Al Festival di Spoleto del 1964 la presentazione della
canzone “disfattista” Gorizia suscita scandalo e le proteste ufficiali di varie
associazioni d’arma, nonché alcune interrogazioni parlamentari e l’incriminazione
dei responsabili per vilipendio delle Forze Armate (la strofa incriminata recitava:
“Traditori signori ufficiali/ questa guerra l’avete voluta/ scannatori di carne
venduta (e rovina della gioventù)”.
Il gruppo dei grufoli
Il giorno 25 giugno del 1915, mentre il Caporal Maggiore
passeggiava in via Cavour in Verona fu avvicinato da un soldato di Cavalleria che
gli introdusse nella bottoniera della giubba un foglio di carta piegato. Apertolo
e accortosi che si trattava di uno stampato “sovversivo” inseguì il distributore
il quale, in compagnia di altri due soldati, proseguiva la via continuando a distribuire
altri foglietti identici ai militari che incontrava. Insieme a M. L. era il sergente
L. e vi si unì anche l’ufficiale di picchetto di Castelvecchio. I tre soldati, accortisi
dell’inseguimento, si diedero alla fuga. Due furono raggiunti e identificati nelle
persone dei soldati di Cavalleria F. P. e S. F., il terzo si dileguò né fu rintracciato.
Iniziatesi le indagini e dopo una perquisizione furono identificati altri nuovi
soldati del reggimento, i quali avevano “relazioni fra di loro ed erano collegati
in opera criminosa tendente a scalzare la disciplina dell’esercito”. Come elementi
a carico degli imputati, furono rinvenute delle lettere contenenti numerose espressioni
di indole sovversiva e inneggianti a ideali rivoluzionari; tra le frasi più salienti
furono notate: “Carissimo Grufolo saluta tutto il gruppo dei Grufoli” e l’indirizzo
al soldato Grufolo Grufoletti, quinto Grufolini, all’interno frasi auguranti il
trionfo dell’internazionale anarchica; in un’altra lettera, diretta ai “Carissimi
Grufolini”, fu rinvenuto un articolo scritto per un giornale “sovversivo”; due fogli
supplemento al “Libertario” intitolati Mentre la tragedia precipita; una foto di
gruppo dove S. F. appariva con una fascia a bandoliera su cui si leggeva la parola
“ANARCHIA”. Tutti i soldati incriminati furono giudicati colpevoli di propaganda
sovversiva e condannati a pene variabili dai dieci ai venti anni di carcere.