
Il 15 giugno,
giorno della decisione del comando tedesco del trasferimento coatto
dell'officina 17, vede scatenarsi pronta la reazione operaia, con l'indizione
di uno sciopero per il 17 giugno indetto dal comitato di agitazione del Cln.
La manovra in
realtà non tende tanto, come dichiarato, a evitare i danni delle incursioni
aeree, quanto all'eliminazione delle agitazioni operaie, che sarebbero
diventante difficili da gestire, trasferendo l'intero processo produttivo fuori
dall'ambiente sociale dei lavoratori, troncando ogni organizzazione operaia ed
influenza esterna.
L'agitazione
parte dallo stabilimento Fiat Mirafiori, ma ben presto si allarga prima alle
altre fabbriche del gruppo (Lingotto, Ferriere, Fonderie ghisa, Acciaierie,
Fiat materiale Ferroviario, Grandi Motori), e nei giorni successivi a molte
altre aziende, dalla Lancia all'Arsenale Militare, dalla Zenith alla
Manifattura Tabacchi.
Le decine di
migliaia di operai che scendono in piazza tra il 17 e il 27 giugno non si battono
solo per scongiurare la deportazione, ma rivendicano anche un aumento di viveri
e salari.
Grazie a questa
prova di resistenza gli operai otterranno alcuni miglioramenti economici e
impediranno l'invio di macchinari e lavoratori all'estero: lo sciopero del
giugno di fatto fornisce ai torinesi l'ennesima prova della grande capacità
mobilitativa, e blocca un'iniziativa tedesca che, se non fermata, avrebbe
potuto riprodursi su larga scala.