Tuttavia
per valutare al meglio le due possibilità bisogna che si tenga pur conto del fatto
che se non si coinvolge nell’un caso e nell’altro il “mondo carcerario” – cioè i
detenuti, le loro famiglie ed i loro amici – raggiungere qualsiasi obbiettivo sarà
veramente fuori delle possibilità. Anche se la mobilitazione si allarga sul piano
internazionale, come di già si sta concretizzando.
Non
resta che valutare se le due possibilità possono viaggiare assieme, non escludersi
a vicenda bensì integrarsi l’una nell’altra. Ed io credo che solo così si ha possibilità
concreta di vincere la battaglia e salvare la vita al nostro compagno. Per cui:
·
agire
fin da subito per tentare di coinvolgere nell’immediato i detenuti nel loro complesso,
i loro familiari e amici in una campagna contro la galera in quanto ISTITUZIONE;
·
iniziare
la campagna contro i disumani trattamenti nelle carceri, le sue torture ed i suoi
ricatti a tutti i reclusi;
·
palesare
la barzelletta del carcere come cura degli “errori fatti” e del reinserimento dei
prigionieri entro un sociale che li genera quotidianamente a decine di migliaia;
·
mobilitarsi
in ogni territorio ove vi sono penitenziari per sensibilizzare le persone che vi
si recano a colloquio in modo tale che arrivino all’interno le notizie sulla mobilitazione
ecc.
·
chiarire
che l’anarchismo lotta per la distruzione della galera e del sociale che la genera,
ma al contempo chiarire anche che è entro il sociale medesimo che si creano le condizioni
per risolvere le brutture, le imposizioni e le prepotenze ai danni di persone ed
individui che non vogliono sottostare ai voleri altrui.
Gli
anarchici l’istituzione galera non la vogliono per nessuno, né per gli autori di
stragi, né per i responsabili delle guerre e della miseria diffusa, né per i fautori
delle più indicibili atrocità, mafiosi, politici, industriali, finanzieri ed altro
che siano: con tutti loro, i conti si fanno in altro modo!
Se
non siamo in grado di portare avanti il NOSTRO discorso, con i NOSTRI fondamenti,
la battaglia è di già persa prima di iniziarla.
(Un
precedente significativo di lotta simile è senza dubbio quella iniziata nel 1999-2000
e perdurata qualche anno contro il regime penitenziario FIES, entro i domini dello
Stato spagnolo; dalla documentazione, esistente in maniera massiccia, potranno emergere
le positività ma anche le carenze manifestate dal movimento nostro e della sua debolezza
di fondo, frutto di una eredità ancorata a strutture organizzative superate dal
corso degli eventi, ed incapace di parlare e di relazionarsi con le masse subalternizzate
odierne.
In
questa prospettiva viene superato anche il nodo dovuto al fatto che non si potrebbe
impostare la mobilitazione direttamente contro il 41bis, in quanto ciò significherebbe
allontanare dalla lotta coloro che “inorridiscono” al pensare che anche i mafiosi,
“che meritano il regime carcerario” più duro per gli orrendi crimini che hanno commesso,
ne beneficerebbero.
Ciò
non vuole di certo significare farci le pipe in salotto con lo stupratore, col politico
di turno che cercherà di fungere da mediatore, col mafioso che impone il suo ordine
corroborando così quello dello “Stato assente”, ecc.
Dobbiamo
tentare di porre in piedi una mobilitazione generale il cui fine è salvaguardare
la vita dei nostri compagni e compagne ed al medesimo tempo fare una campagna contro
la istituzione galera ed il sistema che la genera, ma in cui le modalità del nostro
procedere e comportarci siamo in grado di esplicarle e gestirle in un contesto ove
saranno presenti forze strumentalizzatrici di ogni tipo.