..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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lunedì 1 maggio 2017

1° Maggio: né patrie né padroni

Oggi non siamo in piazza per celebrare una festa istituzionalizzata e santificata ma per ribadire, riallacciando il filo rosso della memoria, il nostro impegno per una società senza dominio e sfruttamento.
In questa dittatura italiana, non più tanto mascherata, non c’è più spazio per le ragioni di chi ha sempre meno potere sulla propria esistenza, per le ragioni dei lavoratori licenziati, per i disoccupati, per i senzatetto, per i sottoccupati, per le centinaia di migliaia di lavoratori precarizzati, per gli immigrati. La progressiva erosione dei diritti dei lavoratori, conquistati a fatica nel corso di decenni di lotte, si riflettono nella galoppante distruzione di tutti i servizi pubblici, della sanità, della scuola, dei trasporti. Una angosciante incertezza del futuro accomuna chi lavora e chi dovrebbe entrare nel mondo del lavoro. E al fondo della piramide sociale vengono relegati gli immigrati, i nuovi schiavi della nuova economia, attaccati ferocemente da un governo autoritario e razzista che legifera istituendo norme da vero e proprio apartheid.
L’attacco spietato alle condizioni di vita e di lavoro del mondo salariato e sottosfruttato, con la scusa della crisi (scatenata dai potentati economici industriali e finanziari) sta costringendo milioni di lavoratori sulle difensive, di pari passo con una legislazione che procede come un rullo compressore a cancellare le più importanti conquiste strappate col sangue negli anni ’60 e ’70. Precarizzazione diffusa e lavoro nero legalizzato, leggi sulla sicurezza aggirate, articolo 18 della legge 300 (statuto dei lavoratori) annullato, danno la misura del forte attacco padronale.
Licenziamenti, delocalizzazioni, cassa integrazione, procedure di mobilità sono strumenti a cui si attinge a piene mani creando sacche di disagio sociale che, alimentando il precariato e la disoccupazione, impoveriscono il popolo per poi ricattarlo: questa è la strategia che stato e padroni portano avanti da anni.
Contestualmente alle varie forme di repressione economica, avanza sempre di più in Italia un clima politico contraddistinto da misure da stato di polizia e da persecuzioni razziali che sfumano la differenza tra fascismo movimento e fascistizzazione dello stato. Un crescente autoritarismo che si manifesta quotidianamente nel progressivo restringimento degli spazi politici del dissenso e dell’opposizione extraistituzionale, delle libertà civili e individuali, a partire dalla stessa libertà di espressione e di informazione. Dopo l’approvazione del pacchetto sicurezza, la gestione dell’ordine pubblico, affidata anche a sindaci e prefetti, è stata inasprita verso una generale criminalizzazione del dissenso e dell’opposizione sociale. In tutto il territorio italiano sono stati sgomberati o sono sotto sgombero la stragrande maggioranza degli spazi sociali liberati, così come aumentano progressivamente gli arresti e le denunce nei confronti di tutti coloro che si battono contro la macelleria sociale generata da stato e capitale. Repressione nei confronti dei militanti politici, azioni persecutorie discriminatorie nei confronti degli immigrati, dei poveri, delle minoranze – sui quali il governo scarica strumentalmente la responsabilità della grave crisi economica che attanaglia il paese, ma che in realtà è il prodotto dell’intrinseca natura predatoria e assassina del capitalismo. È politica di tutti i giorni l’esercizio sempre più sfacciato e diffuso della violenza di stato, della brutalità poliziesca, nelle piazze, nelle carceri, nei reparti psichiatrici e nei centri di identificazione degli immigrati; violenza che sfocia in veri omicidi di stato. La guerra tra poveri alimentata dal potere va contrastata con la promozione delle lotte di tutti i lavoratori, italiani e stranieri senza distinzioni, valorizzando l’autorganizzazione e l’autogestione delle lotte, la conflittualità permanente, l’azione diretta popolare, come metodo irrinunciabile per ottenere cambiamenti reali e duraturi.
Ribadendo che la lotta contro ogni sfruttamento e contro ogni oppressione debbano dispiegarsi dal basso, nell’azione autorganizzata ed autogestita contro lo stato ed il capitalismo e nell’esercizio della solidarietà internazionale, noi rinnoviamo l’impegno incessante e senza compromessi nella difesa della libertà e dell’uguaglianza, per la costruzione di una società libera e solidale, nella consapevolezza che non ci sono e non ci possono essere spazi di mediazione tra coerenza e consenso, tra radicalità e rappresentanza, tra libertà e potere.
Si sottolinea, ancora una volta, l’illusorietà dello spazio pre-politico della mediazione del conflitto sociale, col quale legare le tensioni sociali agli equilibri mutevoli e ballerini dei giochi infraistituzionali, smorzando la radicalità di quella che un tempo si chiamava la Questione Sociale.
Il 1° maggio è giorno di lotta internazionale contro i padroni e lo stato.