L’economia al posto di comando significa inesorabilmente
disarmonia e conflitto, perché ogni volta che essa funziona, funziona soltanto per
un settore o per una parte (se poi non funziona non funziona per nessuno se non
per LORO). Bilanci, fatturati, e indici di produzione appartengono a una grande
bugia, perché nel mondo sottomesso all’economia, in testa a tutte le classifiche
c’è la produzione di infelicità. Questa è la merce definitiva, il prodotto dei prodotti.
Perché l’economia non domina SOLTANTO l’esistenza sociale,
ma è scivolata ben dentro le menti, i comportamenti, le relazioni personali: guadagno,
risparmio, investimenti, ricavi e costi, sono categorie che l’umanità è arrivata
ad applicare a ogni circostanza; in questo senso l’economia è la più diffusa e micidiale
delle sostanze inquinanti, la vera droga pesante con miliardi di tossicodipendenti.
Il prezzo antropologico che l’umanità paga per qualche dose/bustina di benessere
economico è lo sterminio e la depressione delle ricchezze vitali.
Non è certo nelle mani degli economisti che c’è un futuro
per l’economia. Perché come tutti coloro che pretendono di seguire una fredda oggettività,
gli economisti costruiscono una disciplina estranea alla ricchezza vitale. E ormai
sempre più una disciplina separata, specializzata, freddamente oggettiva e razionale,
non è soltanto odiosa, è anche profondamente stupida.
Alleggerire l’economia da ogni primato e da ogni privilegio
è il solo modo per riservarle una possibilità di salvezza (sempre se vale la pena
salvarla). Alla borsa, nelle banche e nelle menti andrebbe messo un cartello con
scritto: senza espansione della felicità niente sviluppo economico.