“Se dovessi rispondere
alla seguente domanda: Che cos’è la schiavitù? e rispondessi con una sola parola:
È un assassinio, il mio pensiero sarebbe subito compreso.
Non avrei bisogno d’un lungo discorso per dimostrare che il potere di privare
l’uomo del pensiero, della volontà, della personalità, è un potere di vita e di
morte, e che rendere schiavo un uomo significa assassinarlo. Perché dunque a quest’altra
domanda: Che cos’è la proprietà? non posso rispondere allo stesso modo: E’ un furto
senza avere la certezza di non essere compreso, benché questa seconda proposizione
non sia che una trasformazione della prima? Io mi accingo a mettere in discussione
il principio stesso del nostro governo e delle nostre istituzioni, la proprietà”.
Quella che Proudhon vuole cancellare infatti, non è la proprietà intesa in senso
assoluto, bensì la proprietà privata dei soli mezzi di produzione (in particolare
la proprietà terriera, come abbiamo già accennato nelle scorse pagine): la proprietà
che concerne il frutto del proprio lavoro invece, viene considerata dal pensatore
francese come inviolabile. “Il diritto al
prodotto è esclusivo, ius in re; il diritto allo strumento è comune, ius ad rem”.
Secondo Proudhon, in sostanza, bisogna abolire la proprietà privata dei mezzi di
produzione per far sì che tutti, e non più solamente una ristretta cerchia di persone,
abbiano a disposizione gli stessi mezzi per poter poi raggiungere fini determinati
individualmente. Non a caso, in scritti successivi, egli non ha esitato ad affermare
che la proprietà (intesa in questo caso come ius in re) è la libertà: poter disporre
di quanto si produce, consumandolo o scambiandolo sul mercato, è infatti una fondamentale
garanzia per far sì che si attui la libera scelta individuale. La proprietà privata
è quindi da considerarsi un furto: tale furto consiste nel fatto che il singolo
si appropria di un bene comune, sottraendolo definitivamente a tutti gli altri uomini.
Questo dimostra anche che la critica rivolta a Proudhon da Stirner e Marx, secondo
la quale dire che “la proprietà è un furto” è contraddittorio perché l’idea di furto
presuppone comunque la proprietà, non regge: e non regge perché Stirner e Marx così
dimostrano di non aver capito che per Proudhon in realtà non tutta la proprietà
è un furto, bensì lo è la sola proprietà privata dei mezzi di produzione (della
terra in particolare)… e questa proprietà privata è un furto ai danni di un’altra
proprietà che Proudhon certo non nega: la proprietà collettiva dei mezzi di produzione,
a cui tutti hanno un eguale diritto di accesso.
..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione