Si può intendere per libertà qualcosa di
diverso dalla possibilità di ottenere senza sforzo ciò che piace. Esiste una
concezione ben diversa della libertà, una concezione eroica che quella della
saggezza comune. La libertà autentica non è definita da un rapporto tra il
desiderio e la soddisfazione, ma da un rapporto fra il pensiero e l'azione;
sarebbe completamente libero l'uomo le cui azioni procedessero tutte da un
giudizio preliminare concernente il fine che egli si propone e il
concatenamento dei mezzi atti a realizzare questo fine. Poco importa che le
azioni in se stesse siano agevoli o dolorose, e poco importa anche che esse
siano coronate da successo; il dolore e la sconfitta possono rendere l'uomo sventurato,
ma non possono umiliarlo finché è lui stesso a disporre della propria facoltà
di agire. E disporre delle proprie azioni non significa affatto agire
arbitrariamente; le azioni arbitrarie non derivano da alcun giudizio e, se
vogliamo essere precisi, non possono essere chiamate libere. Ogni giudizio si
applica a una situazione oggettiva, e di conseguenza ad un tessuto di
necessità. L'uomo vivente non può in alcun caso evitare di essere incalzato da
tutte le parti da una necessità assolutamente inflessibile; ma, poiché pensa,
ha la facoltà di scegliere tra cedere ciecamente al pungolo con il quale essa
lo incalza dal di fuori, oppure conformarsi alla raffigurazione interiore che
egli se ne forgia; e in questo consiste l'opposizione tra servitù e libertà.