stato ha
messo in prima linea la magistratura. Lo stato, ovvero: Ligresti, Pd,
‘Ndrangeta; tutte le lobbi cui devono arrivare i soldi del Tav dall’Italia e
dall’Unione Europea.
Allora dare
solidarietà ai condannati, a chi è ancora in carcere o è ai domiciliari, è
tutt’uno con il gridare che vogliamo scuole, ospedali, case popolari; e
rispondere alle provocazioni della magistratura altro non può essere che
mettere politicamente in difficoltà i suoi mandanti, tornando a comunicare per
le strade per far capire che fermare l’alta velocità in Val Susa non ha nulla
di ideologico né di pretestuoso, ma è fondamentale per migliorare l’esistenza
di tutte e tutti.
A Torino il
21 febbraio si riporta la lotta al centro, si riportano le ragioni No Tav al
centro della lotta.