
L’anarchia si deve
costruire nel nostro vissuto senza aspettare l’evento rivoluzionario, poiché non
esiste un solo grande potere da abbattere. Il potere, come ci ricorda Michel Foucault, non occupa un luogo unico privilegiato, né dipende da un unico soggetto identificabile
una volta per tutte. Lo stato, le leggi, le egemonie sociali sono soltanto effetti
e manifestazioni sul piano istituzionale di rapporti e strategie di potere. Il potere
è, invece, anonimamente diffuso ovunque; è onnipresente e dappertutto, non perché
inglobi tutto, ma perché viene da ogni dove. Il potere coincide con la molteplicità
dei rapporti di forza, che variamente si intrecciano e si contrappongono. E’ una
relazione fra individui e la società è attraversata da rapporti di potere: ogni
rapporto sociale è un rapporto di potere.
Non ha senso parlare
di stato come luogo dei rapporti di dominio, poiché i rapporti di dominio sono ovunque.
Non ha più senso parlare di re, poiché i re stanno nelle famiglie, nei conventi,
nelle fabbriche e nelle scuole. Siamo tutti agenti di regolazione sociale, tutti
ci controlliamo reciprocamente; lo stato diventa un sistema di relazioni.
Quindi essendo il
potere qualcosa di disperso in tanti rapporti, a livello personale e politico, teorico
e materiale, una rivoluzione tradizionale non ha senso non essendoci alcun palazzo
da conquistare, al fine di eliminare gli effetti del potere e costruire una società
trasparente. Fondamentale per un rivoluzionario è il lavoro costante tra la gente
per combattere il dominio, cioè quel sistema di potere che è monopolio solo di una
parte della società; è necessario un lavoro lungo e profondo di delegittimazione
dell’autorità, per riuscire a rompere le asimmetrie nelle relazioni funzionali scatenando
dal basso un inizio di mutazione culturale sotto forma di resistenza e attacco.
Perché abbattere lo stato, non risolverebbe il problema del dominio, dello sfruttamento
dell’uomo sull’uomo, sugli animali e sulla terra, senza un profondo e continuo lavoro
di mutazione culturale nelle reti di rapporti fra esseri umani si ricreerebbe un
nuovo dominio solamente con una veste nuova, come è successo in tutte le rivoluzioni
del 900, che hanno avuto un intento totalizzante e si sono affidate a modelli di
mutamento sociale autoritari e statuali. L’anarchia non è cosa del futuro, ma del
presente; non è fatta di rivendicazioni ma di vita. Una vita che non attende il
giorno della rivoluzione, o meglio che vede la rivoluzione come qualcosa in perenne
movimento e aperta al cambiamento durante il suo percorso. Una concezione della
rivoluzione come processo e non solo come evento.