Nel giugno del 1925 Lucetti è ad Avenza,
dove abitano amici anarchici fidati e, con tutta probabilità, comincia a
progettare l’attentato a Mussolini. Il piano subisce una battuta d’arresto
perché, la notte del 26 settembre Lucetti è coinvolto in uno scontro a fuoco
con alcuni fascisti di Avenza e l’indomani, aiutato dal fratello Andrea, fugge
di nuovo in Francia a bordo di una imbarcazione carica di marmo. Rientra in
Italia alla fine del maggio 1926 e vi rimane per più di tre mesi muovendosi
indisturbato o quasi tra Avenza, Roma e probabilmente Viareggio. Durante questi
spostamenti, si ritiene vengano sia reperite le bombe e la pistola usate per
l’attentato, sia informati del progetto Malatesta e Damiani. La mattina del 11
settembre 1926 Lucetti è nei pressi del piazzale di Porta Pia a Roma in attesa
della vettura che conduce Mussolini dalla sua residenza di Villa Torlonia al
Ministero degli Esteri a Palazzo Chigi. È certo che Lucetti conosce i
particolari del tragitto della vettura grazie agli appostamenti che Stefano
Vatteroni suo compaesano e amico d’infanzia aveva compiuto direttamente o con
l’aiuto di altri, nei mesi precedenti. Lucetti attende l’arrivo della macchina
presso il bar Nomentano, di angolo fra la via omonima e via Ancona, nascosto
dietro un chiosco di giornali e quando passa l’auto presidenziale le lancia
contro una bomba SIPE che, causa il ritardo e la troppa vicinanza, impatta la
fiancata posteriore deflagrando a terra dove lascia visibili tracce sul
selciato. Datosi alla fuga Lucetti è bloccato da due carabinieri scesi dalla
vettura di scorta, trascinato all’interno di un portone dove, non prima di aver
lanciato contro di loro un secondo ordigno rimasto inesploso, viene arrestato e
trovato in possesso di una pistola Browning con il colpo in canna e altre sei
nel caricatore. Le pallottole, a un successivo esame, risultano intaccate e
immerse nell’acido muriatico. Lucetti sostiene di essere un anarchico
individualista arrivato direttamente dalla Francia per l’attentato. In commissariato
dichiarò: «Non sono venuto con un mazzo di fiori per Mussolini. Ero
intenzionato di servirmi anche della rivoltella qualora non avessi ottenuto il
mio scopo con la bomba». Il 15 settembre, nei locali della polizia vengono
tratti in arresto Leandro Sorio, factotum dell’albergo romano in cui ha
pernottato Lucetti nei giorni precedenti l’attentato, e Vatteroni, entrambi poi
condannati a 20 e 18 anni di reclusione. Lucetti è condannato a 30 anni di
reclusione ed il 6 agosto del 1927 è trasferito al penitenziario di
Portolongone; il 14 febbraio 1930, al termine dei previsti tre anni di
reclusione speciale, passa a quello di Fossombrone per giungere, il 20 giugno
1932, al suo ultimo carcere sull’isola di S. Stefano nell’arcipelago Pontino.
L’11 settembre 1943 viene liberato dagli alleati che stanno sbarcando a Salerno
e trasferito a Ischia. Napoli però è ancora controllata dai tedeschi che,
nell’ambito di una decisa controffensiva, iniziano un violento cannoneggiamento
sulla vicina isola ed è proprio nel corso di questo attacco che colpito da una
scheggia di granata, Lucetti muore il 17 settembre 1943.