Colin Ward usava
dire che l’anarchia è come i semi sotto la neve, che appariranno in tutto il loro
splendore di fiori in seguito al disgelo. Una metafora bellissima, che vuole significare
di agire per creare situazioni che permettano alle potenzialità libertarie presenti
(i semi nascosti sotto la neve) di essere i fiori che potenzialmente sono e mostrare
tutta la loro bellezza. Landauer suggeriva di fare il possibile e desiderare l’impossibile,
costruendo nell’immediato col massimo di coerenza, con la consapevolezza e la volontà
di preparare la strada per un domani dove ci sarà ciò che oggi è pensato impossibile.
Sosteneva inoltre che l’anarchia non è cosa del futuro ma del presente, che non
è fatta di rivendicazioni ma di vita. Buber riprendeva il concetto di comunità,
intendendola luogo di solidarietà condivisione reciprocità e scambio; diceva di
andare oltre la modernità con gli stessi mezzi che la modernità offre, cercando
di fare una comunità di comunità. Sono idee e visioni del mondo che aprono degli
spiragli e fanno respirare con ampiezza. Danno lo spunto per affrontare i problemi
che abbiamo di fronte da angolature differenti da quelle cui siamo abituati. Mi
offrono una stupenda occasione per dire qual è per me la possibile strada del disgelo,
da dove bisogna partire per cominciare a identificare cosa bisognerebbe fare.
Nell’immediato bisognerebbe
adoperarsi per sganciarsi il più possibile dalla cappa plumbea di questo dominio
finanziario, tentare con tutte le forze di uscire dal grigiore mentale della filosofia
di vita che siamo costretti ad accettare quotidianamente, proprio per respirare
a pieni polmoni un’aria nuova. Innanzitutto dobbiamo smettere di accettare mentalmente
e culturalmente che una piccola parte della società si appropri sistematicamente
di tutto, impedendo a tutti gli altri di usufruirne.
Con serio impegno
dovremmo cercare il modo di ribellarci radicalmente all’imposizione per cui soltanto
l’economia, in particolare quella capitalistico/finanziaria, sia l’unica parte attorno
a cui e in funzione della quale ruota tutto il resto della società. Se un insieme
sociale, con tutte le sue funzioni e i suoi addentellati, si costringe a vivere
per favorire esclusivamente un’unica sua componente, in questo caso quella economica,
si condanna a una disarmonia che a lungo andare non può che essere autodistruttiva,
fino a un nichilismo totalizzante.
In particolare oggi
stiamo vivendo in funzione di un’economia non reale ma virtuale. Un’assurdità che
ci sovrasta, ci obbliga, ci impaurisce, ci distrugge, ci schiavizza. Non si riesce
neppure più a combattere il padrone, sfruttatore e oppressore in carne e ossa, perché
non è più l’oppressore fondamentale. Il nemico che ci opprime è difficilmente identificabile.
Come dicevo più sopra, si tratta di una rete extra-strutturale di interessi che
incombono e condizionano pesantemente, per favorire un’area elitaria che non ha
bisogno di comandarci direttamente perché è riuscita a rendere assolutamente potente
la virtualità attraverso le sofisticazioni tecnologiche. Sta a noi uscire dalla
neve ...