La grande novità
oggi è che il movimento anarchico non è più l’unico depositario, il solo
detentore, di certi principi anti-gerarchici, né di certe pratiche non
autoritarie, né di forme orizzontali di organizzazioni, né della capacità di
intraprendere lotte con connotazioni libertarie. Tali elementi si sono
disseminati al di fuori del movimento anarchico e oggi sono ripresi da
collettivi che non si identificano con l’anarchismo, anzi che, a volte,
esprimono chiaramente il loro rifiuto a farsi rinchiudere tra le maglie di
questa identità. Se vogliamo dunque parlare dell’anarchismo contemporaneo,
dobbiamo tenere accuratamente conto dell’esistenza di queste manifestazioni,
perché fanno parte dell’anarchismo in atto, anche se non ne rivendicano il
nome, e anche se ne sconvolgono un po’ le forme tradizionali. Dobbiamo tenerne
conto perché, in definitiva, sono convinto che ciò che importa a tutti e a
tutte è che le persone sviluppino pratiche di tipo anarchico, che si impegnino
in lotte anti-autoritarie e che manifestino una sensibilità libertaria, più che
si schierino, o meno, dietro il vessillo dell’anarchia. Ecco la ragione per
cui, per indicare que-sto anarchismo che si sta un po’ diffondendo, questo
anarchismo non identitario, elaborato direttamente nelle lotte contemporanee,
ed esterno al movimento anarchico, ho fatto uso dell’espressione
neo-anarchismo. Il neo-anarchismo è effettivamente questo, ma non soltanto,
poiché quello che vi ho appena descritto rappresenta solo uno dei due elementi
di tale fenomeno. L’altro elemento del neo-anarchismo è costituito da
collettivi e da persone, di solito molto giovani, che, pur dichiarandosi
esplicitamente anarchici, esprimono però una nuova sensibilità nei confronti di
tale appartenenza identitaria. Il loro modo di far propria l’identità anarchica
è contraddistinto da un’elasticità e da un’apertura che, da un lato, comporta
un rapporto diverso con la tradizione anarchica e, dall’altro, con i movimenti
antagonisti esterni a tale tradizione. Di fatto, i confini tra queste due
realtà diventano sempre più permeabili, più porosi, la dipendenza dalla
tradizione anarchica si indebolisce e, soprattutto, si avverte come tale
tradizione debba essere fecondata, arricchita e dunque trasformata e
riformulata, mediante inclusioni, e persino tramite ibridazione, mediante una
certa mescolanza, con apporti provenienti da lotte condotte nel quadro di altre
tradizioni. Non si tratta soltanto di inserire nell’anarchismo elementi di un
pensiero critico elaborato fuori di esso, si tratta, soprattutto, della
necessità di produrre in comune, insieme ad altri collettivi parimenti
impegnati in lotte contro il dominio, con elementi che si inseriscano nella
tradizione anarchica, conferendole nuovo impulso. Tale apertura del
neo-anarchismo potrebbe essere esemplificata ricordando la famosa frase che
dice: «Da soli non abbiamo possibilità, ma inoltre, ciò non porterebbe a
niente».
Ed è proprio
questa sensibilità che ritroviamo nella dichiarazione del PAN, rete planetaria
anarchica (Planetary Anarchist Network), dove, ad esempio, possiamo leggere:
«Si tratta di mettere in rapporto i milioni di persone che in tutto il mondo
sono concretamente anarchiche senza saperlo con il pensiero di coloro che
operano in questa stessa tradizione e, al tempo stesso, arricchire la
tradizione anarchica a contatto con la loro esperienza». Questa ridefinizione
identitaria ha ripercussioni sull’immaginario anarchico e ciò è importante
perché, come sappiamo benissimo, in generale, non è tramite la preliminare
conoscenza dei testi teorici che i giovani si accostano al movimento anarchico.
Non aderiscono agli scritti di Proudhon, ma a un certo tipo di immaginario. Di
fatto, l’immaginario si è continuamente arricchito, facendo propri,
principalmente, i grandi eventi storici delle lotte contro il dominio, mano a
mano che si verificavano; in questi ultimi anni ha fatto propri, ad esempio, le
barricate, oltre alle occupazioni e agli slogan del Maggio 68. Dopo il
Sessantotto, una serie di fenomeni, come gli anarco-punk o ancora il
proliferare degli squat, con l’estetica e lo stile di vita che hanno
sviluppato, hanno continuato a rendere mobile tale immaginario. Ma sono stati
certamente i grandi episodi internazionali delle lotte contro diverse forme di
dominio, dal Chiapas nel 1994 fino a Genova nel 2001, passando per Seattle nel
1999, che lo hanno reso vivo agli occhi dei più giovani. È questo immaginario,
un po’ diverso se paragonato a quello degli anni Sessanta che, grosso modo, si
fermava alla rivoluzione spagnola, che suscita le adesioni identitarie dei
giovani anarchici di oggi, ed è chiaro che i nuovi elementi che lo
costituiscono ridisegnano, necessariamente, il profilo di tale identità.
Riassumendo, l’identità anarchica contemporanea non è più, nel modo più
assoluto, quella di un tempo, né può essere la stessa, perché l’immaginario nel
quale si costituisce si alimenta anche delle lotte sviluppate dagli attuali
movimenti di contestazione, le quali, a loro volta, presentano caratteristiche
differenti dalle lotte di un tempo. Queste nuove forme di lotta non compaiono
per caso né sono il risultato di una nuova strategia politica elaborata in
qualche luogo in maniera deliberata. In realtà, sono il risultato diretto di
una ricomposizione e di un rinnovamento dei dispositivi e delle modalità del
dominio che accompagnano i cambiamenti sociali di questi ultimi decenni. Le
pratiche di lotta contro il dominio stanno cambiando nel momento stesso in cui
cambiano le forme di dominio, e ciò è del tutto normale, perché le lotte sono
sempre suscitate e definite da ciò contro cui si costituiscono. Sono le nuove
forme di dominio apparse nelle nostre società a generare le resistenze attuali
e a conferire loro la forma che è loro propria.