L’asserzione
secondo cui “gli anarchici e le anarchiche” non potrebbero tenere sequestrate (“incarcerate”)
delle persone perché ciò sarebbe sconfessare i presupposti dell’anarchismo, se valutata
alla luce della realtà sociale effettiva ed alle condizioni in cui tali fatti si
svolgono, viene a perdere la sua apoditticità, rivelandosi assolutamente relativa.
Questa
che di primo acchito potrà sembrare una divagazione, mi pare invece una introduzione
indispensabile per affrontare al meglio la tematica anarchismo-galera, e precisamente
per significare in quale maniera e perché gli anarchici vogliono la distruzione
di ogni forma di istituzione penitenziaria, non accettando che alcuno vi sia
destinato.
È di
estrema attualità, infatti, il dibattito e la lotta intrapresa dagli anarchici a
seguito dell’applicazione del 41bis del Regolamento carcerario, e conseguente
trasferimento al penitenziario di Sassari (Bancali), del compagno Alfredo Cospito,
già in galera da una decina d’anni per l’azzoppamento di uno dei corresponsabili
italiani dell’industria del nucleare (una delle più floride), e che dal 24 di ottobre
ha iniziato lo sciopero della fame fino a lasciarsi morire, contro la stessa esistenza
di quell’articolo e dell’ergastolo ostativo.
Infatti,
il medesimo 41bis pone compagni e compagne di fronte a non poche problematiche di
diverso ordine, che ovviamente si riflettono sulle modalità della lotta in solidarietà
ad Alfredo ed ai/alle compagni/e che hanno a loro volta iniziato lo sciopero della
fame per rafforzare la sua lotta.
GLI
ANARCHICI E LA LOTTA CONTRO IL 41bis
Il
regime carcerario previsto dall’articolo 41bis del Regolamento Penitenziari (R.P.)
prevede tutta una serie di restrizioni che, affiancando l’isolamento in pratica
totale del detenuto, mirano al suo annientamento psico-fisico, in poche parole è
una tortura per altro inflitta fino al suo ultimo respiro.
Originariamente
imposto per i condannati per reati di mafia, viene via via esteso ai detenuti per
altri reati, tra cui primeggiano quelli per sequestro di persona e per cosiddetto
terrorismo.
Ora,
Alfredo Cospito è in sciopero della fame deciso a vincere la battaglia oppure a
lasciarsi morire, per cui tutti siamo consapevoli della urgenza di un intervento
in grado di mettere su in tempo sufficiente una forza tale da imporsi allo Stato.
La vicenda che così ci si impone offre apparentemente due possibilità:
1. personalizzare in certo qual modo la lotta
contro il 41bis, cioè affrontare immediatamente la sfida lanciata dallo Stato con
gli strumenti che si hanno, da soli o unitamente a quelle altre forze che si mobilitano
anch’esse nell’immediato per sostenere la lotta contro il 41bis imposto già da una
decina d’anni anche ad altri/e rivoluzionari/ie in galera – in altri termini puntiamo
a tirare fuori nell’immediato i rivoluzionari sottoposti a tale regime carcerario
di annientamento;
2. mobilitarsi fin da subito per
una campagna estesa che sia al contempo contro il carcere in generale e la detenzione
speciale in particolar modo.
Nel primo caso mi pare velleitario pretendere
che si raggiunga in tempi stretti una forza tale da riuscire ad imporre allo Stato
di rimangiarsi le sue decisioni; e d’altro canto non si può neppure sperare che
nel giro di poco tempo tutte quelle forze “progressiste” che fin dall’inizio non
si sentono mobilitate perché non tenute in conto, sostengano sia pure a modo loro
la lotta intrapresa.
La
seconda possibilità, di primo acchito, pare richiedere più tempo, ed una strategia
della mobilitazione che presenta grossi intoppi fin dall’inizio. Proprio perché
si tratta anche di contrastare l’applicazione di un articolo del R.P. originato
in funzione della punizione “straordinaria” di delitti di mafia, fra cui atti infami
e terribili, si fa notare giustamente da diversi compagni e compagne che proprio
per questo anche la parte del sociale che potrebbe solidarizzare con la nostra campagna,
se ne starebbe ben lontana (non volendo appunto sostenere in alcun modo agevolazioni
alla detenzione di chi si è macchiato di così bestiali crimini).
(continua)