..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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martedì 18 giugno 2013

Lo sciopero

Lo sciopero si giustificava storicamente in un sistema di produzione, come violenza organizzata per strappare alla violenza inversa del capitale una frazione del plusvalore, se non il potere. Ora, questo sciopero è morto:
1) Perchè il capitale è in grado di lasciare marcire tutti gli scioperi - e questo perché non si è più in un sistema di produzione (massimizzazione del plusvalore). Perisca il profitto, purché la riproduzione della forma del rapporto sociale sia salva!
2) Perché questi scioperi in fondo non cambiano niente: il capitale ridistribuisce oggi da se stesso, è per lui una questione di vita o di morte. Nel migliore dei casi, lo sciopero strappa al capitale ciò che questo avrebbe comunque concesso a termine, secondo la propria logica.
Se quindi i rapporti di produzione, e con essi la lotta di classe, affondano nelle sabbie mobili dei rapporti sociali e politici orchestrati, è chiaro che può fare irruzione in questo ciclo solo ciò che sfugge all'organizzazione e alla definizione della classe come: istanza storica rappresentativa, istanza storica produttiva.
Solo quelli che sfuggono al mulinello della produzione e della rappresentazione possono guastarne i meccanismi e fomentare, dal fondo della loro condizione cieca, un capovolgimento della "lotta di classe" che potrebbe essere la sua fine pura e semplice come luogo geometrico del "politico". E' qui che l'intervento degli immigrati acquista il suo senso negli scioperi recenti.
Poiché milioni di lavoratori, a causa del meccanismo della loro discriminazione, si trovano privi di qualsiasi istanza rappresentativa è, la loro irruzione sulla scena occidentale della lotta di classe a portare la crisi a livello cruciale della rappresentanza. Tenuti "fuori classe" da tutta la società, ivi compresi i sindacati (e con la complicità economico-razziale della loro "base" su questo punto: per la "classe" proletaria organizzata, centrata sul proprio rapporto di forza economico-politica con la classe borghese capitalistica, l'immigrato è "oggettivamente" nemico di classe), gli immigrati fungono, a causa di questa esclusione sociale, da analizzatori del rapporto fra lavoratori e sindacati e, più generalmente, del rapporto fra la "classe" e qualsiasi istanza rappresentativa della "classe". Devianti per quanto riguarda il sistema della rappresentanza politica, essi infettano della loro devianza tutto il proletariato, che impara anch'esso a poco a poco a fare a meno del sistema della rappresentanza e di qualsiasi istanza pretenda di parlare in suo nome.