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venerdì 25 settembre 2015

Bobby Sands

Roibeard Gearóid Ó Seachnasaigh, ovvero Robert Gerard Sands detto Bobby, è stato un attivista e politico nordirlandese, volontario dell’IRA, Irish Republican Army. Come lui stesso disse, si arruolò perchè: “Avevo visto troppe case distrutte, padri e figli arrestati, amici assassinati. Troppi gas, sparatorie e sangue, la maggior parte del quale della nostra stessa gente. A 18 anni e mezzo mi unii all'IRA.”
Nel settembre 1977 fu processato per possesso illegale di armi da fuoco e condannato a 14 anni di carcere.
Sands scontò la pena nel carcere di Long Kesh, dopo che era stata costruita la parte nuova del carcere, costituita da 8 edifici a un piano a forma di H, che divennero tristemente noti come H-Blocks, "Blocchi H".
In prigione Sands divenne uno scrittore di giornalismo e poesia. I suoi articoli, scritti su cartine per sigarette o su pezzi di carta igienica, erano fatti uscire dal carcere con numerosi stratagemmi e furono pubblicati dal giornale repubblicano An Phoblacht-Republican News, voce del movimento, con lo pseudonimo "Marcella” (il nome della sorella).In carcere i prigionieri dell'IRA avevano organizzato una serie di proteste per cercare di riottenere lo status di prigionieri politici che il governo aveva negato per tutti i crimini commessi dopo il 1º marzo 1976, e non essere soggetti alle normali regole carcerarie.
Iniziarono con la blanket protest (protesta delle coperte) nel 1976, nel corso della quale i prigionieri si rifiutarono di indossare la divisa carceraria e si vestirono solamente di una coperta. Nel 1978, poiché venivano picchiati duramente dai secondini quando lasciavano le celle per andare al bagno a svuotare i buglioli i detenuti iniziarono la dirty protest (protesta dello sporco), escalation che vide i prigionieri vivere nello squallore: spalmavano gli escrementi sui muri delle celle, buttavano l'urina sotto le porte e li gettavano fuori dalla finestra della loro cella. Sovente i secondini con addosso “tute spaziali” ed enormi guanti, dal cortile antistante i Blocchi H li rigettavano dentro le celle. All’esterno i muri attorno alle finestre venivano lavati con grosse pompe, i cui getti d’acqua, come racconta Bobby Sands, finivano per allagare le celle. Dopo più di 4 anni di vita in condizioni disumane, i detenuti decisero di risolvere la questione una volta per tutte e il 27 ottobre 1980 iniziarono il primo sciopero della fame.
Il secondo sciopero della fame iniziò quando Sands, rifiutò il cibo il 1º marzo 1981. Sands decise che gli altri prigionieri avrebbero dovuto unirsi allo sciopero ad intervalli regolari, allo scopo di aumentare l'impatto "pubblicitario" e la pressione sul governo britannico ogni volta che un detenuto in sciopero raggiungeva la "fase critica" del digiuno.
Bobby Sands morì il 5 maggio 1981 a seguito dello sciopero della fame condotto ad oltranza.


Era ormai buio e nevicava leggermente quando mi svegliai. Non credo di aver dormito più di un ora quella notte, così lunga e tormentata. Il freddo intenso mordeva il mio corpo nudo. Per almeno mille volte mi ero girato e rigirato su un fianco, stringendomi addosso le coperte. Mi sentivo stanco e intontito, per il sonno che il freddo pungente mi aveva negato. Ero esausto. Tutte le ossa del mio corpo sembravano protestare per il tormento di un’altra note passata per terra, su di un umidi materasso di gommapiuma.
Neanche a dirlo: un’altra notte insonne. Avvilito e di cattivo umore me ne stavo tutto rannicchiato come una palla, per cercare di scaldarmi. Se avessi potuto prendere a calci qualcosa l’avrei fatto, ecco cosa provavo. Mi ero messo in ogni posizione possibile per sentire un po’ di calore, ma il freddo mi penetrava ancora. Le mie tre coperte troppo sottili, non potevano nulla contro il gelo terribile che entrava attraverso le sbarre di cemento della finestra senza vetri, situata sopra la mia testa.
“Dio mio, un altro giorno ancora,” pensai, ed era tutt’altro che un pensiero piacevole. Mi alzai e, nudo com’ero, attraversai nell’oscurità della cella per andare ad orinare in un angolo. Faceva un freddo terribile. Il puzzo della mio urina mi rammentò lo stato in cui mi trovavo e il pavimento si bagnò qua e là.
Cumuli di rifiuti erano sparsi dappertutto. Nella luce fioca figure scure e misteriose sembravano gridarmi addosso dai muri sporchi e sfregiati che mi circondavano. Il fetore degli escrementi e dell’urina era forte e persistente. Sollevai il piccolo recipiente dell’acqua dai rifiuti e mi sforzai di bere un sorso, nel vano tentativo di togliermi il cattivo sapore dalla bocca. Dio mio, faceva proprio freddo.
Man mano che l’albe si avvicinava il cielo si faceva grigio e i corvi si posavano sul filo spinato della recinzione coperto di neve, formando lunghe linee nere. “Un giorno mi sveglierò da quest’incubo,” pensai, mentre di nuovo mi stringevo addosso le coperte. C’era un silenzio sinistro, interrotto solo dal gracidare dei corvi. Sicuramente molti ragazzi erano già svegli e probabilmente se ne stavano raggomitolati nelle loro coperte, cercando di scaldarsi. Mi deprimeva l’idea di un porridge freddo e insipido, due fette di pane e mezzo bicchiere di tè per colazione. Era demoralizzante anche solo a pensarci.
Poi l’alba arrivò. A poco a poco dalle ombre della notte il mio incubo giornaliero cominciò a prendere forma. La sporcizia, i muri sfregiati, gli angoli più nascosti della mia tomba maleodorante mi diedero un nuovo buongiorno. Restai disteso ad ascoltare il mio respiro leggero e il gracchiare dei corvi.
Fuori nel cortile la neve era alta. Lo sapevo fin troppo bene. Avevo passato metà della notte raggomitolato in un angolo, mentre la neve, entrando tra una sbarra e l’altra della finestra, si posava sul mio materasso.
La noia cominciò a prendermi con le prime luci del mattino. Di lì a poco la giornata che avevo davanti mi sarebbe sembrata interminabile e presto la depressione sarebbe divenuta di nuovo la mia compagna. Me ne stavo là, inquieto e congelato per il freddo. Provavo un po’ di pena per me stesso, e il pensiero di un nuovo giorno continuava ad agitarsi nella mia mente.
Bobby Sands