

A chi gli chiede la ragione di un
comportamento simile, Dyonisis risponde dicendo che lui sa bene come ci si
sente a essere «dall’altra parte». Anche lui è stato un migrante, nel 1957
aveva lasciato il Peloponneso per sfuggire alla povertà e a quindici anni, dopo
un viaggio di quaranta giorni, è approdato in Australia. «Quando sono
arrivato non sono riuscito a trovare un lavoro perché non parlavo inglese –
ricorda – e in quei mesi ho capito cosa fosse la fame. Chi non l’ha mai patita
non può capire cosa provano quelle persone. Io sono stato come loro».
E ancora:
«Quando ero un ragazzo, nel Peloponneso si pativa la fame e oggi è lo stesso,
per questo scappavamo. Vivere per strada, non avere da mangiare, non
conoscere la lingua sono cose che non si scordano facilmente». E di sé dice
così: «Io mi limito ad aiutare, nient’altro».
Ricordiamo dunque Dyonisis, insieme a
tutta quella moltitudine anonima di donne e di uomini che, giorno dopo giorno,
si impegna a coltivare la propria umanità a dispetto delle chiacchiere e delle
menzogne elargite dai potenti di turno.