
Le sue idee, le sue volontà traggono
origine dal sentimento di simpatia, di amore, di rispetto verso tutti gli
umani: sentimento che deve essere abbastanza forte per indurlo a volere il bene
degli altri come il proprio, ed a rinunziare a quei vantaggi personali che domandano,
per essere ottenuti, il sacrificio degli altri.
Se non fosse così perché dovrebbe egli
essere nemico dell’oppressione e non cercare invece di divenire oppressore?
L’anarchico sa che l’individuo non può
vivere fuori della società, anzi non esiste, in quanto individuo umano, se non
perché porta in sé i risultati dell’opera d’innumerevoli generazioni passate, e
profitta durante tutta la sua vita del concorso dei suoi contemporanei.
Egli sa che l’attività di ciascuno
influisce, diretta o indirettamente, sulla vita di tutti, e riconosce perciò la
grande legge di solidarietà, che domina nella società come nella natura. E
siccome egli vuole la libertà di tutti. Bisogna che voglia che l’azione di
questa necessaria solidarietà invece di essere imposta e subita, inconsciamente
ed involontariamente, invece di essere lasciata al caso e di essere sfruttata a
vantaggio di alcuni ed a danno di altri, diventi cosciente e volontaria e si
esplichi quindi ad eguale benefizio di tutti.
O essere oppressi, o essere oppressori,
o cooperare volontariamente al maggior bene di tutti. Non vi è altra
alternativa possibile; e gli anarchici naturalmente sono, e non possono non
essere, per la cooperazione libera e voluta.
È anarchico colui che la massima sua
soddisfazione trova nel lottare per il bene di tutti, per la realizzazione di
una società in cui egli possa trovarsi, fratello tra i fratelli. Chi invece può
adattarsi, contento, a vivere tra schiavi e trarre profitto dal lavoro di
schiavi, non è non può essere anarchico.