Intendiamo per autonomia proletaria
contemporaneamente la realtà pratica, quotidiana di lotta anticapitalistica e
antistatale della rivolta e della lotta di classe… la rottura di ogni legame
col diritto e la morale borghesi. Autonomia proletaria non vuol dire nuovo
gruppo rivoluzionario ma è… la distruzione dell’ordine delle cose. Essa si
esprime nelle lotte di fabbrica per il salario contro la cogestione sindacale
dello sfruttamento e della repressione capitalistica; si esprime nella lotta di
liberazione delle masse femminili contro la violenza interna a questo sistema;
nella lotta degli emarginati, delle minoranze contro la ghettizzazione…
Rivendica e considera interni alla classe, espressione di bisogno del
comunismo, gli atti di rivolta individuale, la ribellione contro il padrone, il
prete, il sindacalista corrotto, il padre oppressivo, il preside autoritario o
paternalista, il professore imbecille, come coscienza e rottura di un ordine e
regole…
Combattere contro la rassegnazione,
l’indifferenza, il provincialismo culturale e morale, la subordinazione per destino
prescritto, il perbenismo da salottino moderno, i miti televisivi,
l’importazione di modelli estranei con vetrine di lusso, il folklore per i
turisti, il patriarcalismo nelle famiglie, la tremenda oppressione femminile,
la disgregazione e la disperazione giovanili, lottare e organizzarsi ogni
giorno e ovunque. Lottiamo contro le falsità democratiche dei burocrati in
poltrona girevole, contro la pazienza che ci insegnano sindaci, preti,
professori e sindacalisti per nascondere le loro sporcizie e le villette in
campagna o al mare, contro la mafia e il suo terrorismo, la sua omertà, i suoi
guadagni,
Autonomia è dunque realtà, lotte, esigenze,
programma. A noi sta convogliare e organizzare i mille momenti di lotta in un
unico potente cuneo che separi in due quest’unico mondo e sotterri la
borghesia.
(Tratto da:
mo’ basta!
aizamm’a capa, giornale dell’autonomia proletaria calabrese, ottobre 1976)