Affinché la critica anti-industriale possa riempire di
contenuti le lotte sociali, deve nascere una cultura politica radicalmente diversa
da quella che predomina oggi. Questo vuol dire iniziare a ricostruire tra gli oppressi,
al di fuori della politica ma all'interno del conflitto stesso, una comunità di
interessi opposti a questo sviluppo tecnologico infinito del capitale. Per questo
motivo, la molteplicità degli interessi locali deve condensarsi e rafforzarsi in
un interesse generale, al fine di concretizzarsi in obiettivi precisi ed in alternative
reali attraverso un dibattito pubblico. Una comunità siffatta deve essere egualitaria
e guidata dalla volontà di vivere in un altro modo. La politica anti-industriale
si fonda sul principio dell'azione diretta e della rappresentanza collettiva, motivo
per cui non deve riprodurre la separazione tra dirigenti e diretti che configura
la società esistente. In questo ritorno al pubblico, l'economia deve ritornare alla
domus, rivendicare quel che è stata, un'attività domestica. Da un lato la comunità
deve garantirsi contro qualsiasi potere separato, organizzandosi in maniera orizzontale
attraverso strutture assembleari e controllando nel modo più diretto possibile i
suoi delegati e rappresentanti, in modo che non si ricostituiscano gerarchie formali
o informali. Dall'altro, deve interrompere la sottomissione alla razionalità mercantile
e tecnologica. Non potrà mai controllare le condizioni della propria riproduzione
inalterata se agisce altrimenti, ovvero se crede al mercato e alla tecnologia, se
riconosce la seppur minima legittimità alle istituzioni del potere dominante o se
adotta i suoi modi di funzionamento.
..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione