..............................................................................................................L' azione diretta è figlia della ragione e della ribellione

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giovedì 10 maggio 2018

Maggio 1968 – due parole

È stato un luogo comune dell’intelligenza di sinistra come di destra quello che nulla potesse far presagire un movimento come quello del maggio ’68. Ma sappiamo che è il contrario. Non solo il movimento si preparava nelle profondità della società col diffondersi in strati e condizioni diverse della estraneità e del rifiuto, vissuti sempre più radicalmente anche se confusamente, il che dava luogo a eruzioni episodiche (violenze senza scopo delle bande di giovani emarginati, scioperi selvaggi e manifestazioni violente di operai, lenta dissoluzione degli organismi rappresentativi ed endemizzarsi del disordine fra una parte degli studenti); ma una minoranza lo sentiva venire, ne esprimeva consapevolmente e con la massima chiarezza le tendenze di fondo e si adoperava a precipitarlo.
Non sarebbero sufficienti tutte le chiacchiere sulle rivendicazioni parziali per cancellare un solo momento di libertà vissuta. In pochi giorni la certezza delle possibilità di cambiamento globale aveva toccato un punto senza ritorno. Toccata nei suoi fondamenti economici, l’organizzazione gerarchica smetteva di sembrare una fatalità. Il rifiuto dei capi e dei servizi d’ordine, come la lotta contro lo Stato e i suoi poliziotti, era innanzi tutto diventato una realtà suoi luoghi di lavoro, dove padroni e dirigenti di ogni grado erano stati scacciati. Neanche la presenza di apprendisti-dirigenti, uomini dei sindacati e dei partiti, poteva cancellare dalla mente dei rivoluzionari che ciò che si era fatto di più appassionante si era operato senza dirigenti, e dunque contro di loro. Il termine stalinista fu così riconosciuto da tutti come l’insulto peggiore della bestialità politica. L’interruzione del lavoro, in quanto fase essenziale di un movimento che non ignorava affatto il proprio carattere insurrezionale, rimetteva in testa a ciascuno l’evidenza primordiale che il lavoro alienato produce alienazione. Il diritto alla pigrizia si affermava, non solo nelle scritte popolari come non lavorate mai o vivere senza tempi morti, godere senza ostacoli, ma soprattutto nello scatenamento dell’attività ludica.