
Una retorica del
genere è possibile soltanto perché la definizione comune di rivoluzione ha sempre
implicato l'idea di un cambiamento di paradigma: un'interruzione netta, una rottura
fondamentale nella natura della realtà sociale in seguito alla quale la realtà funziona
diversamente e le categorie invalse non più valide.
Cosa sarà allora
la rivoluzione? Una rivoluzione di dimensioni mondiali avrà bisogno di molto tempo.
Ma forse è già in corso. La maniera migliore per rendersene conto è smettere di
pensare alla rivoluzione come ad una cosa - la rivoluzione, il grande cataclisma,
il punto di rottura - e chiedersi invece: "che cosa è un'azione rivoluzionaria?".
Ecco la nostra risposta: una azione rivoluzionaria è qualsiasi azione collettiva
che affronti e respinga una qualche forma di dominio e di potere, e che nel frattempo,
alla luce di questo processo, ricostituisca nuove relazioni sociali, anche all'interno
della collettività. L'azione rivoluzionaria non si propone necessariamente di rovesciare
i governi. Ad esempio, sarebbe un atto di per se rivoluzionario il tentativo di
creare delle comunità autonome nei confronti del potere (con le parole di Castoriadis,
comunità che si autoistituiscono, decidendo collettivamente le proprie regole e
i propri principi operativi e riesaminandoli costantemente). E la storia ci insegna
che la continua accumulazione di atti di questo tipo può cambiare (quasi) qualsiasi
situazione.