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sabato 20 febbraio 2016

Rapporti tra marxisti e anarchici

I rapporti tra marxisti e anarchici sono sempre stati particolarmente ambigui. Alcuni sottolineano momenti ed eventi particolari - i dissidi nella Prima Internazionale e Saint Imier, la rivoluzione bolscevica, la guerra di Spagna - per illustrare lo stacco incolmabile tra la visione della rivoluzione dei seguaci di Marx e quella dei seguaci di Bakunin. L'argomento forte è il seguente: ogni qualvolta che i comunisti marxisti hanno raggiunto il potere, una delle loro prime preoccupazione è stata quella di "far fuori" gli anarchici, sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista propriamente "fisico". È un'argomentazione probabilmente definitiva, ma nasconde un problema ulteriore. Infatti, i marxisti - in Russia come in Cina, a Cuba come nell'ex Jugoslavia - non si sono limitati a "far fuori" solo gli anarchici, ma hanno fatto la stessa cosa con altri radicali: i socialisti, i socialdemocratici, i liberali, i populisti, i "borghesi rivoluzionari", i vari "eretici" a sinistra, eccetera.
L'idea di una società anarchica fa quindi ripensare la stessa socialità umana, ovvero il rapporto fra persone, e quindi mostra che è artificiosa la distinzione fra persona e società. Una società anarchica è fondata sulla persona concreta e sulla sua capacità di creare forme sociali; si evita quindi di stabilire con un processo di astrazione dei valori morali assoluti e di creare strutture funzionali ad essi anche a discapito delle persone
L'idea di ciò che è buono e desiderabile è infatti soggettiva, multiforme, mutevole, e non si può rappresentare come sovrumana, né si deve adorare in quanto entità astratta, e tanto meno in forma coercitiva.
La società voluta dagli anarchici rifiuta che dei valori umani vengano mitizzati e considerati come superiori a uomini e donne concreti.
Il pensiero anarchico è in realtà un pensiero complesso, policromo, talvolta contraddittorio,come contradditorio è l'uomo.
Ma ciò che soprattutto lo distingue dalle altre dottrine politiche, è che per l'anarchismo non esiste una “umanità astratta” (di cui invece trattano tanto il liberalismo quanto il socialismo di stato e il comunismo autoritario), ma singoli uomini concreti.
Nell'anarchia è di fondamentale importanza l'autodeterminazione dell'individuo, di ogni singolo individuo, che è unico e diverso da tutti gli altri, e il suo totale e pieno diritto di scelta, di consenso o di rifiuto. Potremmo provare a definirla quindi una filosofia della libertà.
Non esiste distinzione tra i mezzi e il fine che si vuole raggiungere; non si può voler ottenere la libertà, ad esempio, restringendola o negandola.
Anarchia non significa affatto disordine: caso mai il suo contrario, nel senso che gli anarchici tentano di ritrovare, di ricostituire quello che per loro è l'”ordine naturale” delle cose e della vita, deformato e stravolto nel tempo dalle varie forme di sopraffazione, di dominio, di sfruttamento e di potere. Come pensare che uomini come Tolstoj e Godwin, Thoreau e Kropotkin, le cui teorie sociali sono state definite anarchiche, volessero portare nient'altro che il caos, il disordine, la violenza nella società?
Gli anarchici non vogliono conquistare il potere (neppure in “nome del popolo”), vogliono eliminarlo. In altre parole si può dire che vogliono frantumarlo e ridistribuirlo in migliaia e migliaia di piccole unità, tante quanti sono gli esseri umani.
Se per il socialismo il valore principale di riferimento è l'uguaglianza e per il liberalismo la libertà, per l'anarchismo tali valori sono del tutto inscindibili e non possono che darsi contemporaneamente. Non vi può essere libertà senza uguaglianza né uguaglianza senza libertà.