..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione
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martedì 24 luglio 2018
L’anarchia di Achille Vittorio Pini
“Lo Stato avrà
ragione di esistere ed esisterà fintantoché rimarrà intatta la proprietà individuale,
causa prima di tutti i mali che corrompono la società attuale, quindi i nostri sforzi
saranno rivolti alla sua completa distruzione senza di cui riuscirà vano ogni nostro
desiderio di miglioramento e rimarremo continuamente gli schiavi di un padrone,
non importa se bianco, rosso o nero”. Così scrive Vittorio Pini su “Il Pugnale”,
giornale che egli stampa a Parigi alla fine degli anni Ottanta dell’Ottocento e
che dura appena il tempo di due numeri. Con i capelli e gli occhi neri, il viso
smunto, nasce a Reggio Emilia trenta anni prima da una famiglia poverissima, e ancora
ragazzino vede morire di miseria sei fratelli e il padre garibaldino. Dodicenne
lavora già in tipografia e lì – a contatto con giornali repubblicani e internazionalisti
reggiani, come “La Minoranza” e “L’Iride” – comincia a interessarsi
di politica e ad avvicinarsi alle idee democratiche-radicali. Si trasferisce prima
a Milano, dove svolge vari lavori, dal tipografo al pompiere, dal commerciante di
vini allo scrivano, poi, dal 1886, in Svizzera e, infine, in Francia. A Parigi le
sue idee sono ormai assai chiare: alla fine di una riunione alla quale partecipano
militanti anarchici da diverse parti d’Europa vengono raccolti, come è d’uso, fondi
per la propaganda, ma con magri risultati. Pini, allora, ben sapendo che per fare
attività rivoluzionaria sono necessari non pochi denari, esclama: «se noi non li
abbiamo, li ruberemo!». Egli fa parte di quegli anarchici convinti che l’espropriazione
– o «riappropriazione» – sia un diritto, se non un dovere, e che la rivoluzione
sia l’addizione di atti individuali di ribellione che contribuiscono a demolire
il sistema. Dà vita al gruppo de Gli Intransigenti di Parigi e Londra, che si confonde
con altri raggruppamenti simili: Gli Introvabili, Gli straccioni di St. Denis, I
Cosmopoliti di Montmartre, Gli Antipatrioti, La Pantera e altri. Nel n. 1 del bollettino
rivoluzionario anarchico “Il Ciclone” del settembre 1887 Pini e i suoi si
scagliano contro qualsiasi mediazione, in nome di tutte le sofferenze patite dal
proletariato: «siamo esseri che tutti gl’insulti abbiamo sofferto: galera, prostituzione,
fame, delitto». La sua battaglia alla borghesia è senza tregua: «Mezzi d’emancipazione:
espropriazione, pugnale, dinamite, petrolio» questi per finire sono i sottotitoli
di alcune delle sue pubblicazioni.