Ieri ho sentito alla radio che la luna avrebbe raggiunto in serata il suo Perigeo, punto di minima distanza dal nostro pianeta. Verso le 11 mi sono affacciato sul balcone, anche per prendere un po’ di fresco, e me la son trovata davanti, una immensa luna piena grande luminosissima e stupenda, cominciai a fissarla quando ad un certo punto mi vennero in mente delle note musicali. E si quella incredibile luna del mese di giugno è il pretesto per ricordare uno dei pezzi tra più belli della storia della musica rock degli anni 70, “Moon in June” dei Soft Machine, pionieri della psichedelica britannica precursori del rock progressivo e colonna portante di quello che poi è stato definito “Canterbury Sound”.
Tutto ebbe inizio nel 1961 quando un gruppo di ragazzi Mike Ratledge, Robert Wyatt, Dave Sinclaie, Pye Hastings e Richard Coughlan tutti allievi della Simon Laughton School ovviamente di Canterbury, città dell’Inghilterra sud orientale nella contea del Kent, decidono di formare un gruppo musicale chiamandolo Wilde Flowers, riunendosi nella casa di Wyatt per ascoltare e suonare musica jazz.
Nel 1962 al gruppo si uniscono i fratelli Brian e Hugh Hopper e Richard Sinclair, fratello di Dave. Intanto da Melbourne (Australia) arriva Daevid Allen, poeta,autore teatrale, studente d’arte e pazzo visionario, dove con Robert Wyatt al Canterbury Collage of Art conoscono Kevin Ayers. Nei vari anni dai Wilde Flowers fuoriescono alcuni dei componenti su citati per formare altri gruppi (tra i quali i Caravan). Nel 1965 Mike Ratledge, Kevin Ayers, Robert Wyatt e Daevid Allen si trasferiscono a Londra mettono su un nuovo gruppo dal nome Daevid Allen Quartet. Poco dopo, ispirandosi al titolo di una novella di William Burroughs si danno il nome di SOFT MACHINE. Da quel momento la canzoncina pop più banale è presa per la camicia, strapazzata e gettata nel cestino dei rifiuti.
La band è ingaggiata dall’UFO-CLUB punto di riferimento senza sede fissa di tutti quelli che facevano parte dell’underground londinese, in esso si incontravano per fare e ascoltare musica i trasgressivi e gli psichedelici di allora. Le prime due serate nel locale furono chiamate “UFO Presents Night Tripper (UFO presenta il viaggiatore della notte)” e vi suonarono i Soft Machine e altri quattro ragazzi allora sconosciuti che avevano formato un gruppo dal nome Pink Floyd.
“Girava talmente tanto acido e tanto fumo a quei tempi che credo che nessuno si ricordi niente di niente. Quelli di noi che sono sopravvissuti ai giorni dell’UFO, ricorderanno sempre per l’UFO e per il continuo beep spaziale di Interstellar Overdrive”. (Roger Waters)
Due parole su l’UFO-CLUB.
L’UFO-CLUB si distingueva per la proiezione, durante i concerti, di diapositive mediante un diascopio. Contemporaneamente uno stroboscopio getta fra il pubblico saette di luce che sono combinate con la musica, essendo programmate in modo da sciogliere e spezzettare i movimenti degli spettatori. Lo stroboscopio è una fonte di luce che lampeggia molto velocemente, costringendo lo spettatore a percepire ogni movimento come una serie di sbalzi. Per le proiezioni si adoperano speciali diapositive inserite tra due vetri molto resistenti, all’interno delle quali è immessa dell’aria o del liquido che, riscaldatosi, alternano continuamente l’immagine. Dopo i continui interventi della polizia, nell’ottobre del ’67, chiude i battenti, interrompendo uno dei sogni più colorati dell’anno.
In quel periodo i Soft Machine iniziano a fare le loro prime registrazioni alla Rondhouse, dove viene prodotto il loro primo e unico 45 giri: Feelin’ Reelin’ Squeelin’ / Love Makes Sweet Music, con Jimi Hendrix alla chitarra ritmica, il quale stava registrando nello stesso studio Hey Joe. Visto lo scarso successo commerciale del loro disco, i Soft scendono in Francia, dove sono scritturati per la produzione della musica di una piéce di Ricasso La desir attrappé par la queuve. Durante il ritorno in Inghilterra nel 1968, il visto sul passaporto di Daevid Allen non è rinnovato dalle autorità e quindi il “folletto” australiano si vede costretto a rimanere nel territorio francese dove dopo qualche tempo forma un gruppo che è stato definito il più bel giocattolo della casa discografica Virgin … i GONG … ma questa è un’altra storia. I tre superstiti della Macchina Morbida accompagnano Hendrix in occasione della prima tournée americana, al termine della quale registrano il loro primo album: SOFT MACHINE.
Al rientro in Inghilterra Kevin Ayers abbandona i Soft, il suo posto viene rilevato da un vecchio compagno: Hugh Hopper. Il nuovo trio registra SOFT MACHINE VOLUME TWO. Con questo album l’orizzonte scelto è quello del Jazz Rock, per quanto può valere il termine. Ne è testimonianza discografica il loro terzo disco THIRD, album doppio edito nel 1970 con un lungo brano per facciata e l’intervento di un nuovo sassofonista: Elton Dean. Third rappresenta un grandioso manifesto creativo, ineguagliato per profondità ed originalità e il suo sound originale ha ispirato generazioni di musicisti, avendo un ruolo d’ispirazione per gli sviluppi delle più importanti correnti della musica rock come la stessa scuola di Canterbury, la psichedelia, il rock-jazz, il progressive-rock, il post-rock. THIRD lancia la formazione ai vertici di quello che sarà definito “art rock” procurando la gloria ai SOFT MACHINE. Il disco è perlopiù strumentale, unica canzone è l’ispiratrice di questo post: Moon In June, splendido vagheggiamento di Robert Wyatt.
MOON IN JUNE è un canto libero, musica totale, canzoni tonde, malinconiche, vicine al soul, alla psichedelia patafisica col tono surreale e nello steso tempo umoristico tipico della musica di Wyatt.
Ma non finisce qui, la leggenda continua …