
La Comune non ha avuto capi. E questo in
un periodo storico nel quale l’idea che fosse necessario averne dominava
completamente il movimento operaio. Così si spiegano, prima di tutto, le sue
sconfitte e i suoi successi paradossali. Le guide ufficiali della Comune erano
degli incompetenti (se si prende, come riferimento, il livello di Marx, o anche
Lenin e persino Blanqui). Ma in compenso, gli atti “irresponsabili” di quel
momento sono precisamente da rivendicare per il seguito del movimento
rivoluzionario del nostro tempo (anche se le circostanze li hanno limitati
quasi tutti allo stadio distruttivo. L’esempio più conosciuto è l’insorto che
dice al borghese sospetto, che afferma di non essersi mai occupato di politica:
“è proprio per questo che ti uccido”.
La Comune rappresenta, fino ad ora, la
sola realizzazione di un urbanesimo rivoluzionario, poiché essa ha attaccato,
nella pratica, i segni pietrificati dell’organizzazione dominante della vita,
riconoscendo lo spazio sociale in termini politici, rifiutandosi di credere che
un monumento possa essere innocente. Coloro che riconducono questo aspetto ad
un nichilismo da sottoproletari, alla irresponsabilità delle incendiarie,
devono, in contropartita, confessare tutto ciò che essi considerano positivo,
da conservare, nella società dominante (si vedrà che è praticamente tutto).
La Comune mostra come i difensori del
vecchio mondo beneficino sempre, per un aspetto o per l’altro, della capacità
dei rivoluzionari; e soprattutto di coloro che pensano la rivoluzione. E
precisamente là dove i rivoluzionari pensano come loro. Il vecchio mondo
mantiene così delle basi (l’ideologia, il linguaggio, i costumi, i gusti) nello
sviluppo dei suoi nemici, e vi si inserisce per riguadagnare il terreno
perduto. (Solamente il pensiero in atto, naturale per il proletariato
rivoluzionario, gli sfugge una volta per tutte: la Corte dei Conti è bruciata).
La vera “quinta colonna” è nello spirito stesso dei rivoluzionari.
L’audacia e l’immaginazione della Comune
non si misurano, evidentemente in rapporto alla nostra epoca, ma in rapporto
alla banalità di allora nella vita politica, intellettuale, morale. In rapporto
alla solidarietà di tutte le banalità alle quali la Comune ha appiccato il
fuoco. Così, considerando la solidarietà delle banalità attuali, si può concepire
l’ampiezza della creatività che possiamo attenderci da un’esplosione uguale.