Il dominio, il potere, nella politica e nella strada,
in pace come in guerra, appartiene a chi è meglio equipaggiato tecnicamente. La
borghesia è stata sostituita da una classe tecnocratica che non è nata da una rivoluzione
antiborghese ma dalla crescente complessità sociale provocata dalla lotta di classe
e dall’intervento statale. Sul cammino verso una nuova società basata sull’alta
produttività procurata dall’automazione e sull’economia dei servizi, la borghesia
si è trasformata in una nuova classe dominante. Questa non si basa sulla proprietà
privata o sul denaro, ma sulla competenza e la capacità di gestione; la proprietà
e il denaro sono necessari ma non determinanti. La forza della classe dominante
non proviene esclusivamente dall’economia, né dalla politica e nemmeno dalla tecnica,
ma dalla fusione delle tre in un complesso tecnologico di potere che Mumford chiamò
“megamacchina”. Se la tecnica, diventata l’unica forza produttiva, ha permesso il
trionfo dell’economia, ora l’economia, creando il mercato mondiale, ha spianato
il cammino alla tecnica, e questa impone la dinamica espansiva della produzione
di massa al mondo intero. A modo suo ha ridicolizzato la figura dello Stato, degradando
la sua storia e il suo ruolo dopo che l’economia lo ha convertito nel padrone più
grande e la tecnica lo ha trasformato in un macchinario di governo e di controllo
delle masse. Dalla fine del XIX secolo la stabilità del sistema capitalista è stata
ottenuta grazie all’intervento dello Stato, che ha messo in atto una politica economica
e sociale correttrice. Lo Stato ha smesso di essere una sovrastruttura autonoma
per fondersi con l’economia e presentarsi come un terreno neutrale in cui il confronto
tra le classi poteva trovare soluzioni. Lo Stato diventava il garante dei miglioramenti
sociali, della sicurezza e delle opportunità. Lo Stato “del benessere” fu un’invenzione
che assicurava al tempo stesso la rivalorizzazione del capitale e l’acquiescenza
delle masse. Al suo interno la politica si trasformava progressivamente in amministrazione,
si professionalizzava, si orientava verso la soluzione di questioni tecniche. Quand’anche
il regime politico fosse una democrazia, la politica non poteva essere oggetto di
discussione pubblica: in quanto esposizione e risoluzione di problemi tecnici richiedeva
da un lato un sapere specializzato – era una tecno politica – nelle mani di una
burocrazia professionista, e dall’altro un allontanamento – una spoliticizzazione
– delle masse. Il progresso tecnico ha ottenuto questa spoliticizzazione. Ha avuto
la capacità di isolare l’individuo nella società, circondandolo di marchingegni
domestici e immergendolo nella vita privata. D’altra parte, ciascuna tappa del cosiddetto
progresso annulla la precedente, sviluppando un dinamismo compulsivo in cui la novità
è accettata semplicemente per il fatto di essere una novità e il passato viene relegato
all’archeologia. In questo modo crea un continuo presente in cui non succede niente
dato che niente ha importanza e in cui gli uomini sono indifferenti.
..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione