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sabato 24 febbraio 2018

Ieri partigiani, oggi antifascisti, in ogni caso teppisti

Basta farsi un giro sulle prime pagine dei quotidiani di oggi. Alla fine hanno gettato la maschera: dopo tanto blaterare di antifascismo le redazioni dei giornali e la sinistra istituzionale tornano alle loro posizioni. In Italia il pericolo non è il fascismo sono la violenza e l’odio.
Senza altro aggettivo, unico calderone indistinto che va da chi spara da una macchina in corsa a chi difende un corteo dalle provocazioni della polizia. Fenomeno completamente irrazionale che, secondo Ezio Mauro, “trabocca dalla società” e rischia di inquinare il sereno dibattito elettorale, unico elemento di interesse per questa gente.
Non può mancare il trito riferimento agli anni ’70, raccontati caricaturalmente, come un periodo in cui il virus della violenza avrebbe infettato le masse per “perdita delle difese immunitarie della società”, come può succedere di prendere un raffreddore.
In questi venticinque anni, in cui la sinistra istituzionale ha militato con pervicacia per il pieno coinvolgimento dei fascisti dentro il dibattito politico, abbiamo sentito decine di illustri esponenti spiegarci che l’antifascismo veramente efficace consiste nel coccolare i fascisti: dagli elogi ai ragazzi di Salò alle sale concesse per le loro iniziative, dalle assegnazioni di sedi all’elargizione di fondi.
Sappiamo che il neofascismo è soprattutto una bolla mediatica e gli ultimi mesi ne sono la cartina di tornasole: si è parlato a reti unificate dello straordinario lavoro sociale che farebbe questa gente nelle periferie italiane, si sono trasformati i portavoce di questi quattro scemi in ospiti fissi dei talkshow, fino a trasferire direttamente i talkshow a casa dei fascisti con il pellegrinaggio di anchorman nelle loro sedi.
Il cortocircuito che manda fuori di testa questa gente è che coccolare i fascisti viene giustificato con la vittimizzazione dei poveretti che i fascisti aggrediscono. Le innumerevoli aggressioni testimoniano che il neofascismo è forte e radicato, dicono. Se il neofascismo è forte e radicato bisogna dialogarci in tv o nelle istituzioni, per convincere serenamente i nazisti ad occuparsi di giardinaggio o di battaglie contro la caccia e la pesca.
Quando qualcuno picchia un fascista il castello di carte crolla. Diventa palese che impedire a questa gente di fare il bello e il cattivo tempo è possibile, che non occorre passare per le urne o per chi sa quali interpretazioni sociologiche, basta fargli pagare il prezzo delle loro arroganza.
Caduto il castello di carte la retorica antisistema di questi personaggi lascia il posto ai cordoni di sbirri a difesa delle loro iniziative, agli attestati di solidarietà di tutto l'establishment, alle centinaia di pagine di verbali compilati in questura.
Più che la “saldatura con il ceto medio impoverito”, di cui parla Revelli sulle pagine del Fatto Quotidiano, diventa palese la confidenza con gli apparati repressivi dello stato.
Ci scusino politici ed editorialisti se per impedire a questa gente di armare il prossimo Traini abbiamo disturbato l’appassionante dibattito sulle larghe intese.
Agli antifascisti che stanno pagando con la propria libertà le ambiguità di questa democrazia promettiamo di continuare la loro resistenza per rincontrarci presto.