Il 10 luglio
1960 si svolsero a Palermo i funerali di Francesco Vella e Andrea Gangitano,
due delle quattro vittime degli scontri avvenuti due giorni prima.
L'8 luglio la
Cgil ha indetto uno sciopero generale per i fatti di Reggio Emilia. A Palermo
il centro è presidiato dalla Celere fin dalle prime ore del mattino. Il corteo
è scortato da ingenti schieramenti di polizia. Improvvisamente partono le
cariche: la celere assalta il corteo, caricandolo con le camionette, lanciate
ad alta velocità.
La risposta del
corteo non si fa attendere: vengono lanciati sassi, bastoni e quello che si
trova in giro. La zona che va da piazza Politeama a piazza Verdi si trasforma
in un campo di battaglia. Al centro della strada viene eretta una barricata. È a questo punto che le forze dell'ordine cominciano a sparare sulla folla.
Il primo ad
essere colpito è un ragazzo di 16 anni, Giuseppe Malleo, che viene colpito al
torace da una pallottola di moschetto. Morirà in ospedale pochi giorni dopo.
Poco dopo
muoiono Andrea Gangitano (18 anni), colpito da una raffica di mitra, e
Francesco Vella, organizzatore delle leghe edili che viene colpito mentre
soccorre un ragazzo di 16 anni colpito da un lacrimogeno.
La polizia
continua a sparare all'impazzata: la quarta vittima è una donna di 53 anni,
Rosa La Barbera, raggiunta in casa da una pallottola mentre chiudeva le
imposte.
Successivamente
viene indetta un'altra manifestazione, alle 18 davanti al municipio. La polizia
respinge i manifestanti con l'impiego di lacrimogeni e nuovamente con l'uso di
armi da fuoco.
La mobilitazione
durerà fino a tarda notte.
Il bilancio
finale della giornata è di 300 fermi, 40 persone medicate per ferite da armi da
fuoco, di cui 5 sono in gravi condizioni, centinaia sono i feriti e i contusi.
Alla fine 71
dimostranti saranno arrestati.
Seguiranno tre
diversi procedimenti penali, il più importante dei quali sarà quello di Palermo
che comincerà il 16 ottobre 1960.
Tutti i 53
imputati saranno condannati, dopo appena 12 giorni di dibattimento, a pene che
vanno fino a 6 anni e 8 mesi di reclusione.
I celerini che
hanno sparato ed ucciso non saranno mai incriminati.
Lo stesso giorno,
sempre l'8 giungo 1960, la polizia spara anche a Catania. In piazza Stesicoro i
manifestanti cercano di erigere una barricata. Le jeep si lanciano sul corteo a
forte velocità e gli agenti danno il via a d una sparatoria. Vengono colpiti
dai proiettili 6 giovani.
Uno di essi,
Salvatore Novembre, un ragazzo di 19 anni, viene poi massacrato dalle
manganellate.
Si accascia a
terra sanguinante: "mentre egli perde i sensi, un poliziotto gli spara
addosso ripetutamente, deliberatamente. Uno due tre colpi fino a massacrarlo, a
renderlo irriconoscibile. Poi il poliziotto si mischia agli altri, continua la
sua azione". I poliziotti impediranno, mitra alla mano, a chiunque di
portare soccorso al giovane che si dissanguerà lentamente. Solo 45 minuti dopo
sarà consentito di accompagnarlo su un'auto privata in ospedale, dove il
giovane morirà poco dopo. Le autorità cercheranno poi di imbastire una
montatura per "accertare, ove sia possibile, se il proiettile sia stato
esploso dai manifestanti".
Il 9 luglio si
svolgeranno imponenti manifestazioni a Reggio Emilia (centomila manifestanti),
Palermo e Catania.
Tambroni
arriverà a collegare le manifestazioni ad un viaggio a Mosca di Togliatti,
affermando che "questi incidenti sono frutto di un piano prestabilito
dentro i palazzi del Cremlino".