I rapporti tra marxisti e anarchici sono
sempre stati particolarmente ambigui. Alcuni sottolineano momenti ed eventi
particolari - i dissidi nella Prima Internazionale e Saint Imier, la
rivoluzione bolscevica, la guerra di Spagna - per illustrare lo stacco
incolmabile tra la visione della rivoluzione dei seguaci di Marx e quella dei
seguaci di Bakunin. L'argomento forte è il seguente: ogni qualvolta che i
comunisti marxisti hanno raggiunto il potere, una delle loro prime preoccupazione
è stata quella di "far fuori" gli anarchici, sia dal punto di vista
culturale sia dal punto di vista propriamente "fisico". È
un'argomentazione probabilmente definitiva, ma nasconde un problema ulteriore.
Infatti, i marxisti - in Russia come in Cina, a Cuba come nell'ex Jugoslavia -
non si sono limitati a "far fuori" solo gli anarchici, ma hanno fatto
la stessa cosa con altri radicali: i socialisti, i socialdemocratici, i
liberali, i populisti, i "borghesi rivoluzionari", i vari
"eretici" a sinistra, eccetera.
L'idea di una società anarchica fa
quindi ripensare la stessa socialità umana, ovvero il rapporto fra persone, e
quindi mostra che è artificiosa la distinzione fra persona e società. Una
società anarchica è fondata sulla persona concreta e sulla sua capacità di
creare forme sociali; si evita quindi di stabilire con un processo di
astrazione dei valori morali assoluti e di creare strutture funzionali ad essi
anche a discapito delle persone
L'idea di ciò che è buono e desiderabile
è infatti soggettiva, multiforme, mutevole, e non si può rappresentare come
sovrumana, né si deve adorare in quanto entità astratta, e tanto meno in forma
coercitiva.
La società voluta dagli anarchici
rifiuta che dei valori umani vengano mitizzati e considerati come superiori a
uomini e donne concreti.
Il pensiero anarchico è in realtà un
pensiero complesso, policromo, talvolta contraddittorio,come contradditorio è
l'uomo.
Ma ciò che soprattutto lo distingue
dalle altre dottrine politiche, è che per l'anarchismo non esiste una “umanità
astratta” (di cui invece trattano tanto il liberalismo quanto il socialismo di
stato e il comunismo autoritario), ma singoli uomini concreti.
Nell'anarchia è di fondamentale
importanza l'autodeterminazione dell'individuo, di ogni singolo individuo, che
è unico e diverso da tutti gli altri, e il suo totale e pieno diritto di
scelta, di consenso o di rifiuto. Potremmo provare a definirla quindi una
filosofia della libertà.
Non esiste distinzione tra i mezzi e il
fine che si vuole raggiungere; non si può voler ottenere la libertà, ad
esempio, restringendola o negandola.
Anarchia non significa affatto
disordine: caso mai il suo contrario, nel senso che gli anarchici tentano di
ritrovare, di ricostituire quello che per loro è l'”ordine naturale” delle cose
e della vita, deformato e stravolto nel tempo dalle varie forme di
sopraffazione, di dominio, di sfruttamento e di potere. Come pensare che uomini
come Tolstoj e Godwin, Thoreau e Kropotkin, le cui teorie sociali sono state
definite anarchiche, volessero portare nient'altro che il caos, il disordine,
la violenza nella società?
Gli anarchici non vogliono conquistare
il potere (neppure in “nome del popolo”), vogliono eliminarlo. In altre parole
si può dire che vogliono frantumarlo e ridistribuirlo in migliaia e migliaia di
piccole unità, tante quanti sono gli esseri umani.
Se per il socialismo il valore
principale di riferimento è l'uguaglianza e per il liberalismo la libertà, per
l'anarchismo tali valori sono del tutto inscindibili e non possono che darsi
contemporaneamente. Non vi può essere libertà senza uguaglianza né uguaglianza
senza libertà.