Il processo
parte con la lettura del primo interrogatorio a cui è stato sottoposto Bresci
lo stesso 29 luglio:
“Io ho commesso questo fatto perché ho voluto attentare al Capo
dello Stato che rappresenta il regime che ci governa. Io ho commesso questo
fatto di mia iniziativa, non sono affiliato, come già dissi, ad alcuna setta e
conseguentemente qualunque ricerca si farà al riguardo, nulla si potrà scoprire
[…]. Ammetto che nel tempo di mia dimora a Paterson ho fatto parte per circa
due mesi di un circolo che pubblicava un giornale socialista anarchico
intitolato ‘La Questione Sociale’. Da quel circolo mi ritirai perché mi
sembrava che i suoi componenti non professassero veramente le idee socialiste
anarchiche. […] Ho attentato al Capo dello Stato perché a parer mio egli è
responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui
rappresenta a fa difendere. E come ho detto altre volte concepii tale
disegnamento dopo le sanguinose repressioni avvenute in Sicilia 7 o 8 anni or
sono, in seguito agli stati di assedio emanati per decreto reale in
contraddizione alla legge dello Stato. E dopo avvenute le altre repressioni del
1898, ancora più numerose e più barbare, sempre in seguito agli stati d’assedio,
emanati con decreto reale, il mio proposito assunse in me maggior gagliardia.
Ho agito per convinzione. Non domando clemenza a nessuno. L’ho fatto perché i
miei principii me lo imponevano, perché la società attuale essendo guasta, è
necessario colpirla nei suoi capi.”
Durante il
dibattimento Bresci non risparmia le accuse sulle dirette responsabilità
monarchiche della tragica situazione italiana:
“Presidente: Era
da tempo che avevate formato tale divisamento?
Accusato: L’ho detto
nel mio primo interrogatorio.
Presidente: Ma
qui dovete ripeterlo.
Accusato: Ebbene fu
dopo gli stati d’assedio di Sicilia e di Milano, illegalmente stabiliti con
decreto reale che io pensai di uccidere il re per vendicare le vittime.
Presidente: Ma il
re non era responsabile dei decreti.
Accusato: Ma
li aveva firmati lui. Oltre vendicare gli altri volevo vendicare anche me,
costretto, dopo una vita miserabilissima, ad emigrare. I fatti di Milano, in
cui si adoperò il cannone, mi fecero piangere di rabbia e pensai alla vendetta.
Pensai al re, perché costui, oltre a firmare i decreti, , premiava gli
scellerati che avevano compiuto le stragi.”
“A me la condanna, qual sia, non farà né caldo né freddo. Rimarrò
indifferente dinanzi ad essa, ma mi appello alla prossima rivoluzione.”
Gaetano
Bresci